Voci di corridoio dicono che gli allestimenti sono stati terminati all’ultimissimo, per trovare la combo perfetta per allestire a Palazzo Reale di Milano una mostra con 150 opere firmate da 80 grandi artisti contemporanei di tutto il mondo. “Da Cindy Sherman a Francesco Vezzoli. 80 artisti contemporanei” apre al pubblico da venerdì 7 marzo: le undici sale al piano terra di Palazzo Reale saranno visitabili fino al 4 maggio ed è la prima volta che il grande pubblico potrà vedere a Milano una parte della cospicua collezione dell’avvocato Giuseppe Iannaccone, tra i collezionisti più noti in Italia.
Promossa dal comune di Milano e dalla Fondazione Iannaccone, con la produzione esecutiva di Arthemisia, la mostra è curata da Daniele Fenaroli, con il supporto scientifico di Vincenzo de Bellis: si apre con sei lavori iconici di Cindy Sherman dedicati, al suo solito, alla riflessione sui corpi femminili e al tema dell’identità di genere e, sala dopo sala, presenta opere di Nan Goldin, Kiki Smith, Mattew Barney, Francesco Vezzoli. E ancora: Tracy Emin, Hernan Bas, Nicole Eisenman, Luigi Ontani, Roberto Cuoghi, Jem Perucchini, Marinella Senatore, Marcello Maloberti, Shirin Neshat, Banksy. Non c’è nome dell’empireo cielo del contemporaneo che non sia presente nella Collezione Iannaccone che conta, ad oggi, oltre 500 opere tra lavori di arte moderna e contemporanea (con un corpus notevole sull’Espressionismo italiano degli anni Trenta). Alla vigilia della mostra, abbiamo intervistato l’avvocato collezionista.
Avvocato Iannaccone, da celebre penalista del diritto d’impresa come si diventa anche il collezionista Giuseppe Iannaccone?
La professione e la passione sono cresciute insieme. Quando ero un giovane avvocato che muoveva i primi passi nel foro di Milano compravo libri di storia dell’arte: oggi ne ho una biblioteca intera. Ricordo che andavo alla Libreria Hoepli e acquistavo cataloghi delle mostre ma anche libri del passato e, se per un processo ero fuori Milano, una tappa nella libreria locale era obbligatoria. Mi sono innamorato dell’arte in questo modo e quando ho avuto i primi quattrini ho comprato il mio primo quadro.

Quale? Quando?
La data esatta non la ricordo: avevo poco più di trent’anni. Acquistai La sirena ferita, di Claudio Bonichi, il nipote del grande Scipione (Gino Bonichi, ndr). Adoravo Scipione ma non potevo assolutamente permettermelo: comprai un quando che anche nell’iconografia ricordava la sirena del maestro e per giunta era del nipote. Conservo ancora con affetto questo primo acquisto.
Altre opere della sua sterminata collezione cui è particolarmente affezionato?
Tante, a dire il vero tutte quelle che ho inseguito di più, quelle che ho desiderato immensamente. Ami inevitabilmente di più i lavori che hanno richiesto fatica e tempo per mettere via i risparmi necessari a poterli acquisire. Se dovessi fare giusto due nomi direi Laura Owens e Nicole Eisenman. In particolare ‘Beasley Street’ un lavoro di Eisenman del 2007 l’ho inseguito a lungo: Carles Saatchi ha provato a vendermelo ma a cifre che erano per me inimmaginabili. Intanto passava il tempo, mi imbattevo in altri lavori dell’artista ma quello non mi usciva mai dalle mente finché lo stesso Saatchi lo ha messo in asta e allora ho fatto una follia e l’ho preso.

Perché proprio quel quadro?
Perché in quella strada è raccontata una storia di umanità. In tutta la mia collezione, a dire il vero, cerco arte che sappia esprimere una grande storia di umanità.
Si muove così un collezionista, tra ossessioni e slanci improvvisi?
Per un vero collezionista gli acquisti sono atti di grande innamoramento, figli di una passione straripante. Insegui un’opera perché pensi che ti possa cambiare la vita e a volte diventa un’ossessione: se riesci ad ottenerla provi una strana felicità ma poi ricominci con un altro inseguimento. Questo posso dirlo: un collezionista non tradisce mai le sue opere d’arte. Non c’è “tradimento” nella ricerca di un pezzo ulteriore: nella mente del collezionista comprare un nuovo capolavoro fa sentire meno soli quelli che possiede già.

E quindi le collezioni vere…
Non finiscono mai: lo so.
Perché, ora, questa mostra a Palazzo Reale?
Quando avevo solo la collezione sugli Anni Trenta, dedicata all’arte tra le due guerre, ho ricevuto tante proposte di mostre pubbliche ma ho atteso il momento buono ed è capitato con la Triennale, nel 2017. Da allora ho fatto ben sette esposizioni pubbliche: quando si è trattato di voler mostrare la parte della collezione dedicata all’arte contemporanea per me era indispensabile partire da Milano perché è una città cui devo tutto ciò che oggi sono. Tocco il cielo con un dito: esporre adesso a Palazzo Reale è la gioia più grande.

In mostra troviamo le maggiori firme del contemporaneo, praticamente tutte le artistar in circolazione e molti italiani ben quotati: perché questa mostra in una città in cui un vero e proprio museo di arte contemporanea ancora non esiste?
Penso che Milano meriti un museo di arte contemporanea e sono sicuro che lo avrà. Però lamentarsi non serve a nulla: dobbiamo essere propostivi. Penso che siamo noi collezionisti privati a dover fare qualcosa, a mettere a disposizione del pubblico le nostre opere per consentire ai milanesi di godere dell’arte contemporanea.
Per molti il contemporaneo è incomprensibile.
Dissento. L’arte di oggi è molto più semplice e immediata di tanta arte del passato. Il problema è che non siamo abituati a osservarla, l’occhio è rimasto fermo ai codici estetici dell’Ottocento e del Novecento.
Che cosa consiglierebbe a un giovane collezionista che volesse iniziare oggi a collezionare?
Di non comprare nulla finché non ha studiato. Gli consiglierei di leggere riviste di settore e libri di storia dell’arte perché solo se conosci l’arte del passato puoi apprezzare anche quella del presente.

Che cosa ne pensa delle turbolenze del mercato dell’arte?
Oggi ci sono molti fattori, al netto della situazione internazionale, che concorrono al saliscendi del mercato. Grazie al web le riproduzioni e le immagini delle opere d’arte si diffondono molto rapidamente e fanno salire la domanda e, quindi, i prezzi. I mercanti stessi e le gallerie hanno un ruolo molto più incisivo che in passato: lavorano con artisti in vita e hanno tutto l’interesse a far lievitare velocemente i prezzi per chiedere a questi artisti altre opere…. Come difendersi dalle speculazioni? L’ideale è comprare artisti all’inizio della loro carriera, quando non sono ancora nella bolla. Quello possono permetterselo solo i grandissimi industriali: i “normali professionisti” come me devono colpire nel momento in cui i prezzi sono bassi.
E come si capisce dove colpire?
Guardi, la storia dell’arte è come un grande romanzo. Se hai letto e studiato i capitoli precedenti quando trovi un artista che scrive un capitolo nuovo te ne accorgi. È lì che non devi esitare.
Che cosa ne pensa degli NFT?
Non mi interessano. Non giudico e ho rispetto per chi se ne innamora e li compra, ma non è la mia storia. Forse sono troppo tradizionale, ma sento il bisogno della carnalità dell’opera d’arte.

Sia nella sua collezione generale che nella selezione delle opere in mostra a Palazzo Reale è forte la presenza di artiste donne: è un caso?
Non ho scelto razionalmente, mentre costruivo la mia collezione contemporanea, di comprare artiste donne. Semplicemente, mi è capitato di provare più emozione davanti ai loro lavori, forse avevano e hanno più cose da dire. Posso dire lo stesso di artisti di ambito queer: hanno taciuto a lungo sulla scena e ora hanno più da raccontare.
Che cosa è per lei un capolavoro? E come lo si riconosce?
Un capolavoro ti provoca una irrimediabile emozione quando lo guardi, un capolavoro lo riconosci alla prima occhiata. Questo però non significa comprare solo seguendo il proprio gusto personale: sarebbe un peccato di superbia. Come dicevo prima, bisogna lasciarsi educare all’amore dell’arte. Collezionare è come innamorarsi di una persona, conoscendone la storia passata.