Il maestro del brivido deve aver davvero amato Edward Hopper: alcune delle sue più note inquadrature si ispirano evidentemente ai capolavori del pittore americano.
L’artista statunitense Edward Hopper è noto per il suo stile realista atto a rappresentare l’America della solitudine. I soggetti, tutti ispirati alla città e al paesaggio americano, sono case isolate, pompe di benzina deserte, immagini notturne di città, interni di alberghi con gente immobile e in attesa. Con risultati vicini alla pittura metafisica del pittore italiano Giorgio De Chirico, anche Hopper dipinge situazioni irreali e vagamente misteriose: tutto appare immobile, silenzioso. Anche il tempo sembra essersi fermato. Le immagini hanno colori brillanti ma non trasmettono vivacità. Gli spazi sono reali, ma in essi c’è qualcosa di metafisico che comunica allo spettatore un forte senso di inquietudine e una sensazione di mistero. Nelle numerose tele che raffigurano interni domestici, con inquadrature quasi cinematografiche, Hopper si diverte a spiare ignari protagonisti mettendo in scena momenti di vita ordinaria. In questo articolo vi racconteremo i punti di contatto Hopper e Hitchcock, il grande regista del brivido.
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Alle opere di Hopper il grande regista Alfred Hitchcock, maestro del brivido tra le figure più influenti della storia del cinema, si ispirò molte volte. I paesaggi e l’architettura urbana americana, che popolano tanto le tele del primo quanto le pellicole dell’altro, sono il primo punto di contatto tra Hopper e Hitchcock. Basti pensare ai film Psycho (1960) e a House by a Railroad (1925), le cui scenografie sembrano richiamare gli edifici e le architetture dipinte da Hopper.
Nei luoghi nascosti, dipinti e ripresi da entrambi gli artisti c’è un filo conduttore: “il timore dell’essere visto e spiato”. Si può affermare che, il pittore newyorkese abbia inventato un nuovo modo di guardare e di “stare nel quadro”, che assume tratti cinematografici tanto da essere stato ripreso dal grande cineasta. Un esempio si riscontra nel quadro “Night Windows” (1928), in cui una donna, viene immortalata dall’esterno dell’appartamento mentre si occupa delle faccende di casa. Scontato citare “La finestra sul cortile” (1954), in particolare la scena in cui Jeff spia con un binocolo Miss Torso, la ballerina che vive nell’appartamento di fronte. Stessa scena, diverse prospettive, dove sempre vige la regola dell’occhio che spia.
La stessa immobilità degli oggetti e delle situazioni dipinte da Hopper si adatta anche alle figure, in genere ritratte isolate, come donne assorte nella lettura o con lo sguardo perso a guardare fuori dalla finestra. Le figure femminili trovano spesso spazio nelle sue opere. Cariche di significato simbolico, assorte nei loro pensieri, con lo sguardo perduto nel vuoto o nella lettura, le donne di Hopper trasmettono solitudine, attesa, inaccessibilità. La stessa che ritroviamo nelle attrici che sono state le muse bionde di Hitchcock. Come non citare il film “La donna che visse due volte” (1958), film in cui la ripresa della bellissima attrice protagonista, Kim Novak, sembra essere stata costruita facendo riferimento all’opera “Morning Sun” di Edward Hopper. Elementi come lo stesso taglio di profilo, la pettinatura simile, lo sfondo verde e il forte contrasto di luci e ombre sembrano essere usciti dalla tavolozza di Hopper prima di essere stati trasferiti nella pellicola di Hitchcock.