Herectic, un thriller inquietante con grandi premesse e troppe lacune

“Heretic” è un thriller inquietante, scritto e diretto da Scott Beck e Bryan Woods, due veterani dell’horror. Con un pedigree simile, le aspettative sono inevitabilmente alte, soprattutto considerando che il protagonista è Hugh Grant, alla sua prima incursione nel genere.

Hugh Grant, che ha recentemente dato prova di saper vestire i panni del malvagio interpretando Forge Fitzwilliam, l’affascinante truffatore nel film Dungeons & Dragons: L’onore dei ladri, si cala questa volta nel ruolo di sociopatico con estrema naturalezza. E trasforma abilmente il suo tipico charme britannico in un fascino torbido e manipolatore, un’evoluzione affascinante, distante anni luce da Daniel Cleaver di Bridget Jones, ma comunque convincente.

Il film è netto, tagliato con l’accetta – strumento perfetto per l’horror – e si divide in due parti ben distinte. Il primo atto è cerebrale, costruito su dialoghi affilati e un crescendo di tensione sottile e avvincente.

Due giovani donne, missionarie mormoni, bussano alla porta di un uomo per evangelizzarlo; è stato lui ad invitarle. Fuori il temporale infuria, ma esitano a entrare: le regole della loro congregazione sono chiare, non possono varcare la soglia se in casa non c’è anche una donna. L’uomo, tale Sig. Reed, le rassicura con un sorriso: sua moglie è dentro, intenta a preparare una torta di mirtilli squisita.

Stanche per la lunga camminata fino a quella villetta isolata, le ragazze cedono; affidano al Sig. Reed le giacche inzuppate e si accomodano sul divano. L’uomo si allontana per avvisare sua moglie, poi torna portando un vassoio con delle bibite che poggia sul tavolino davanti a loro. Accende una candela, creando un’atmosfera quasi intima. Nell’aria aleggia il profumo intenso della torta appena sfornata che rende l’ambiente accogliente e familiare. Le ragazze iniziano a conversare col padrone di casa: è affabile, colto, affascinante nel suo filosofeggiare seppure un po’ bizzarro. Ma, di tanto in tanto, qualcosa stona. Piccole anomalie, dettagli fuori posto. Poi sempre più frequenti.

L’inquietudine si insinua e cresce. Le ragazze insistono per incontrare la moglie, che ancora non si vede. L’uomo lascia di nuovo la stanza per sollecitarla. È allora che notano il dettaglio, irrilevante, all’apparenza, eppure sinistro: la candela sulla tavola è all’aroma di torta di mirtilli.

Il villain di questa storia è un uomo scaltro, cinico e brillante, un maestro del gaslighting, capace di manipolare la realtà e confondere le menti delle sue vittime, facendo loro dubitare della propria percezione e spingendole a perdere ogni certezza. Un “eretico” maniaco del potere che non tollera chi si sottomette a forze superiori a lui. Per il signor Reed la religione è il più grande inganno della storia, lo strumento di dominio per eccellenza. Ma ciò che disprezza davvero non è la religione in sé, bensì ciò che non riesce dominare lui stesso.

Per questo, mette alla prova le due ragazze credenti, trascinandole in un gioco perverso. La sua casa si trasforma in una prigione, un labirinto insidioso pieno di sorprese terrificanti dove bisogna scegliere tra la fede e la miscredenza. Quando il film si interrompe per l’intervallo, le aspettative restano alte. Heretic è scorrevole e colto, un horror atipico e sofisticato. Un intreccio di riferimenti religiosi, letterari e filosofici che lo rendono unico. Un horror che sembra destinato a restare impresso e a non perdersi nel mare di cliché tipici del genere.

Ma quella che poteva essere un’opera memorabile si sfalda sotto il peso della prevedibilità. Il secondo tempo scivola inesorabilmente dove non si sarebbe voluto: la pellicola si appiattisce in un horror convenzionale, che si affida a colpi di scena spettacolari, funzionali ma completamente vuoti. E a una lettura più attenta si rivelano per quello che sono: nient’altro che falle narrative ingiustificabili.  Le vittime subiscono un cambiamento improvviso, senza un adeguato sviluppo che giustifichi questa trasformazione, semplicemente per dare ritmo alla pellicola e suscitare stupore. Quella che sembrava una coprotagonista anonima e ingenua si trasforma in una figura centrale e brillante senza una motivazione credibile, facendo deduzioni letteralmente impossibili nel contesto in cui si trova, anche per una mente geniale.

Né Hugh Grant, né un primo tempo succoso bastano a salvare il film. Al contrario, rendono il tutto ancora più frustrante, perché il potenziale andato sprecato è evidente. Nota positiva e inattesa, l’epilogo che lascia un interessante interrogativo allo spettatore: la fede può davvero salvare le persone o è solo un autoinganno? E, se anche fosse così, non è comunque un’alternativa migliore e più sana all’illusione del controllo?

Si lascia la sala con la testa piena di riflessioni, è vero. Ma sono riflessioni che il film solleva in un contesto narrativo che presenta troppe lacune e, soprattutto, con personaggi scarsamente delineati. Spunti che affiorano in un insieme di trovate non completamente giustificate e quindi finiscono con lo sfumare, dissolvendosi e scontrandosi con una trama che non li supporta adeguatamente. “Heretic” si presenta, così, come un’opera incompiuta, che guarda al grande cinema senza riuscire neanche a sfiorarlo.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Artuu Newsletter

Scelti per te

Seguici su Instagram ogni giorno