“Ecologie minerali”: la storia della terra osservata da una prospettiva non-umana

Il MUSE di Trento invita i suoi visitatori a prendere parte ad una discussione partecipata ospitandoli all’interno dell’Agorà, la “piazza” del museo, spazio creato allo scopo di avvicinare il pubblico a nuove pratiche ecologiche che mettono in relazione arte e scienza. Dal 5 luglio al 25 agosto 2024, verrà esibito il progetto “Ecologie minerali” scaturito dallo scambio tra artisti e collezioni geologiche del museo. Proseguimento naturale di “Postnatural gardening”, esposizione dedicata ai mondi vegetali, questo nuovo allestimento esplora un’altra sezione delle raccolte museali interrogando e criticando i nostri sguardi verso minerali, rocce e fossili, elementi fondamentali per la composizione dei paesaggi abitati e sfruttati dall’uomo: montagne, deserti e oceani. 

Attraverso l’installazione site-specific dell’artista Chiara Camoni e la produzione video di Yto Barrada, Liv Bugge e Anna Vaz entriamo a contatto con l’invisibile varcando la soglia della superficie per addentrarci nel sottosuolo, “in ciò che è stato e ciò che sarà” (Marcia Bjornerud, geologa). 

Senza Titolo Mosaico 2024 Chiara Camoni ph Agostino Osio

Ecologie minerali” intende riformare le pratiche narrative ed espositive, l’agire stesso dei musei scientifici, partendo dal patrimonio del MUSE – Museo delle Scienze di Trento. Le collezioni geologiche del museo, composte da oltre 20.000 campioni (raccolti dal 1770 ad oggi), diventano un luogo di indagine e scelta per l’arte contemporanea, che trae giovamento dalle profonde connessioni instaurate con le sostanze organiche e inorganiche. Campioni fossili e rocce sono affascinanti e silenti testimoni che possono proiettarci in una dimensione temporale profonda che trascende l’umano. Nell’argilla e nei carotaggi esposti possiamo trovare le tracce dell’esistenza, nelle quali scorgiamo ciò che lega essere umani e minerali, dall’origine delle prime forme di vita ai processi estrattivi nelle miniere.

Chiara Camoni

Al centro dell’allestimento è collocata “Convivium”, l’installazione appositamente realizzata dall’artista Chiara Camoni e dal Centro di Sperimentazione, che riproducendo un ambiente accogliente e geometrico basato sull’ottagono, un tavolo intorno a cui muoversi, offre una manifestazione fisica della relazione tra regno minerale, vegetale e animale tramite la raccolta di forme, colori, flora e manufatti in ceramica. L’opera sotto forma di wunderkammer accoglie stampe vegetali su seta, ceramiche e rocce, prelevate dalle collezioni museali e scelte in collaborazione con i ricercatori, attorno alle quali costruire un dialogo che attraversa le quattro aree del percorso espositivo (arricchite da moduli contenenti reperti e pannelli informativi): “Stratificazioni minerali. L’origine biotica delle rocce”, “Incorporare il tempo profondo. Storie di fossili tropicali”, “Relazioni ancestrali. Le argille all’origine della vita” e “Legami estrattivi. Materie prime, deserti e nuove miniere”. 

ph Michele Purin

Lavoro di cui comprendiamo l’essenza tramite le parole dell’artista: “Convivium nasce attraverso un processo collettivo le stampe vegetali sono state realizzate durante un laboratorio che si è svolto nell’ambito della mostra “Allegoria della felicità pubblica” presso il MART. Amo il lavoro di bottega e le forme di arte popolare, in cui non è più rintracciabile l’autore: sembra che si siano create da sole per necessità. Io stessa penso che vorrei scolpire la pietra così come i passi consumano una soglia o modellare l’argilla per accumulo e sedimentazione. L’opera Convivium invita appunto a convivio i vari regni, diventando essa stessa una sorta di mutevole entità”. 

Nella pietra risiedono le radici delle culture umane: essa ha ispirato religioni, riti, leggende e mitologie in tutto il mondo, ergendosi a simbolo o personificazione stessa delle sostanze minerali. 

L’arte diventa quindi un forza catalizzatrice capace di rafforzare l’empatia e favorire il sentire del mondo. Camoni è l’iniziatrice di una riflessione circolare che affronta le tematiche correlate alle geologia da una prospettiva decoloniale lasciando spazio alla convivialità, alla condivisione di idee tramite cui creare nuove forme di conoscenza. Da questo dialogo emergono interrogativi legati alle dinamiche economiche, storiche, politiche e culturali che hanno plasmato i territori definendo le relazioni umane con la materia geologica. Sfruttamento estrattivo, profitto, energia, edilizia e capitalismo sono i perni attorno ai quali si muovono le opere filmiche di Yto Barrada, Liv Bugge e Ana Vaz, che proiettano situazioni paradossali e insostenibili collegate alla conservazione, alla fruizione e all’utilizzo della materia geologica. 

ph Michele Purin

Chiariscono perfettamente l’intento dei filmati le parole della curatrice Alice Labor:Ecologie Minerali si addentra nelle stratificazioni geologiche attraverso ricerche artistiche e scientifiche per ridefinire narrazioni e relazioni di coesistenza di fronte alle crisi ecologiche del nostro tempo, ribaltando le nostre prospettive sulle materia inorganica e riconoscendo le interconnessioni che ci costituiscono. Comprendere il tempo delle rocce, delle montagne e degli oceani significa cambiare scala di misura: abbandonare il tempo umano per entrare in quella della Terra”.

<strong>Yto Barrada Faux départ False Start 2015<strong>

Di particolare interesse è il video presentato da Yto Barrada, “Faux départ (False Start)” (2015), tramite il quale abbiamo accesso ad un’economia sommersa sviluppatasi intorno ai fossili ritrovati tra le montagne dell’Atlante e il deserto del Sahara in Marocco. Assistiamo alla riproduzione, falsificazione per l’appunto, di esemplari fossili, dai dinosauri ai trilobiti, allo scopo di rivenderli ai cacciatori di fossili autodidatti che per passione e turismo hanno trasformato la regione nel paesaggio di una “corsa all’oro”. Veri e propri professionisti del mestiere realizzano copie dei reperti che restituiscono un rapporto spesso artificiale con le rocce e i fossili, parti di un enorme sistema commerciale. 

The Other Wild 2018 di Liv Bugge

Narrazione che diviene ancora più paradossale se analizziamo “The Other Wild” (2018) di Liv Bugge, opera capace di mostrarci il no sense dell’agire umano, o meglio il suo significato relativo intimamente legato alla dimensione dell’antropocene. Il cortometraggio, parte del Film Programme di Biennale Gherdëina 9 in collaborazione con il MUSE, mostra il processo di disallestimento, imballaggio e riorganizzazione dei reperti della collezioni geologiche e paleontologiche dei depositi del Museo di Storia Naturale di Oslo, palesando uno scarto di materiali che sono stati conservati dal museo per oltre cento anni. L’artista novergese concentra la sua ricerca sul vuoto creato tramite questi processi, interrogando un approccio e un pensiero normativo al reperto che tiene conto solo degli aspetti umani. Dalla sua visione sorge quindi una domanda: “Se i minerali, i fossili e i reperti potessero parlare che ci direbbero, come valuterebbe il nostro agire?”.

ph Michele Purin

Non è possibile avere risposta a questo quesito, tuttavia possiamo ascoltare le voci dei degli artisti: Sergio Zavattieri, Giorgio Andreotta, Regina José Galindo, Pauline Julier, Marzia Migliora, Cynthia Montier, Ophèlie Naessens, Micol Roubini e Raghad Saqfalhait, che ci invitano ad ascoltare le loro storie fatte di ricerca e passione. Narrazioni inedite frutto del sapere e dell’interesse degli artisti verso la materia geologica, racconti generati dalle rocce, dai minerali, dalle informazioni e dalle possibilità che hanno saputo regalare alla scienza e alla tecnica. Sono storie di paesaggi stravolti dall’intensa attività estrattiva, dalle migrazione popolari, dai processi di colonizzazione delle terre contaminate da parte di piante e licheni, dall’utilizzo dell’amianto, dai riti cresciuti attorno alle forme rocciose, dalla produzione industriale come aggregante e disgregante delle comunità ed infine dal capitalismo, ormai divenuto insostenibile sia per gli uomini che per l’equilibrio della natura. 

Ecologie minerali” è una solida operazione artistica multidisciplinare: ovunque il fruitore si giri scopre nuovi collegamenti, riferimenti o interconnessioni. È un itinerario che intreccia arti contemporanee, saperi scientifici, stimoli visivi e uditivi, ma anche territori geografici e persone distanti, unite sotto il segno del cambiamento e pronte a denunciare un’urgenza imprescindibile: il superamento dell’antropocene. Negli spazi del MUSE, ambiente umano e naturale tornano a confondersi perché entrambi sottoposti alla stesse leggi insindacabili a cui nessuna attività umana può sfuggire. 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Il premio Palombini a Tarquinia, connettere antico e quotidiano attraverso la ceramica

Tarquinia, culla di antiche civiltà, continua a essere un crocevia di cultura e innovazione artistica grazie al lavoro della STAS (Società Tarquiniense d'Arte e Storia), da oltre un secolo custode del patrimonio artistico cittadino, e a iniziative come la mostra "Orizzonte Terra" e il Premio “Vasco Giovanni Palombini”.

Artuu Newsletter

Scelti per te

Seguici su Instagram ogni giorno