Da “Pièce Unique” alla “window gallery”: la vetrina è il trend espositivo del 2025

Quella tra arte e moda è la storia di un lungo corteggiamento che ha dato vita a
contaminazioni creative e originali. Le vetrine sono figlie di questo processo, e con il tempo hanno assunto una dimensione sempre più estetica e concettuale, divenendo dei veri e propri media comunicativi, ma anche luoghi della narrazione visiva. Questo percorso evolutivo ha visto il coinvolgimento di artisti, designer e scenografi, che hanno contribuito a trasformare le vetrine in vere e proprie opere d’arte contemporanea.

Le più iconiche sono quelle che combinano elementi di design, architettura e storytelling.
Già nel 1939 Salvador Dalì progettò una vetrina “surrealista”. L’idea non tardò ad arrivare
anche negli Stati Uniti e fu fatta propria dal re della pop art, Andy Warhol, e da altri suoi celebri colleghi come Robert Rauschenberg e Jasper Jones. Tutti loro lavorarono con Gene Moore, il “padre” delle vetrine del ventesimo secolo, che espresse in maniera chiara quello che fu il suo intento: “Quando qualcuno guarda una vetrina di Tiffany, voglio che non si stanchi mai di guardare”.

Nel corso del tempo gli Stati Uniti e il fenomeno dei grandi magazzini, soprattutto nel periodo delle festività, hanno estremizzato la tendenza ingaggiando una vera e propria sfida tra
vetrine e marchi di moda. Allo stesso modo hanno poi proseguito in Europa le Galeries Lafayette di Parigi e la Rinascente di Milano.

Uno degli aspetti più affascinanti della vetrina urbana è la sua natura temporanea. A
differenza di una mostra museale, essa ha una durata molto più limitata e cambia
frequentemente
, adattandosi ai cicli delle collezioni e agli eventi stagionali.

Ormai, non più roba da visual merchandiser, la vetrina non è più solo spazio commerciale, negli anni si è sganciata da questa funzione, per divenire un vero e proprio luogo espositivo, una sorta di galleria d’arte in miniatura. A tal proposito, visionario fu il gallerista napoletano Lucio Amelio che nel 1989 a Parigi ha presentato nella sua galleria con affaccio su rue Callot una sola opera, una “Pièce Unique” per l’appunto, visibile da fuori a qualunque ora del giorno. A distanza di anni, quel progetto è stato riproposto da Massimo De Carlo al civico 57 di rue de Turenne, in un edificio ristrutturato dall’architetto giapponese Kengo Kuma.

Garage Bentivoglio

Ma l’iconico modello del “pezzo unico” è stato raccolto e rimpatriato in Italia grazie all’intraprendenza di Palazzo Bentivoglio a Bologna, che ha trasformato un’ex officina in spazio espositivo, appunto Garage Bentivoglio, con la propria vetrina in piena vista su via del Borgo di San Pietro. Anche qui, l’arte non si limita agli spazi interni ma si apre al passaggio e al paesaggio cittadino. Un modello di fruizione che ricorda le esperienze di Edicola Notte a Roma, dimostrando come il confine tra galleria e spazio pubblico sia sempre più sottile.

Si resta a Roma, dove in occasione del Giubileo degli Artisti e del Mondo della Cultura, il 15 febbraio è stato inaugurato lo spazio Conciliazione 5, una “window gallery” nata dall’idea del cardinale José Tolentino de Mendonça. Cristiana Perrella è stata scelta come curatrice di questa vera e propria vetrina su strada, accessibile 24 ore su 24 e a pochi passi da San Pietro. Fino al 15 maggio la galleria presenterà i ritratti ad acquerello dell’artista cinese Yan Pei-Ming, dedicati alla comunità carceraria di Regina Coeli.

Spostandoci a Milano, precisamente allo spazio Building Box, il lavoro di Chiara Dynys riflette sul concetto di soglia e di passaggio, due elementi che si ritrovano nella natura stessa delle vetrine. “Private Atlas” è una mostra personale e antologica della durata di un anno con una proposta di dodici diversi allestimenti site-specific. Il progetto si articola in tre macro-capitoli: La disseminazione della memoria, Attraversamenti e Viaggio in Italia. Le sue opere, con giochi di trasparenze e riflessi, evocano la duplicità della percezione e la possibilità di guardare oltre la superficie. Un’idea che si sposa perfettamente con la funzione delle vetrine, capaci di creare un dialogo tra lo spazio pubblico della strada e quello privato della boutique o della galleria

Ma la vetrina è anche seduzione e tentazione, dal cibo alla moda. Quest’anno Baratti & Milano ha festeggiato i 150 anni dall’apertura del suo caffè storico di Torino con il lancio dell’iniziativa Vetrinista sarà lei di Helga Faletti, a cura di Luca Beatrice, che ha seguito il progetto artistico fino alla sua improvvisa e recente scomparsa. La prima installazione in vetrina, dal 29 gennaio scorso, è stata Barattola di Marco Lodola. Realizzata in alluminio, led e pellicole viniliche, è una reinterpretazione artistica della Caramella Classica Baratti & Milano, così chiamata perché tra le prime caramelle preziose di questo laboratorio di confettieri e liquoristi. Le opere successive sono state firmate da Elena Salmistraro con un omaggio alle uova di Pasqua e alle tavolette di cioccolato, in esposizione dal 20 marzo. L’8 maggio sarà, invece, la volta di Massimo Giacon, con il suo lavoro ispirato al cremino. 

Il mondo della moda ha da sempre colto questa tendenza, contaminando le proprie vetrine con installazioni contemporanee e luoghi di riflessione su bellezza, gusto e identità. L’ultimo caso emblematico è quello della boutique Nugnes di Trani che ha coinvolto per l’allestimento primavera estate 2025 l’artista Flaminia Veronesi, con un progetto che abbraccia l’intero perimetro di Palazzo Pugliese. Le diciotto vetrine, tra richiami e iconografie del mondo marino, omaggiano il Mediterraneo, non solo come radice identitaria ma come un laboratorio di nuove visioni.

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