Edvard Munch. Un contemporaneo tra noi

A 40 anni dall’ultima esposizione milanese, all’artista norvegese Edvard Munch viene dedicata una grande retrospettiva promossa da Comune di Milano – Cultura con il patrocinio del Ministero della Cultura e della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma, e prodotta da Palazzo Reale e Arthemisia in collaborazione con il Museo MUNCH di Oslo. A Palazzo Reale, fino al 26 gennaio 2026, è visibile la mostra “Edvard Munch: Il Grido Interiore, a cura di Patricia G. Berman, una delle più grandi studiose al mondo di Munch, che presenta un percorso di 100 capolavori, tra cui una delle versioni litografiche de L’Urlo (1895) custodite a Oslo, La morte di Marat (1907), Notte stellata (1922–1924), Le ragazze sul ponte (1927), Malinconia (1900–1901) e Danza sulla spiaggia (1904).

La mostra, che cade nell’ottantesimo anniversario della scomparsa di Edvard Munch (Norvegia, 1863 -1944), intende dare nuova luce alla variegata produzione artistica del pittore norvegese, considerato da sempre un maestro dell’arte simbolista e un precursore dell’Espressionismo e, per certi versi, anche del Futurismo del XX secolo nella sua esplorazione delle forze che guidano l’universo. La letteratura artistica finora prodotta su Munch ha, infatti, veicolato alcuni stereotipi legati soprattutto alle infelici vicende psichiche e biografiche dell’artista, che anziché valorizzare il ruolo di centralità di Munch nella storia dell’arte moderna, lo hanno isolato ad una dimensione di intimità e solipsismo, diffondendo l’immagine dell’ “artista maledetto”.

Al tempo stesso, la narrazione della sua ricerca si è spesso concentrata sulla sola immagine del famoso dipinto L’Urlo, un’opera che è diventata a tal punto simbolo universale di angoscia esistenziale e tormento, da diventareun fenomeno pop e di costume, con citazioni che spaziano dai meme agli emoticon (che utilizziamo tutti i giorni nel nostro telefonino).

Edvard Munch Il bacio 1897 Olio su tela cm 100×815 Foto © Munchmuseet

Come ha dichiarato Domenico Piraina, Direttore Cultura del Comune di Milano e Direttore di Palazzo Reale “Il nostro intendimento nel realizzare questo progetto culturale è quello di restituire una visione più articolata di Munch che allarghi, partendo dal necessario biografismo psichico dell’artista, la nostra visione e comprensione di un artista che riteniamo essere, come i veri grandi artisti, un contemporaneo tra noi, un artista-profeta che ha detto, scritto, dipinto molte verità universali e assolute sulla vita rispetto alle quali non possiamo restare indifferenti perché esse ci toccano da vicino”.

Il progetto espositivo si suddivide in sette sezioni, che corrispondono anche all’organizzazione interna del catalogo, edito dal MUNCH Museum in collaborazione con Palazzo Reale di Milano. Con Allenare l’occhio ritroviamo i disegni e i quadri giovanili  di Munch, il quale riteneva che la mente individuale, le visioni interiori e il recupero di ricordi ed emozioni dessero forma alla percezione diretta della realtà fino, a volte, a sostituirla: “Non dipingo la natura: la uso come ispirazione, mi servo dal ricco piatto che offre. Non dipingo cosa vedo, ma cosa ho visto”. Alla fine dell’Ottocento, in un periodo ancora a cavallo tra Impressionismo ed Espressionismo, questa affermazione indica l’esplorazione consapevole da parte dell’artista della relazione tra impressione visiva ed espressione interiore. Munch era molto attento a registrare impressioni visive, suoni, colori, e al tempo stesso era consapevole dei modi in cui le emozioni e i sentimenti filtrano le nostre percezioni del mondo.

La seconda sezione Fantasmi presenta opere come La bambina malata (1894), La morte nella stanza della malata (1893), Bambina in procinto di affogare (1904), dove Munch racconta i suoi ricordi e richiama le sue memorie, manipolate attraverso la pittura e la scrittura. Molte di queste opere trasmettono la tragica sensazione di perdita provata da un testimone di fronte alla morte di una persona cara. Per questo motivo questi dipinti, disegni e stampe sembrano rievocare una “caccia ai fantasmi” dove le ombre allungate delle figure evocano l’immagine di corpi che si dissolvono o le allucinazioni del mondo dei morti.

La litografia de L’Urlo (1895) in cui un grido silenzioso plasma il cielo visibile e il paesaggio in onde sonore, si colloca in questa sezione ed è un esempio di come la sua vista sia stata influenzata dalle allucinazioni e dai suoni dell’inconscio.

Segue la sezione Quando i corpi si incontrano e si separano dove Edvard Munch si concentra sull’indagine del tema dell’amore e della sessualità, spesso visti in senso tragico, come un battaglia per la prevaricazione tra i sessi. Ne è un esempio l’olio Vampiro (1895) dove il corpo della donna è completamente ricurvo su quello dell’uomo, a esalarne l’ultimo anelito vitale. Negli anni ‘90 del XIX secolo Munch organizza le sue immagini di desiderio erotico e risveglio sessuale in una serie chiamata “Amore” che sviluppa nel corso dei decenni successivi e trasforma nella famosa serie intitolata “Il Fregio della vita”, esposta alla Secessione di Berlino del 1902, che per lui simboleggia un ciclo sulla epopea della vita umana.

Una sezione originale rispetto alle precedenti mostre dedicate all’autore è quella intitolata Munch in Italia. Un aspetto poco conosciuto del lavoro di Munch è il suo debito verso l’Italia. Il suo primo viaggio nella Penisola risale al 1899, assieme alla sua amata Tulla Larsen. Seguiranno altri viaggi nel 1900, 1920, 1922 che sono per lui occasione di visite ai monumenti di Milano e Roma e per realizzare alcune opere come La tomba di P.A. Munch a Roma (1927) che ritrae uno scorcio del cimitero acattolico romano dove è sepolto lo zio (storico norvegese considerato il fondatore della scuola di storia norvegese) e Ponte di Rialto, Venezia (1926).

Edvard Munch Autoritratto a Bergen 1916 Olio su tela cm 90×605 Foto © Munchmuseet

Oltre alle opere focalizzate sui temi della vita, dell’amore e dalla morte, Edvard Munch è molto interessato ad approfondire il dibattito in corso al tempo, in merito al rapporto tra scienza, tecnologia, religione e misticismo. Secondo questa concezione l’ambiente fisico e i corpi delle creature agiscano gli uni sugli altri, permettendo alle energie invisibili di interagire con il mondo. Nella sezione L’universo invisibile Munch dedica spazio alla rappresentazione della natura (tra cui boschi con nodosi tronchi d’albero) e della convivenza dell’uomo con gli elementi naturali, come in Uomini che fanno il bagno (1913-1915), Onde (1908) e Il falciatore (1917).

Non poteva mancare una sezione dedicata all’Autoritratto. Munch è stato un prolifico creatore di autoritratti, che gli hanno permesso di esplorare l’espressione, la postura, i piani di luce e ombra e altre caratteristiche di sé stesso. Questi autoritratti diventano veicolo di auto-invenzione ed auto-esplorazione dell’originale identità artistica, una dimensione che Munch ricerca servendosi di una forte teatralità.

Infine L’eredità di Munch intende restituire la figura di Munch quale grande sperimentatore espressivo, che ha saputo intrecciare numerose forme di creatività: dal disegno alla pittura classica, dall’incisione alla fotografia, mantenendo una straordinaria coerenza e un potere evocativo ancora oggi estremamente contemporaneo. Come afferma Costantino D’Orazio: “Il suo innovativo linguaggio visivo gettò le basi per i movimenti d’avanguardia del 20° secolo, come il simbolismo, l’espressionismo e il surrealismo, che cercavano modi sempre più radicali per esprimere le emozioni”.

In copertina: Edvard Munch, L’artista e la sua modella, 1919–21. Olio su tela, cm 128×152,5. Foto © Munchmuseet

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