Giuseppe Pirozzi al Cellaio di Capodimonte, Napoli rende omaggio al suo scultore

C’è un artista che continua ad attraversare con imperterrita capacità creativa la storia dell’arte a Napoli dalla seconda metà del Novecento. È uno scultore, anzi è “lo scultore” che nei suoi volumi e nel suo stesso approccio stilistico raccoglie la grande eredità partenopea in tema di arti plastiche. Ma al tempo stesso non è uomo della tradizione, o almeno lo è solo in parte. Certo, si parla di Giuseppe Pirozzi, un artista che ha sempre preferito esprimersi con la scultura, “sporcandosi le mani” con i materiali più vari, sempre pronto a sperimentare tecniche e linguaggi.

Il Cellaio del Museo e Real Bosco di Capodimonte ospita dal 16 settembre la mostra antologica “Giuseppe Pirozzi. L’atelier dello scultore”, nell’anno delle sue novanta candeline. La retrospettiva indaga i momenti salienti della lunga attività dello scultore dagli anni Cinquanta a oggi, con un allestimento che vuole riproporre per grandi linee la configurazione dello studio dell’artista, il suo pensatoio, ma anche la sua officina creativa. Sono 108 le opere in esposizione, tra cui 68 sculture in bronzo, gesso, terracotta, 19 gioielli in argento fuso a cera persa, realizzate in esemplare unico, 18 disegni, due serigrafie e una litografia. Grazie a così tante testimonianze del suo lavoro, la mostra chiarisce l’evoluzione delle tecniche e dei materiali utilizzati da Pirozzi nel corso della sua vita.

La mostra è a cura di Maria Tamajo Contarini e Luciana Berti ed è stata realizzata in collaborazione con la figlia dell’artista, Francesca Pirozzi, che ha partecipato attivamente alla selezione delle opere esposte. C’è l’opportunità di visitare questa ampia personale fino al 5 gennaio 2025. In più, sette lavori sono stati donati dall’artista al Museo e Real Bosco di Capodimonte, di cui Eike Schmidt è virtuoso direttore dal gennaio 2024. Oltre al “dittico” di sculture monumentali in bronzoLa fisicità che si scioglie nell’amplesso con l’anima” e “Due corpi riflessi nell’onda infranta” che rimarrà in maniera permanente nell’area verde adiacente al Cellaio.

Giuseppe Pirozzi è dunque un gioiello partenopeo, nato nel comune di Casalnuovo di Napoli, ma vive e lavora da oltre 50 anni nel capoluogo di regione. È accademico dell’Accademia San Luca, è stato per oltre vent’anni docente presso l’Accademia di Belle Arti e ha avuto per un lungo periodo uno studio a villa Fagella. Scultore di grande fama, ha esposto le sue opere in tutto il mondo e ha testato l’utilizzo di tantissimi tipi di materiale pur rimanendo fedelmente legato al bronzo. Filo conduttore sono la memoria autobiografica e la continua ricerca di nuovi modi di esprimersi attraverso la sua arte, un’arte intima, di memoria.

Lo storico edificio del Cellaio si presenta come l’ecosistema perfetto per le opere di Giuseppe Pirozzi, in continuo dialogo con la natura, ma anche raccolto e accogliente, pronto a evidenziare come questo artista interpreti il suo ruolo, visto come un’attività “politica”, da persona sempre attenta e presente nel mondo che lo circonda. L’artista è per Pirozzi un rivoluzionario, colui che ribalta la staticità del presente, il luogo comune, per andare oltre quando si trova davanti a se stesso. Ebbene, questo scultore partenopeo, gran testimone del suo tempo, ha lottato per cambiare il paradigma del tempo, nella Napoli del dopoguerra, senza mai seguire le mode dei vari periodi.

Pur rimanendo fedele a se stesso, è entrato in contatto e spesso è stato compagno di strada di tutte le avanguardie napoletane che dalla fine degli anni Cinquanta si sono susseguite a ritmo vertiginoso in una città particolarmente feconda, votata alla creatività, all’originalità, quanto devota alla sua storia. All’inizio del suo percorso Giuseppe Pirozzi si è confrontato con il neodadaismo del Gruppo 58, ma anche con la pop art napoletana, anzi la prop art, come amava chiamarla Luca, al secolo Luigi Castellano. Negli anni Settanta ha visto dilagare intorno a lui l’arte nel sociale, che a Napoli raggiunse vette straordinarie. E ha visto anche il trionfo della Transavanguardia a partire dagli anni Ottanta. Tutti questi confronti hanno contribuito a fare di Giuseppe Pirozzi un innovatore, un artista dal piglio civile e sociale, una figura di straordinario carisma, il cui apprezzamento ha varcato spesso gli stessi confini nazionali.

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