Abbiamo già parlato a lungo della Collectors Night di Pietrasanta, oggi ci focalizziamo sugli artisti stranieri che hanno trovato un loro spazio alla manifestazione di quest’anno. Ognuno di loro lo fa in modo differente, seguendo stili e inclinazioni personali. Il risultato è una grandissima varietà che non può far altro che animare l’intera esposizione.
Kelly Robert, artista californiana, presso Accesso Galleria, presenta la sua prima personale intitolata “Uplift”. Questa mostra include dodici sculture inedite; per la prima volta si è cimentata nel lavoro con il bronzo, ma non ha disdegnato di esporre anche sculture in marmo e una, grandissima, in terracotta e smalto. Robert si concentra principalmente sul torso umano, ispirandosi alla potenza e alla maestosità dei busti dell’arte greco-romana. Le sue sculture sono lavorate a mano utilizzando l’argilla con il metodo a bobina e levigando le superfici per ottenere una finitura simile alla pietra, poi dipinte con colori selezionati con cura per conferire maggiore plasticità alle pose.
Brice Esso, noto per le sue opere in marmo e bronzo, porta in mostra alla galleria The Project Space all’interno di “The Space in Between: Evolution of Consciousness” una serie di sculture dalle forme eleganti e texture ricche che ci riportano alla potenza indiscussa di madre natura e ci fanno avvertire la piccolezza dell’essere umano. Alla base della sua ricerca artistica vi è sempre la tendenza a focalizzarsi su precisi temi derivanti dal territorio che lo ha generato. In lui convivono due influenze ben distinte: l’arte africana, in particolare delle sculture Ife, e quella rinascimentale.
All’interno dello stesso progetto e nella medesima galleria, Rachel Lee Hovnanian affronta le implicazioni delle tecnologie contemporanee sull’identità e le relazioni umane. Le sue opere analizzano il narcisismo della società odierna, dominata dalla comunicazione digitale che spesso allontana invece che unire, portando inevitabilmente ad una scissione ben definita tra verità e apparenza a discapito della prima. Hovnanian invita i visitatori a riflettere sulla crescente influenza della tecnologia sulla nostra coscienza e percezione, cercando di creare un dialogo tra il mondo reale e prettamente umano e quello digitale.
Amy Bravo, la più giovane degli artisti in mostra alla Galleria Poggiali, all’interno del progetto SONGS FROM THE FOUNDRY, presenta nuovi lavori realizzati nel suo studio a New York. Le sue opere includono molti oggetti del suo corredo familiare al fine di rivendicare la propria identità e mantenerla viva negli anni. Bravo, grazie a questa scelta, trasforma utensili apparentemente di scarso spessore per dare voce a quel senso di appartenenza che rischia di perdersi con il passare del tempo. Le sue opere ci rendono partecipi di racconti e storie che ci toccano e uniscono tutti.
Richard Orlinski, francese (ne abbiamo già parlato qua), espone nella Galleria Deodato Arte con alcune delle sue migliori opere, dando vita alla mostra Solo Show. Le sue sculture hanno come protagonisti esemplari del mondo animale e ricreano in piccolo una grande giungla popolata da gorilla, orsi, coccodrilli e pantere. Il suo universo artistico, chiamato “Born Wild”, celebra la fauna selvatica e utilizza materiali come alluminio, resina, vetro e bronzo. Le sue opere, di forme particolari e dotate di estrema veridicità sono un mix di sculture pop e arte di strada.
Fernando Botero, “il più grande pittore e scultore colombiano vivente”, come è stato definito alla sua morte, avvenuta nel settembre scorso, che ha vissuto a Pietrasanta per molti anni a partire dagli anni Ottanta (gli abbiamo dedicato diversi articoli, qua e qua e qua), è facilmente riconoscibile tra gli artisti presenti in mostra alla Galleria Barbara Paci: le sue opere sono state, da sempre, degli omaggi alla grande tradizione della pittura rinascimentale italiana, con il suo particolare stile di “ingrossamento” del volume dei suoi personaggi, che li rendono riconoscibili ovunque. I soggetti dei suoi quadri potevano spaziare da scene di vita quotidiana, a scene riprese dalla grande tradizione classica, fino ai mali della società contemporanea, come quando ha illustrato le scene di tortura nel carcere iracheno di Abu Ghraib. “Botero”, ha detto Vittorio Sgarbi, “è stato l’ultimo artista classico ‘italiano’, benché non fosse italiano di nascita, ma da sempre ispirato, nella sua pittura, dalla grande tradizione della pittura italiana, che va da Giotto a Piero della Francesca a Raffaello fino a Botticelli. Nessuno, infatti, come lui, dopo l’aristocratico Balthus, ha rappresentato l’orgoglio della grande tradizione classica italiana con l’espediente giocoso, nel suo caso, di ingrossare corpi e forme”.
Nelle medesima galleria troviamo Javier Marín, conosciuto per le sue sculture complesse e maestose, spesso di grandi dimensioni, che cercano di conciliare l’aspetto puramente fisico e quello più prettamente spirituale dei soggetti rappresentati. Le sue opere, caratterizzate da una tensione emotiva acuta, trovano un legame profondo con lo spazio espositivo, trasformandolo in un luogo di riflessione sulla condizione umana.
Alla Galleria MARCOROSSI artecontemporanea, con la sua mostra personale “Sahara”, Medhat Shafik presenta opere in cui unisce le evocazioni e i colori dell’arte orientale con le tecniche delle avanguardie occidentali, creando tele, carte intelate e grandi pannelli scultorei che enfatizzano la diversità che sta alla base delle varie civiltà facendone emergere differenze, tradizioni e punti di contatto. Appare chiara la sua volontà di rendere omaggio al deserto del Sahara, ai suoi occhi spunto di riflessione e punto di riferimento per analizzare la vastità che ci sovrasta e comanda.