Il darvinismo universale e la coscienza delle macchine

In un precedente articolo abbiamo ‘sparato’ 76 genuine domande sul significato del nostro essere, della nostra etica e della nostra evoluzione, una di queste era: “le leggi del darwinismo dovrebbero essere estese anche alla tecnologia?” Esattamente: “è corretto escludere le macchine dalla teoria evoluzionistica?”.

Molti scienziati nominano come universal darwinism un approccio nel quale non limitano l’evoluzione alle leggi della biochimica; in sostanza in questa accezione più ampia tutto ciò che si può riprodurre, che può variare e che può subire un processo di selezione può rientrare più ampiamente in una teoria della evoluzione. In questo contesto non si è più vincolati al mondo organico.

Charles Darwin nel 1869.

La prima applicazione dell’universal darwinism è quella culturale. Gli uomini hanno idee, modi di operare, modi di fare, che sia una attività intellettuale o la creazione di una ricetta in cucina, che sia allevare i propri cuccioli oppure procurarsi dell’acqua potabile. Le idee si mescolano, variano, alcuni modi di fare sopravvivono, altri vengono abbandonati. Vi è una interessante teoria degli evoluzionisti in base alla quale si evince che l’uomo è un animale addomesticato, proprio come i nostri animali in casa. La mancanza di pelo, il fatto che i bambini sono del tutto non autosufficienti per molti anni, il fatto che anche in età adulta continuino a sembrare bambini, sia nelle sembianze che nel comportamento, sarebbero tutti indicatori che l’uomo è andato contro natura. Gli scienziati si spingono anche a segnalare che pure il parto, che non è più possibile che avvenga in modo naturale senza causare un grosso rischio per la salute della donna e del bambino, è un chiaro segno che l’uomo ha deviato dalla selezione biochimica ad un certo punto.

L’uomo sarebbe un animale addomesticato. Ma addomesticato da chi? Qualche studioso lascia vagamente alludere, pur formalmente escludendola, che forze aliene o una qualche forma divina possano essere intervenuti nella storia dell’evoluzione per addomesticare i nostri antenati e di fatto creare l’uomo come versione ‘sapiens’ di qualche tipo di scimmia. In effetti sono stati condotti studi scientifici sul fatto che se il cervello di un bambino non è sufficientemente acculturato nei primissimi mesi ed anni di vita poi non riuscirà ad inserirsi nella società, in casi estremi bambini svezzati da animali, a seguito di disastri, non hanno più recuperato da adulti le capacità cognitive tipiche dell’uomo. La comunità scientifica esclude per ovvi motivi che l’addomesticazione sia avvenuta per cause esterne e parla di auto-addomesticazione.

Vere Gordon Childe.

L’uomo è un animale evoluto dalla cultura, sebbene la stessa cultura sia prodotta dall’uomo (L’uomo crea se stesso, Vere Gordon Childe). Nell’uomo la cultura ha cambiato il comportamento e il comportamento ha cambiato la biologia. Con questa presa di coscienza nel ventesimo secolo molti scienziati hanno esteso la teoria evoluzionistica di Darwin del secolo precedente in un “darwinismo universale“.

The Bounty Killart, Love Me Tinder, 2016.

Giunti alla rivoluzione tecnologica si è di fronte ad un ulteriore salto. Da una parte il software può essere visto alla stregua di qualunque prodotto culturale. I programmatori di tutto il mondo collaborano creando nel mondo open source versioni sempre diverse dei software, si pensi ad esempio al sistema operativo Linux. Ogni minuto nascono fork, fusioni, modifiche, alcune versioni vengono tenute mentre altre vengono abbandonate. Tuttavia, rispetto ad un prodotto culturale tipico, con la tecnologia vi è una novità: la capacità esecutiva.

Tutti gli strumenti che l’uomo ha creato fino a prima dell’invenzione del computer erano strumenti usabili dall’uomo e prevedibili. Il tempo trascorso tra l’input e l’output era un tempo “umano”. Se metto una torta nel forno sarà pronta in 1 ora, se prendo un treno arrivo in 10 ore, tempi brevi rispetto ai tempi che servirebbero se non esistesse il forno o la locomotiva, certo a piedi metterei 3 giorni e non solo 10 ore. Oggi abbiamo creato strumenti che accorciano di milioni di anni (forse miliardi) il tempo che dovremmo impiegare per fare a mano la stessa cosa, questo cambia tutto.
La tecnologia oggi si basa sui big data e sulla statistica, la capacità dei computer di elaborare dati sta portando ai limiti estremi la velocità della computazione. Fare tantissimo in pochissimo tempo deve farci chiedere: “e ora che cosa accadrà?”.

Umberto Boccioni, Elasticità, 1912.


Grazie ai big data, alcuni algoritmi stanno studiando il DNA e stanno proponendo come alterarlo per avere mutazioni genetiche controllate, altre suggeriscono all’uomo i prossimi step culturali, ne abbiamo parlato nel precedente articolo citando Yuval Noah Harari, perché gli algoritmi conosceranno noi meglio di noi stessi.

Da queste considerazioni si evince che l’universal darwinism potrebbe essere allargato anche alle evoluzioni tecnologiche. Tuttavia dobbiamo prendere atto che la tecnologia sempre più spesso si confronta con altra tecnologia. Non sappiamo oggi se sarà mai possibile che la tecnologia ottenga una qualche forma di coscienza, ciò solo perché non siamo ancora in grado di descrivere con precisione cosa sia la coscienza, tuttavia l’evoluzione darwiniana è partita dalla chimica, che poi è diventata biologia e poi cultura. Nel 2018 alcuni ricercatori riportano come ‘mutazioni digitali’ possano essere annoverate come evoluzione digitale, mentre Gill Pratt si spinge a ipotizzare che stiamo entrando in una nuova esplosione cambriana (538 milioni di anni fa una serie di fenomeni favorì la nascita di molta diversità biologica). Gill nel suo paper descrive le possibili condizioni di questa rivoluzione, molte sono sotto i nostri occhi già oggi e quella che ci preme riportare qui è la velocità sempre maggiore con cui le macchine si scambiano conoscenza. Lo ripetiamo perché ne abbiamo già parlato, la matematica e la velocità computazionale porteranno a computare tutto ciò che sarà possibile.

Col senno di poi e vedendo la chimica e le leggi fisiche come il sistema operativo del nostro universo noto, potremmo invero dire che tutta l’evoluzione è basata su algoritmi, in primis biologici, poi culturali e infine digitali.

In copertina: Karin Andersen, Administracija, 2008.

le puntate precedenti di queste riflessioni su coscienza, pensiero filolosofico e intelligenza artificiale le potete trovare qua:

Dio è nei dettagli? No, nei computer. Un’ipotesi sull’uomo, la Natura e l’Intelligenza Artificiale

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