Il 4 giugno si è concluso il ciclo Primavera 2024 di “Cancelli aperti”, iniziativa promossa e organizzata dal Parco Regionale dell’Appia Antica, con la visita guidata a cura della Dott Ssa Caterina Rossetti, alla villa privata “Gli Orti di Galatea”, grazie alla grande disponibilità della famiglia residente nel Parco: i signori Rodano/Falomi, che ci hanno gentilmente accolto all’interno della loro proprietà, che all’inizio del ‘900 apparteneva a l’eclettico artista Giulio Aristide Sartorio, grande appassionato della via Appia.
Abbiamo ammirato il giardino, progettato dall’artista come un “hortus” romano, con sculture ed arredi marmorei tra alberi ed essenze mediterranee, e l’elegante palazzina di aspetto rinascimentale, impostata su una struttura romana, anch’essa disegnata da Sartorio.
Proprio in questi giorni la Mostra “L’Appia è moderna” al Casale di Santa Maria Nova, organizzata dal Parco Archeologico dell’Appia Antica e a cura di Claudia Conforti, Roberto Dulio, Simone Quilici e Ilaria Sgarbozza. espone un quadro dell’artista che ritrae proprio il portale degli “Orti di Galatea”.
Noi abbiamo fatto una chiacchierata con la Dottoressa Caterina Rossetti, archeologa presso il Parco Regionale dell’Appia Antica.
Chi è Giulio Aristide Sartorio?
Giulio Aristide Sartorio è un personaggio non notissimo, un artista decisamente eclettico, poliedrico. Nasce nel 1860 a Roma. Ma il nonno, Girolamo, viene da Novara ed è uno scultore specializzato nella riproduzione di statue classiche. Il padre, Raffaele, è anch’egli scultore. Per questo Aristide fin da piccolo respira un’aria di arte e sviluppa fin dalla più tenera infanzia una grande padronanza nel disegno e nell’utilizzo delle varie tecniche.
Ma poi non gli è sufficiente e decide di avviare una vera e propria formazione…
Per un breve periodo frequenta l’Accademia di Belle Arti, ma soprattutto i musei romani. Assorbe tutto quello che vede e lo fa suo. Aristide è stato pittore, scultore e arredatore, non si è mai limitato ad un genere ben preciso.
E’ sempre stato pieno di passioni. Una di queste è stata la campagna romana, la natura. Fin da giovanissimo, soprattutto la zona della Regina Viarum fino alle paludi Pontine, è per lui fonte di grande ispirazione. A 17 anni inizia a lavorare presso lo studio di Luis Alvarez Català, un artista molto forte, con uno stile spagnoleggiante, sull’onda del successo di Mariano Fortuny; questa cosa gli permette di mettere da parte un certo gruzzoletto che poi, dirà lui stesso, gli servirà in un secondo tempo per fare arte “come voleva lui”.
Infatti, a soli 19 anni, apre uno studio tutto suo…
Sì, la prima opera, di stampo decisamente verista, è “Malaria” che ritrae una giovane donna che piange sul corpo del giovane figlio morto di malaria. E’ con questo quadro del 1883 che viene presentato a quella Roma ottocentesca fervida di cultura e arte. Ottiene un grande successo. Viene apprezzato anche da Nino Costa.
E da questo momento in poi fa una serie di incontri fortunati.
Nel 1885 fa una conoscenza per lui molto importante: Gabriele D’Annunzio. Attraverso D’Annunzio conosce un altro artista importante per il periodo che è Francesco Paolo Michetti, un abruzzese di Francavilla al Mare, che lo introduce verso uno stile diverso: la pittura di paesaggio, che, da quel momento in poi, affianca allo stile verista. Gli anni successivi compie numerosi viaggi, arriva in Inghilterra dove ha modo di conoscere e apprezzare i Preraffaeliti. Nel 1908 gli viene commissionato il grande fregio della sala delle Camera dei Deputati a Montecitorio; qua usa per la prima volta una tecnica ben precisa: la cera fredda su tela. Ad essa, però, affianca l’uso della fotografia, un vero e proprio salto nel buio per quell’epoca. La fotografia, infatti, è ai suoi albori e, Sartorio, capisce la sua duttilità e se ne serve subito.
Come possiamo definire lo stile di Sartorio dopo queste esperienze?
Ci risulta difficile definire con un solo aggettivo la sua personalità e la sua figura artistica. Possiamo parlare di classicismo, ma anche di un forte sperimentalismo.
L’amicizia con D’Annunzio gioca sicuramente un ruolo chiave nella sua scelta, allo scoppio della Grande Guerra, di arruolarsi e di partire per il fronte.
Sicuramente. L’esperienza al fronte segna una vera e propria spaccatura nella sua esistenza. Al suo ritorno in Italia, dopo la guerra, il matrimonio dal lui intessuto agli inizi del ‘900 con una pittrice di Bonn, da cui aveva avuto la prima figlia, naufraga. Inizia a frequentare un altro ambiente per lui denso di fascino: quello del cinema. E’ così che conosce quella che ben presto diventerà la sua seconda moglie: Marga Sevilla, un’attrice spagnola venticinque anni più giovane di lui, allieva di Eleonora Duse che, subito, diventa la sua musa ispiratrice.
Ed è con lei che si trasferisce agli Orti di Galatea.
Esatto, dal 1918 si trasferiscono stabilmente agli Orti di Galatea. Sartorio, prima di partire per la guerra, aveva acquistato una piccola parte della villa per farci il suo studio; al suo ritorno compra il resto della proprietà e fa realizzare una palazzina, in chiaro stile rinascimentale, come suggeritoci dalle lesene delle finestre, dalle sculture e da tutta una serie di elementi in stile.