Nell’anno di Euroluce non poteva che essere Robert Wilson, l’artista famoso in tutto il mondo per l’uso della luce, il protagonista del primo evento culturale del Salone del Mobile 2025. Il celebre regista ormai ottantenne aprirà la 63ª edizione il 6 aprile, all’interno del Castello Sforzesco, con “Mother”, un’istallazione dedicata alla Pietà Rondanini di Michelangelo.
Considerato uno degli artisti più visionari del teatro contemporaneo, Bob Wilson è celebre per la sua capacità di rinnovarsi costantemente, spaziando dalle arti sceniche a quelle visive. Nel corso della sua carriera è passato dall’essere un’icona della controcultura a sorprendenti ed interessanti sinergie con Marina Abramović e Lady Gaga.
La sua debordante creatività ha trovato espressione anche al di fuori del palcoscenico con disegni, sculture, mobili e ambienti di design. Molto note sono le sue sedie, spesso utilizzate nelle produzioni teatrali che, come ogni cosa da lui progettata, travalicano i confini disciplinari lasciando spazio all’interpretazione personale: diventano all’occorrenza pezzi di design, sculture, icone, oggetti di scena e persino narrazioni.

La molteplicità dei percorsi espressivi fa parte della straripante gesamtkunstwerk di Bob Wilson, ovvero della sua concezione dell’arte come opera unica e totale. Ebbene, questo gigante del contemporaneo aprirà la design week milanese insieme ad un altro gigante che non ha bisogno di presentazioni: Michelangelo e il suo ultimo capolavoro, la Pietà Rondanini, considerata uno dei simboli iconici di Milano insieme all’Ultima Cena di Leonardo.
L’installazione “Mother” sarà allestita nel museo della Pietà situato all’interno del Castello Sforzesco, nella sala espositiva progettata nel 2015 da Michele De Lucchi appositamente per questo capolavoro “non finito”. Il noto architetto-designer, che continua ad essere uno dei protagonisti della scena del design italiano, ha già introdotto una radicale reinterpretazione della fruizione dell’opera collocando la scultura al centro della sala. La Pietà, infatti, accoglie i visitatori in uno spazio “vuoto” mostrando il suo profilo più intenso ed emotivo: il volto della Madonna che si china sul corpo di Cristo. La scelta espositiva di De Lucchi amplifica l’impatto drammatico dell’opera, trasformando l’intera sala in uno spazio di meditazione e di raccoglimento, dove il visitatore è invitato a un coinvolgimento emotivo profondo.
Con queste premesse l’intervento di Wilson promette di essere davvero di grande impatto. La sua “Mother” prenderà forma attraverso una sequenza continua di musica, luci e immagini che si ripeterà, in continuum, ogni 30 minuti. Il dialogo drammaturgico con l’opera di Michelangelo sarà accompagnato da esecuzioni dal vivo (sino al 13 aprile) della preghiera medievale “Stabat Mater” nella versione vocale e strumentale del compositore estone Arvo Pärt.

Nel rispetto dell’allestimento di De Lucchi, il progetto di Bob Wilson cercherà di stabilire un contatto con l’opera, sottolineandone il valore universale. Luce, suono, immagini e movimento si fonderanno in un unicum che porterà ad una percezione ancor più toccante della mirabile scultura. Inutile dire che le aspettative sono alte. Ma perché la Pietà Rondanini è considerata un capolavoro senza tempo?
Con quest’opera «non finita» il Buonarroti concluse la sua gloriosa carriera, infatti, benché l’avesse probabilmente già iniziata diversi anni prima, vi stava ancora lavorando negli ultimi giorni della sua lunga vita. Con lo stato di incompiutezza il Buonarroti volle esprimere la fragilità umana e con essa la sua ricerca di tutta una vita: il tormentato rapporto tra materia e forma, tra corpo e anima.
Michelangelo fonde insieme le due figure della madre e del proprio figlio in un abbraccio senza fine. È come se, giunto alla conclusione della sua vita, egli cerchi di andare definitivamente oltre la consistenza fisica della materia.
Maria tenta di reggere il Cristo che le sta lentamente scivolando tra le braccia. Michelangelo li ferma lì per sempre, in quell’istante, in quel tenero abbraccio che rischia di cessare. Affinché neanche la morte renda questa separazione ineluttabile.