Dal 18 gennaio al 2 febbraio 2024, Alveare Culturale presso Fabbrica del Vapore a Milano, ha ospitato RIFLESSI, la prima personale di Francesco Scura, curata da Alisia Viola.
“Francesco Scura indaga il concetto di riflesso come un prisma attraverso il quale analizza e interroga il mondo. Da uno strumento dell’esplorazione del sé, a un mezzo di esplorazione collettivo, il riflesso continua ad essere un tema potente e pervasivo, che cattura l’essenza mutevole dell’esperienza umana e della realtà circostante. Sulla superficie riflettente si materializzano porzioni di figure umane e oggetti, assenze catturate da un effimero riflesso, ma fissate per sempre in modo permanente” ci racconta Alisia Viola, curatrice della mostra.
Classe 1998, Francesco Scura è tra gli artisti più influenti nel panorama Phygital italiano, unendo forme digitali a quelle fisiche. Scura ci offre nella sua prima personale un punto di vista particolarmente interessante. Oltre a dare valore ad una pratica artistica purtroppo ancora poco riconosciuta, l’artista indaga sia la percezione che abbiamo del mondo sia l’impressione che ha di noi il reale, attraverso un’ottica di duplice riflessione, come il titolo ci suggerisce. Le sue opere diventano quindi specchi per scoprirsi e farsi scoprire, sotto molteplici punti di vista. Come ci spiega l’artista infatti, RIFLESSI si riferisce sia ad una riflessione interiore di noi stessi, sia ad una riflessione di quello che c’è intorno a noi e di come poi noi la percepiamo.
Ciao Francesco, grazie per aver accettato quest’intervista. La prima cosa che ti chiedo il motivo per il quale hai deciso di esprimerti attraverso il medium dell’arte digitale e non tramite pratiche artistiche più tradizionali, come per esempio la pittura, universalmente riconosciute come appartenenti al mondo dell’arte, a differenza della digital-art, a cui viene data ancora poca importanza?
Faccio arte da sempre, fin da piccolo, ma è stato solo quando ho unito la mia creatività alla tecnologia che ho iniziato ad apprezzare il mondo digitale. A dieci anni ero già un grande amante dei videogiochi e sono stati proprio questi ad avvicinarmi al mondo digitale. Poco dopo mi sono approcciato a software di progettazione grafica, producendo montaggi di immagini sempre legate al mondo dei videogiochi. Con strumenti più tradizionali avrei avuto bisogno di tanti materiali, mentre nel mondo digitale mi sentivo più a mio agio. Ricordo che a dodici anni partecipai ad un concorso di Google con la scuola, in cui dovevamo creare la grafica dell’homepage di Google in occasione dell’unità d’Italia, fui l’unico a portare un progetto realizzato con Photoshop. Arrivai tra i primi dieci e fu quest’esperienza a farmi capire che era una passione che volevo coltivare e che una certa predisposizione per gli strumenti digitali. L’arte per me è sempre stata un mezzo per esprimermi, ero molto più introverso di come sono ora e la creazione artistica, non necessariamente digitale, è sempre stata un modo per buttare fuori emozioni che non riuscivo a scaricare nella vita di tutti i giorni. È diventata quindi una valvola di sfogo, cosa che è ancora tuttora.
Qual è il processo di creazione di una tua opera? Ti approcci prima al cartaceo e poi al digitale o la tua pratica inizia direttamente nel mondo digital?
Parte tutto dalla mia immaginazione. Se colgo un’immagine o una situazione che mi colpisce, ho la capacità di visualizzarla nitidamente, capisco subito come impostarla e come farla diventare un’opera. Successivamente, attraverso diversi software di progettazione come Blender, Cinema 4D o Adobe Creative Suite, creo un ambiente tridimensionale che mi permette di gestire diversi parametri. La realizzazione delle mie opere funziona in questo modo: nei software di progettazione 3D che utilizzo, è presente come una sorta di blocco d’argilla digitale, che modello per creare il soggetto che ho in mente, sul quale applico trame o texture differenti. Questi programmi mi permettono anche di inserire le luci, sceglierne il colore, la posizione e la potenza. Ho quindi un controllo totale della progettazione, che nella costruzione fisica dell’opera non potrei avere.
L’elemento del cristallo è ricorrente tra i tuoi lavori. Come mai l’hai scelto e qual è il significato che c’è dietro?
Sì, il cristallo è un elemento che utilizzo spesso e che mi ha sempre affascinato, prima ancora che lo integrassi nelle mie opere. È un elemento quasi magico, con un’essenza elegante e possiede la qualità di riflettere la luce in maniera sempre diversa. Il cristallo rappresenta gli elementi che sono più puri, che incarnano le bellezze del nostro mondo. Se dovessi dirlo con una sola parola, il cristallo rappresenta prorpio la bellezza che può essere intrinseca in più cose, sensazioni, persone, situazioni, ma anche vizi.
Parlando di arte digitale, generalmente si ha la credenza che in quest’ambito ci sia solo un medium d’espressione e lo schermo come unico supporto, quando invece ne esistono svariati come il video, l’ologramma, le sculture in stampa 3D o i pannelli retroilluminati. Ti senti più vicino a uno di questi rispetto ad altri?
In questo momento, essendo questa la mia prima personale dove ho avuto la possibilità di sperimentare, non ho un medium in particolare che mi rappresenta di più. Mi piace pensare che da qui in avanti avrò modo di poter trovare spazi nuovi da testare, senza chiaramente dimenticare da dove nasce tutto, cioè il mondo digitale. Penso che il bello sia anche questo, cioè che la matrice è una sola, ma che i miei progetti possano arrivare ad articolarsi in varie forme. Non penso che un’opera sia necessariamente legata al suo supporto, può nascere e morire nella forma in cui è stata pensata, oppure può sviluppare delle varianti.
Com’è stata realizzata Overthinking, la scultura qui in mostra?
Overthinking è stata pensata l’estate scorsa e nasce come tutto il resto, da un programma di progettazione tridimensionale. L’obiettivo è stato quello di creare un’opera che poi avrebbe avuto una trasposizione nel mondo fisico. È un processo creativo che sfrutta la tecnologia di stampa 3D, si tratta infatti di una stampa totalmente in resina epossidica. Questa è una tecnica che permette di ottenere dettagli molto raffinati. La pietra che la figura sorregge è invece stata realizzata sempre partendo da un modello 3D e da una stampa in resina, dalla quale però è stato poi fatto un calco, con cui è stato realizzato l’effetto semitrasparente che permette di avere particolari riflessioni, attraverso l’utilizzo di piccole pellicole iridescenti.
Ci puoi parlare nello specifico di un’opera esposta che hai particolarmente a cuore?
Probabilmente è Self Worth, realizzata a inizio 2023. Credo sia un’opera carica di emotività e che ha la capacità di comunicare con chi la guarda ed evocare sensazioni e pensieri diversi. Durante la mostra mi è stato detto da diverse persone che è quella che li ha maggiormente colpiti e personalmente condivido lo stesso pensiero.
Cosa significa per te essere un giovane artista?
Essere un artista per me non è una scelta, ma una sorta di effetto farfalla continuo, da una cosa ne nasce un’altra e via dicendo. Essere un artista è una di quelle cose che vorresti ma che non credi possa accaderti davvero finchè non capita o finchè non lo fai capitare, quindi penso che per me sia una grande sfida. Sono convinto che questa sia una parte importante e indispensabile della mia vita e che continuerà ad esserci per sempe. Mi piace che le persone riescano a cogliere i miei messaggi e la mia visione e che questo possa spingerle a creare, scoprire o comunicare altre bellezze della vita che ogni giorno ignoriamo.
Ci puoi parlare della tua collaborazione con Nitro?
La collaborazione con Nitro è nata ad aprile 2023, mi ha contattato lui personalmente per creare insieme ad altri dodici artisti di natura digitale, un’animazione unica che andasse a completare ogni canzone presente nel suo nuovo album, lanciato la primavera scorsa. Il risultato è stato un evento espositivo veramente bello. La collaborazione col rapper è poi continuata e ho anche avuto modo di progettare i visual del suo tour invernale di qualche mese fa.
Hai in programma progetti futuri?
Assolutamente sì. Il mio obiettivo è quello di creare collaborazioni e sviluppare progetti che mi portino fuori dalla mia comfort zone, incrociando la mia visione con quella di altri artisti. Ne è un esempio la collaborazione con Stefano Bombardieri, della quale si è vista solo una parte ma che poi avrà anche altri sviluppi. Sto collaborando con artisti di vario genere e probabilmente avrò delle collaborazioni più materiche, come la realizzazione di gioielli, che penso si accomunino bene all’arte digitale e alla mia ricerca. Inoltre, sto per lanciare il mio sito web dove venderò edizioni limitate di stampe delle mie opere.