Barbara Kruger, come l’arte scavalca gli stereotipi di genere
Da 30 anni cerca di scavalcare gli stereotipi di genere e i pregiudizi che ci propina la società di oggi. Niente sommosse violente. Lo fa tramite la sua arte: immagini in bianco e nero che sorreggono una manciata di parole evidenziate in rosso. Esatto, semplici parole appese al muro. Peccato che le sue, quelle di Barbara Kruger, stordiscono chiunque se le veda apparire davanti. Innescano nello spettatore un meccanismo tale per cui è impossibile passarci di fronte e far finta di nulla, senza prima riflettere sui temi portati a galla da una delle personalità artistiche oggi più influenti e imitate al mondo. Eccovi un esempio: “We don’t need another hero” (al di fuori di noi stesse), scrive la Kruger a tutte le donne in una sua opera. Si tratta chiaramente di una mano protesa verso l’universo femminile, di mettere in discussione certi modelli di comportamento che ancora gravitano intorno alla società. In poche parole è come se le pareti del museo urlassero: “Ehi tu, nel caso ti fosse passato di mente, sappi che noi donne possiamo essere indipendenti tanto quanto gli uomini, possiamo decidere liberamente della nostra vita e del nostro corpo. E che non dobbiamo essere vittime del potere maschile”.
“Super rich, ultra gorgeus, extra skinny, forever young” é un altro slogan che l’artista ha adagiato sopra il viso di una donna cosparsa di cubetti di ghiaccio. Un evidente attacco all’ideale femminile sempre giovane, bella e in forma imposto dalla società. Simili sono anche “I shop therefore I am” (“io compro perciò io sono”), “Your body is a battleground” (“Il tuo corpo è un campo di battaglia”) e “Your every wish is our command” (“Ogni tuo desiderio è il nostro comando”). Oltre a combattere il maschilismo, il suo dito è scagliato anche contro consumismo, razzismo, dinamiche di auto-rappresentazione e obblighi sociali imposti dalla morale comune. L’arte, allora, secondo la Kruger, fa eco a chi è stato zittito dalla collettività. E sulla violenza che dilaga nella società contemporanea chiosa “All violence is an illustration of a pathetic stereotype”, cioè anche “la violenza è sempre e comunque frutto di stereotipi”. Superabili solo attraverso la libera espressione individuale.
I suoi lavori sono comparsi nei musei e gallerie in tutto il mondo, su cartelloni pubblicitari e poster lungo le strade, parchi pubblici e ferrovie. Pensare che agli esordi della sua carriera si occupava di graphic design per le riviste di Condè Nast. E l’arte era decisamente lontana dai suoi pensieri.