Di quando Renoir fu scambiato per una spia

In questa rubrica vi raccontiamo storie, aneddoti, gossip e segreti, veri, verosimili o fittizi riguardanti l’arte e gli artisti d’ogni tempo. S’intende che ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti sia puramente casuale…

Abbiamo visto nella puntata precedente di come Renoir, sotto il Secondo impero, salvò la vita a un fuggiasco, un giornalista repubblicano braccato dalle guardie di Napoleone III, travestendolo da pittore. Ora vedremo invece di come questa vicenda gli servì più tardi per scapolare lui stesso dalla fucilazione.

Passati gli anni, venuta la guerra, la sconfitta e la fuga di Napoleone III, Renoir era tornato infatti a Parigi che v’era ancora al potere la Comune, il breve esperimento socialista poi represso violentemente nel sangue. E lui cosa faceva? Come sempre, dipingeva. En plein air.

Pierre Auguiste Renoir Chiatta sulla Senna

Un bel giorno, eccolo sistemare il suo cavalletto sulle rive della Senna, e cominciare a dipingere. Ma in tempi di rivoluzioni, anche dilettarsi con la pittura può parer cosa sospetta. Così, quel giorno, ecco un gruppo di “guardie nazionali” – la ricostituita milizia rivoluzionaria che costituiva la forza armata dei comunardi – cominciare ad avvicinarsi al pittore intento a dipingere.

La giornata era splendida. Un bel sole d’inverno, giallo oro, scopriva nelle acque del fiume colori sino allora segreti. Il rumore delle granate versigliesi che cadevano sul forte della Muette turbava appena il mormorio dell’acqua che s’infrangeva contro le sponde”, scrive il figlio del pittore, il regista Jean Renoir, nella biografia Renoir mio padre. A un tratto, una delle guardie fu assalita da un sospetto: e se quel pretesto pittore non fosse un vero pittore, ma una spia versigliese? Il suo quadro, rappresentava forse una pianta del lungosenna destinata a uno sbarco delle forze nemiche… il sospetto, si sa, come la calunnia, non è che un venticello, e quel giorno si sparse come un fulmine tra la folla assiepata lungo i bordi della Senna rischiarati dal sole.

In tempi di turbolenze, e persino in tempi più pacifici, la folla è una brutta bestiaccia: presa da passione improvvisa, può divenire un mostro assassino, che non guarda in faccia né alla ragione né al buon senso. Eccola allora cominciare a scaldarsi, a rumoreggiare e a circondare il nostro povero pittore. “Alcuni passanti venuti chissà da dove circondarono Renoir. Uno di essi insisteva perché lo si gettasse nel fiume. Anche una vecchia signora era favorevolissima all’annegamento: “Si annegano anche i gattini che ne hanno fatte assai meno di lui!”, gridava”.

“Quel bagno freddo non mi attirava”, dirà in seguito il pittore. “Ma avevo un bel protestare. La folla è senza cervello!”. Strattonato, accusato, minacciato, Renoir cominciò a vedersela brutta. La guardia nazionale propose infine di condurre “la spia” al municipio del Sesto arrondissement, dove c’era un plotone d’esecuzione in servizio permanente: lo avrebbero fucilato.

Arrivati che furono al municipio, Renoir stava già per essere condotto al luogo della fucilazione, quando di chi si avvide? Di un tale che, il ventre cinto da una fascia tricolore, l’aria fiera e superba, si faceva largo tra la folla seguito da uno stato maggiore in uniformi sfarzose.  

Raoul Rigault delegato alla commissione della sicurezza generale procuratore della Comune

Era proprio lui, il giornalista Raoul Rigault, che lui stesso, anni prima, aveva fatto travestire da pittore per farlo sfuggire alle guardie di Napoleone III (vedi capitolo precedente, ndr), nel frattempo divenuto nientemeno che capo della prefettura di polizia della Comune. Renoir si sbracciò, riuscendo così ad attirare la sua attenzione. “Raoul Rigault”, racconta Renoir jr, “si precipitò verso di lui e lo strinse tra le braccia. L’atteggiamento della folla mutò di colpo. “Si suoni la Marsigliese per le citoyen Renoir!”, ordinò costui. E il pittore fu salvo.

Ma la storia non è ancora giunta al suo epilogo, e vedremo più avanti, nella prossima puntata, come andrà a finire.

Le puntate precedenti degli aneddoti sulle vite degli artisti le potete trovare qua:

Picasso e quella strana passione per il bagno

Manet, Monet e quel giudizio velenoso su Renoir

Annibale Carracci, i tre ladroni e l’invenzione dell’identikit

Quando Delacroix inventò l’arte concettuale

Il senso di Schifano per la logica e per gli affari

Gentile Bellini, lo schiavo sgozzato e il mestiere della critica

Bacon e il giovane cameriere bello come il Perseo del Cellini

Filippo Lippi, quando l’arte lo salvò dai turchi

Turner: il mio segreto è disegnare solo ciò che vedo

Renoir e il fuggitivo di Napoleone III travestito da pittore

Il prossimo aneddoto sulla vita degli artisti lo trovate qua:

Renoir e la politica del turacciolo

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