Oggi su Pokémon GO i Pokémon sono vestiti a festa: l’oocasione è il ventottesimo anniversario dalla loro creazione: motivo per cui non potevo esimermi dal parlarne, in qualità di allenatore di Pokémon-Go dal 2016, oltre che collezionista di carte del GCC (carte collezionabili Pokemon, che possono valere da 5 a 10 euro fino ad arrivare anche a 10mila e passa euro l’una).
Quello di Pokémon GO è un vero e proprio fenomeno di massa, che ha creato per primo un culto e un immaginario di cards che considero come nuove forme di stampe ukiyo-e (le stampe dell’estetica fluttuante giapponese note da Hokusai in poi, ndr), tascabili e accessibili a tutti, alcune disegnate dai più grandi graphic designer e videogame creators giapponesi e non solo. Il dialogo tra cards e gaming digitale è sempre stato fruttifero e accattivante.
Per la giornata celebrata a livello mondiale dell’anniversario, tutte le piattaforme Pokémon e del franchising collegato (un fatturato miliardario con oggettistica, abbigliamento, cards, game e tutto ciò che è licencing) si sono scatenati, con un annuncio sul tubo sul futuro, sulla realtà aumentata nel game e il lancio di un nuovo gioco su Nintendo Switch, che eredita degnamente il testimone dai primi game di quel gran mito del game boy della Sony, primo videogioco tascabile.
Pokémon letteralmente significa “pocket Monster” tascabili nell’iconica sfera Pokè, dato che che i giapponesi usano fare naming contraendo i nomi e le parole. I mostriciattoli, circa 1.000 specie diverse, sono frutto dell’iconografia che li caratterizza, immaginario che attinge da gli spiriti della Natura, nella più originale tradizione scintoista, ai quattro elementi (acqua aria terra fuoco), ma anche con alte caratteristiche come “tipo spettro” o acciaio e altre specie che provengono da diverse regioni di un mondo immaginifico e da esplorare.
Come dicevo, sono allenatore di Pokémon GO, ho iniziato nel 2016 e continuo ancora oggi: partecipo al gioco a livello globale, ai community day dedicati. Senz’altro il game da mobile più celebrato e conosciuto, Pokemon Go è un gioco rizomatico della Niantic, che ci porta in giro per il mondo, su mappe reali in luoghi reali, dato che nasce da “Ingress”, il primo gioco della stessa etichetta, sul quale bisognava “conquistare”, a squadre blu o rosse, i murales esistenti sul territorio. Bisogna percorrere itinerari, nella vita reale ma dotati di una google map ridisegnata e futuristica, sorta di mondo virtuale parallelo, per macinare chilometri e far “schiudere” le uova dei Pokemon.
Per crescere di livello divisi in squadre Blu, Gialla o Rossa, bisogna trovare strumenti e naturalmente nuovi Pokémon da catturare e far evolvere, conquistare palestre e pokéstop, ovvero landmark basati su murales presenti nelle città italiane, molti dei quali di artisti che conosco bene, come Felipe Cardeña, Bros, Sonda, Pao, TvBoy etc… all’interno del gioco ci sono proprio tutti i murales di tutta italia, ma il giocatore interagisce anche con monumenti e luoghi di interesse storico-artistici, basta girare il pokéstop e si capisce che cos’è quel palazzo o quel monumento scoprendo storia e architetura di tutte le città.
Si può giocare anche in squadre, composte da persone vere, ognuno con il proprio avatar stiloso al quale cambiare look (qui sopra il mio con il mio compagno pokemon attuale), e ci si connette con appuntamenti tramite telegram: noi ad esempio, a Milano, abbiamo fondato nel 2017 Pokemon go raid Nolo, dove tutti quelli del quartiere (Nolo è il nuovo nome di North of Loreto, zona in fase di forte riqualificazione nella zona est di Milano, ndr) si trovavano e si trovano tutt’ora a giocare, ma esiste anche un gruppo Pokemon GO raid in ogni quartiere e in ogni città, oltre a una lega italiana di competizione con veri e propri campioni.
I raid servono a conquistare le palestre (dei poketstop speciali), che sono punti virtuali sulla mappa ma legati a murales o luoghi storici o di pubblico interesse, dove appaiono i mostri più potenti da sconfiggere per combattere i quali bisogna aggregarsi, prima solo in presenza, adesso anche con dei “biglietti raid” da remoto, cosa che consente di giocare con persone provenienti da tutta italia e anche da tutto il mondo. Si può sia “shoppare” che accumulare Pok-monete con le diverse missioni.
Nel gioco ci si scambia pacchetti e “cartoline” con dentro oggetti utili per le lotte tra Pokémon, con altri allenatori connessi in tutta Italia ma anche dagli Stati Uniti, Germania, fino all’Australia e tutti i paesi asiatici.
Non solo mostriciattoli qualunque, quindi, ma uno dei più interessanti e duraturi fenomeni delle culture ultrapop, capaci di resistere quasi trent’anni, proprio per la bellezza e l’originalità dei disegni, dei personaggi, le dinamiche di gioco sempre intriganti. Per esplorare le città, io gioco ogni giorno per mantenere alto il mio livello di allenatore e compiere alcune missioni di gioco con i miei Pokémon, che vengono catturati e poi allevati, sempre legati e affascinati dai valori estetici e culturali del Sol Levante. Oggi Pikachu è nell’olimpo dei characters più noti al mondo, piccolo Pokémon kawaii di tipo elettrico ispirato alla forza del PIKA, “lampo accecante” dello scoppio della bomba atomica di Hiroshima.
Un gusto diffuso a livello globale, interculturale, che oggi si è ampiamente diffuso tra generazioni molto diverse – dalla Generazione Zeta ai Millennials fino alla mia di “ragazzo ormai cresciuto”. Quello dei Pokémon è un fenomeno che deve molto al grande successo riscosso a livello globale da manga e anime, ma che, in realtà, ha radici lontane, se si pensa che già a partire dal periodo Edo, nel 1.600, con gli YOKAI, e anche nell’ultima fase del tardo periodo, dal 1.700 e inizio 1.800 con Utagawa Kuniyoshi (che considero uno dei precursori dei Pokémon), l’arte visiva già si divertiva a immaginare e creare animali antropomorfi. Da lì ai mostriciattoli di oggi, il passo è breve.