Francesco Vezzoli: al Museo Correr tra lacrime e icone pop per ripensare al contemporaneo

La mostra, a cura di Donatien Grau, rende fulcro della narrazione l’iconografia della lacrima e la rende espediente per riconsiderare la storia dell’arte, dalle origini fino ai giorni nostri.

È complesso ricostruire iconograficamente la rappresentazione della lacrima nella storia dell’arte: questa è prevalentemente riconducibile nelle composizioni sacre dei compianti o nelle deposizioni del Cristo, dove ad emergere, almeno in ambito medievale, è però sempre una sofferenza carica di mestizia delle pie donne, che si dolgono però con una certa austerità, accettando così di buon grado la volontà dell’Eterno.

Sarà poi l’influenza d’Oltralpe, il particolare il filone dei crocifissi dolorosi diffusosi solo nel XIII secolo in Italia, congiuntamente alle istanze promosse dai nuovi ordini religiosi (si veda quello francescano ndr.) ad inaugurare una nuova tradizione, che vedrà nel filone giottesco (“La strage degli innocenti” nella Cappella degli Scrovegni a Padova) la sua iniziazione e che si attesterà definitivamente solo sul finire del secolo successivo. Un nuovo pathos, a questo punto, infarcisce le opere, in particolare quelle che provengono dall’ambito fiammingo: tavola molto nota di Rogier Van Der Weiden è la “Deposizione”, dove gran parte dei personaggi si abbandona al pianto, sublimato dalla presenza di lacrime dense e corpose.

Rogier van der Weyden Deposizione particolare 1434 1440 Museo del Prado Madrid

L’intento è chiaro: umanizzare l’esperienza del Cristo al fine di avvicinare il fedele al divino e generare maggiore partecipazione emotiva. La pratica pittorica fiamminga si diffonderà nel Quattrocento in tutta Italia e i suoi influssi risultano evidenti in opere appartenenti alla medesima tipologia; si pensi al Cristo morto e tre dolenti” di Andrea Mantegna, in cui, oltre alla rivoluzionaria impostazione prospettica volta ad esaltare la drammaticità della scena, l’elemento delle lacrime è cruciale per la caratterizzazione dei personaggi, che rivelano un coinvolgimento intenso e partecipato piuttosto insolito per il canone figurativo vigente. Da qui, sempre in pittura, Antonello da Messina con “Ecce Homo” propone un Cristo che si abbandona con rassegnazione al pianto, a favore di un realismo ricercato tramite la resa doviziosa di tutti i dettagli di reminiscenza fiamminga.

Francesco Vezzoli CASINO GIOTTO WYNN AND WARHOL WERE GAMBLERS 2024 exibhition view Courtesy the artist and APALAZZO GALLERY Photo credit Melania Dalle Grave

Si assiste quindi ad una graduale spettacolarizzazione del dolore volta ad abbassare il tono dell’elemento sacro, al fine di renderlo terreno, quasi di vernacolare espressività nella sua declinazione più emotivamente viscerale. “Musei delle Lacrime” di Francesco Vezzoli, al Museo Correr di Venezia fino al 24 novembre, sembra riprendere questo intento, realizzando al contempo una sintesi e una nuova direzione di questo costume iconografico. Dichiara l’artista: “Musei delle Lacrime è concepita come un’indagine sulle lacrime perdute nella storia dell’arte. Dagli affreschi romani fino alle Avanguardie del XX secolo – presenti nella storia dell’arte veneziana – il corpo umano è stato rappresentato e studiato in tutti i modi possibili. Dopo un’approfondita ricerca, mi sono reso conto che si possono trovare qualsiasi tipo di attività ed espressioni di sentimenti, eccetto l’atto di piangere. Le lacrime sono notevolmente assenti dall’universo visivo dell’arte, sono un segno di debolezza che non vogliamo condividere pubblicamente tramite l’arte. L’arte può essere intima, come il mio gesto di ricamo, può cambiare la nostra vita. Questo è ciò che i musei mostrano, e sono entusiasta di continuare questo viaggio a Venezia, al Museo Correr.” 

Francesco Vezzoli Le Gant damour After de Chirico and Jean Genet 2010 Courtesy the artist and APALAZZO GALLERY

Ciò che colpisce nelle opere di Vezzoli è la risemantizzazione dell’elemento doloroso, il quale diviene espediente per connotare in chiave pop, grazie a colori sgargianti e simboli posticci, le opere più emblematiche della storia dell’arte. La mostra è quindi l’occasione per creare delle icone rinnovate negli intenti, che attingono ad un repertorio con cui condividono un legame solo analogico: nelle opere di Vezzoli, ad esempio, il ricamo diviene elemento di congiuntura con l’espressione di intimità, poiché attraverso il gesto della filatura si rievoca la dimensione intima che si instaura tra opera ed artista, mentre i rapporti tra generi vengono esautorati e riproposti privi di gerarchie.

Selfie Sebastian Self portrait as Saint Sebastian by Andrea Mantegna 2009 2014 Courtesy the artist and APALAZZO GALLERY

Da queste premesse scaturisce l’idea di proporre il San Sebastiano di Mantegna con le fattezze dell’artista in “Selfie Sebastian (Self-portrait as Saint Sebastian by Andrea Mantegna”, o di concedere a Lady Gaga un’intromissione in una celebre opera di Giorgio De Chirico con “Le gant d’amour (After de Chirico and Jean Genet)”. La lacrima di Vezzoli non solo umanizza, ma sovverte lo status simbolico dei monumenti senza volgarizzarli, adeguandoli al sistema di valori e riferimenti culturali contemporanei: una nuova estetica del potere che ostenda l’abisso tragicomico del post-moderno.

L’operazione di Vezzoli però valica quello che può sembrare mero citazionismo e coinvolge lo spazio del museo e le sue ragioni museologiche. Le opere dell’artista bresciano vanno a ragionare sull’allestimento di Carlo Scarpa, che ripensò il Correr come ad uno spazio plurale, dove ad emergere dovesse essere la relazione tra opera, contesto e spettatore. Gli allestimenti dell’architetto veneziano riportarono un equilibrio museografico che afferisce allo studio museologico, disvelando attraverso una ratio tecnica ponderata, che tenesse conto di luci, volumi ed equilibri, il senso intimo delle opere.

Francesco Vezzoli FLUID AFTER ANDREA SOLARIO 2024 installation view Courtesy the Artist and APALAZZOGALLERY Photo credit Melania Dalle Grave

Su questa base Vezzoli rielabora l’allestimento del museo inserendosi quasi di soppiatto, omaggiando il maestro e rendendo evidente, con coraggio, l’intervento anche attraverso l’utilizzo di una bicromia di rosa e grigio che palesano l’aggiunta e che costituiscano il trait d’union tra Vezzoli, Scarpa e opere.

Gli elementi allestitivi, ideati da Francesco Bisagna, concludono quindi un itinerario articolato che celebra non solo i capolavori su cui agisce Vezzoli, ma la stessa città di Venezia, da sempre testimone delle innovazioni artistiche nel tempo. A tal proposito, Mariacristina Gribaudi, Presidente di Fondazione Musei Civici di Venezia, commenta: “Il dialogo scaturito dall’intervento di Vezzoli sullo straordinario patrimonio del Correr, in particolare con i capolavori della Quadreria di Cosmè Tura, Jacopo, Gentile e Giovanni Bellini, Antonello da Messina, Vittore Carpaccio, per menzionarne alcuni, a loro volta ospiti d’onore nel disegno di Carlo Scarpa, ci racconta, una volta di più, la vita straordinaria dei musei e la loro capacità di essere luoghi che parlano sempre il linguaggio del contemporaneo e dell’attualità, in ogni epoca. E che per questo devono essere parte della vita quotidiana di ognuno, di tutti cittadini, di ogni età.” 

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