Felice Casorati, ad Aosta, la pittura come mistero

Un’importante mostra su Casorati (“Felice Casorati. Pittura che nasce dall’interno”) si inaugura ora al Museo Archeologico di Aosta e rimane aperta fino al 7 aprile. Curata da Alberto Fiz, è accompagnata da un catalogo tutto da leggere, con densi saggi di Luigi Cavallo, Francesco Poli, dello stesso Fiz e di altri, tra cui citiamo almeno Sergio Risaliti e Patrizia Nuzzo.

Sono note le vicende dell’artista. Felice Casorati era nato a Novara nel 1883 e aveva trascorso la giovinezza in città diverse, seguendo il padre militare di carriera. Aveva cominciato presto a dipingere e altrettanto precocemente aveva esposto alla Biennale di Venezia, a Ca’ Pesaro e alla Secessione Romana, attraversando una stagione simbolista influenzata in parte da Klimt, come gli verrà anche troppo rimproverato. “Sempre Klimt”, sbufferà contro i critici in una conferenza che tiene a Pisa nel 1943. 

Tiro al bersaglio o Tiro a segno 1919 tempera su tela 130 x 120 cm Collezione privata Torino fotografia Pino dellAquila

L’inizio della prima guerra mondiale segna per lui un periodo di crisi, gravato anche dal suicidio del padre. Al termine del conflitto però si trasferisce a Torino e lì vivrà tutta la vita, diventando la figura centrale e carismatica dell’ambiente artistico. Si avvicina quindi al Novecento Italiano, con cui espone in quasi tutte le mostre, condividendo la volumetria rarefatta, la geometria dalle forme platoniche e puriste, dei primi anni del movimento sarfattiano. Qualcuno lo accusa di creare una pittura fredda, ma nelle sue opere aleggia semmai un senso del mistero. E le due cose sono molto diverse. 

Intorno al 1928-29, comunque, il precedente contorno nitido, neoquattrocentesco, si ammorbidisce in linee più molli, lasciando spazio a figure più corpose che conoscono irregolarità, gonfiori, arrossamenti. I suoi soggetti, che nel primo dopoguerra avevano esplorato il mondo ascetico e mentale dello studio, popolato di modelle marmoree come statue, si allargano ora al racconto del quotidiano. Il suo colore, in particolare, influenzato da Modigliani, si illumina gradualmente di tonalità più calde. Casorati sperava che l’accusa di neoclassicismo “trovasse la sua miseranda fine”, come dirà sempre nella conferenza del 1943, e invece gli attacchi continuano perché negli anni trenta molti critici gli rimproverano di aver trascurato la costruzione della forma, affidandosi solo a un colore decorativo. 

Ritratto di Maria Anna De Lisi o Anna Maria De Lisi 1918 tempera su tela 141 x 140 cm Collezione privata Torino fotografia Pino DellAquila

In realtà Casorati non era “freddo” o “caldo”, categorie inadeguate per interpretare la sua pittura. Semmai nei suoi quadri gli ideali classici, coltivati in accordo col Ritorno all’ordine europeo, avevano lasciato posto a una ricerca di immediatezza. Guardiamo più da vicino Donne in barca, 1933, immagine-guida della mostra di Aosta ed esempio tra i più significativi della “seconda maniera” dell’artista. L’opera è volutamente ermetica, ma potrebbe essere nata da una intuizione formale, non dalla volontà di esprimere significati simbolici. Quando chiesero a Casorati che cosa avesse voluto dire nella Conversazione platonica, dove un uomo vestito di nero è accanto a una modella senza veli, aveva risposto: “Significato? Ma non v’è alcun significato. Io avevo una splendida modella. Un giorno entrò un amico e si accostò alla donna. Io non so che emozione provai, ma vidi il quadro”. 

Donne in Barca Felice Casorati

Forse però Donne in barca non è solo una ricerca formale. Vediamo. In primo piano c’è una donna dalla corporeità concreta, non idealizzata. La sua maternità e il suo atto di allattare il bambino si contrappongono idealmente al gesto della figura femminile sullo sfondo, che invece si copre pudicamente con la mano e sembra vivere uno stato adolescenziale o verginale. Si contrappone anche alla figura piuttosto efebica al centro. Siamo forse davanti all’immagine simbolica di due età della vita.

Dell’opera tuttavia è stata tentata anche un’interpretazione religiosa. Il pesce in primo piano è un tradizionale simbolo di Cristo, mentre il palo sulla destra forma una croce. Si potrebbe pensare allora a una umanissima historia salutis, dove la figura bionda sarebbe una sorta di Angelo nunziante e la figura di fondo una Vergine Annunziata, mentre il bambino in primo piano rimanderebbe alla Natività di Cristo. 

Abbandono Nudo di schiena1929 ca olio su tavola 515 x 482 cm GAM Galleria Civica dArte Moderna e Contemporanea Torino fotografia Studio Gonella

All’interpretazione mistica fa da contrappunto un’interpretazione laica che vede invece nella barca un emblema del lavoro e nel pesce il suo magro frutto. Certo, le due letture non danno conto, la prima della nudità delle figure, insolita in un tema sacro, la seconda dell’assenza di uomini, inconsueta in una rappresentazione della fatica quotidiana. Tuttavia hanno entrambe qualcosa di suggestivo e, in parte, di convincente.

Gadamer diceva che il significato di un’opera d’arte nasce dalla somma di tutte le letture possibili. È forse il caso, allora, di “sommare” le interpretazioni cui abbiamo accennato. La barca, insomma, può alludere al viaggio della vita, dove il riferimento al sacro si intreccia con il riferimento al lavoro e alle età dell’uomo, qui rappresentate dalle donne. L’opera diventa così un omaggio, dimesso e privo di retorica, all’esistenza, specialmente alla figura femminile e alla sua capacità di guidare la “barca” quotidiana. 

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