In Geometrie a mano ci si accorge prima del tutto del colore. Una gamma vibrante e potente che scalda le giornate grigie e fredde di una città invernale. Le forme appaiono successivamente attraverso la pratica dell’osservazione paziente e quasi chirurgica, e iniziano a delinearsi anche laddove l’astrazione sopraggiunge. Le opere sono il risultato di un metodo, in cui la manualità trova indiscutibile affermazione. Un linguaggio che non ha compromessi, che non sfugge all’incertezza o all’errore, che si tratti di una tessitura, di un gesto pittorico o di dare forma a materiali di carta.
CIRCOLO lo spazio inaugurato qualche mese fa Via della Spiga 48 (ne abbiamo parlato qui), presenta la nuova mostra visitabile fino al 22 marzo 2024. Una collettiva realizzata con le gallerie londinesi greengrassi e Corvi-Mora, che portano Joanne Greenbaum (New York, 1953) e Pae White (California, 1963), la prima, e Richard Hawkins (Texas, 1961), Jim Isermann (Wisconsin, 1955) il secondo.
I galleristi Cornelia Grassi e Tommaso Corvi Mora mettono in scena un formalismo, che guarda al rigore della geometria. Che sia declinata attraverso linguaggi diversi, con disegni, dipinti, installazioni e lavori ottenuti con metodi tradizionali di tessitura, l’esito ravvisa una certa un’omogeneità iconografica e coloristica. Ma anche una manualità e un’artigianalità che caratterizza la produzione degli artisti, con lavori di una qualità e di una tecnica particolarmente articolata e raffinata.
I pattern si fanno policromi nei patchwork di Jim Isermann, dal grande cubo al centro dello spazio, ai lavori di tessitura a parete, con la tecnica del quilting, ritagli di stoffa cuciti insieme, come fossero una grande trapunta ma senza imbottitura (ci spiegano). Oppure ottenuti con la tecnica del tufting associata alla pittura, in cui opere divise in due triangoli presentano una metà tessuta, mentre l’altra riproduce il motivo grafico con la pittura. Il gesto si fa pittorico anche nei quadri di Richard Hawkins. Pennellate interrotte sembrano costruire un layout, che rimanda ai suoi collage che realizza dagli anni ’90. Quadri che sono stratificazioni di memorie grafiche e pratiche, che si avventurano in una paletta cromatica di tinte calde tra rossi, aranci e gialli, ma in cui anche toni più freddi sembrano tessere, in un gioco di parole, fitte armature tra trama e ordito.
Tesse la sua trama anche Pae White nel labirinto sospeso di Chat. Una cascata colorata di esagoni di carta appesi al soffitto e sorretta da fili, che formano un’architettura leggera e delicata. Una modalità tipica dell’artista, quella di creare sculture aeree, richiamando il mondo della natura tra uccelli, pesci, fiori e nuvole che si muovono in gruppo “an exploration of movement contained”, come le descrive in alcune sue interviste. Geometrici movimenti che naturalmente disegnano gli spazi umani, e che White recupera trasferendoli all’interno degli ambienti. Se i chandelier di White fluttuano nell’aria, le forme energiche di Joanne Greenbaum sembrano muoversi sulla tela. L’andamento dei soggetti circolari si aggrega a altri che sembrano più regolari (ma non troppo), generando un vocabolario fatto di segni. Segni geometrici che formano strutture, che rimandano all’immaginario degli ideogrammi. Forme che stringono accordi visivi con un terreno libero da riconoscimenti realistici, ma d’altra parte anche in altri suoi lavori più astratti è il colore a imporsi (applicato con metodi diversi matita, penne, acrilici, pennarelli, ecc.), suggerendo una pratica svincolata da tensioni oggettuali.
Dalle forme più grafiche di Joanne Greenbaum, agli impasti coloristici di Richard Hawkins, dai tessuti lavorati di Jim Isermann alla carta di Pae White che si fa scultura, la mostra da CIRCOLO è l’occasione per vedere gli artisti raggruppati insieme con opere meno conosciute o mai esposte, che comprendono un arco temporale che va dagli Novanta al Duemila circa, ma che risultano tuttavia attualissime.