Filippo Lippi, quando l’arte lo salvò dai turchi

In questa rubrica vi raccontiamo storie, aneddoti, gossip e segreti, veri, verosimili o fittizi riguardanti l’arte e gli artisti d’ogni tempo. S’intende che ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti sia puramente casuale…

Di Filippo Lippi racconta il Vasari numerosi aneddoti piuttosto curiosi, spesso al limite dello scandalo, tra fughe d’amore, liti e processi. Una di queste riguarda però un’avventura che gli sovvenne quando gli capitò d’imbattersi in una nave di pirati. Quel che è certo, è che nell’arte del disegno fu insuperabile, e che molto di quel che imparò, lo apprese dal Masaccio.

“Da bambino”, racconta infatti il Vasari, “Filippo Lippi era stato messo come novizio in un convento di carmelitani; ma non aveva voglia di studiare e non faceva, durante le lezioni, che scarabocchiare disegni su un suo quaderno. Il suo maestro, vedendo quei disegni e restandone ammirato, gli fece studiare pittura con Masaccio, e presto divenne in quest’arte bravissimo”.

Filippo Lippi Morte della Vergine particolare al centro un autoritratto del pittore

Questo ci narra il Vasari della formazione del giovane Filippo Lippi. Ma ecco quel che accadde invece più tardi, quando, oramai adulto, del disegno era già considerato un maestro: “Un giorno”, racconta sempre il Vasari, “essendo in viaggio in Ancona ed essendosi spinto con una barca in mare, fu catturato da una nave corsara di Turchi che lo tennero loro prigioniero”. Se altri si sarebbero persi d’animo, lui però, “nient’affatto spaurito”, non si lasciò abbattere, e cominciò, come quand’era, novizio, in convento, a scarabocchiare su quel suo quadernetto: “cominciò a far caricature dei vari marinai che erano sulla nave, e tra l’altra del comandante, il quale fu contentissimo di ciò e, ammirando le grandi qualità artistiche del pittore, si decise infine a liberarlo”.

<em>Pierre<em><em>Nolasque Bergeret<em> <strong>Filippo Lippi <strong>esclave à Alger fait le portrait de son maître 1819

Altri, in realtà, raccontarono la storia in maniera leggermente diversa: si dice infatti ch’egli fu tenuto prigioniero per diciotto mesi ad Algeri, messo in catene e tenuto in stato di schiavitù. Qui, benché prigioniero, utilizzò del carbone trovato tra le braci del fuoco che usava per scaldarsi, e cominciò a disegnare su una parete della sua cella. Un giorno, venutolo a trovare il suo padrone, con addosso i suoi abiti “alla moresca”, si accinse a fare il ritratto anche a lui. Stupito e ammirato per la sua bravura, costui lo liberò. Qualunque sia la versione giusta della storia, la morale è che a volte anche un bel disegno può salvarti la vita.

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