Il Palio di Siena tra arte e storia

Il drappellone consiste in un dipinto realizzato su seta, che ha la forma di un rettangolo allungato. Il Comune di Siena assegna la pittura del Drappellone ad un artista, tramite concorso o anche direttamente. L’artista, pur avendo libertà espressiva, deve rispettare alcune rigide regole: ogni Palio deve contenere i simboli dei vari governi che hanno amministrato Siena, dal Granducato di Lorena ai Granduchi di Toscana, dallo stemma sabaudo fino a quello della Repubblica, e una precisa iconografia che prevede alcuni simboli sacri. Circa una settimana prima di ogni palio, il Drappellone viene presentato pubblicamente, esponendolo così all’approvazione o ai fischi, del  pubblico presente.

Il Palio di Siena

Il Palio di Siena è conosciuto in tutto il mondo in quanto manifestazione storica, una corsa di cavalli in Piazza del Campo nella quale si sfidano 10 contrade due volte all’anno, il 2 luglio (Palio della Madonna di Provenzano) e il 16 agosto (Palio dell’Assunta). Il “palio”, o “drappellone”, chiamato dai senesi “cencio”, rappresenta il trofeo da consegnare alla Contrada vincitrice.

Al calar del sole il caldo ribolle sul tufo di Piazza del Campo e centinaia di persone, accalcate l’una sull’altra, attendono di vedere il drappellone che verrà mostrato nel cortile del Podestà, l’Entrone del Palazzo Pubblico, e da quel momento, incarnerà l’oggetto supremo del desiderio di dieci popoli (o contrade).

Che piaccia o meno che sia bello o brutto entrerà a far parte della storia, il più antico drappellone della concezione moderna, conservato dalla Nobile Contrada dell’Aquila, è datato 1719.

Per circa due secoli e mezzo, il Palio è stato raffigurato in modo molto standardizzato e non è stato considerato un’opera d’arte, tanto che i senesi chiamano quei drappelloni “palii panforteschi”, più adatti, cioè ad incartare panforti che a stare appesi al muro.

Questo fino al 1949, quando l’artista viene lasciato finalmente libero di esprimere il suo estro, anche se con le rigide regole di cui accennavo prima. Dipingere la seta è molto difficile tanto che alcuni artisti hanno addirittura rifiutato l’incarico.

L’ultima importante rivoluzione del drappellone risale al Palio straordinario del 21 settembre 1969, dedicato alla “conquista dello spazio” ed affidato al senese Mario Bucci.

Per i senesi i Cenci sono tutti uguali, belli o brutti, famosi o meno, e persino quelli del panforte, perché incarnano per tutti, il desiderio, la passione, il trionfo.
Per questo i contradaioli del Bruco stracciarono il “Palio della Pace”, nel 1945, perso da favoriti, oppure quelli della Giraffa che nel 1967 che portarono in trionfo un drappo di seta bianca con attaccato solo il bozzetto dell’opera di Bruno Marzi, che era stato rubato da un gruppo di studenti universitari e che fu restituito solo giorni dopo. La Contrada della Giraffa li conserva entrambi, uno di fianco all’altro.

Bruno Marzi, Palio del 1967

Ma anche se a Siena esiste un vecchio detto, che recita “Il Palio? Io lo prenderai anche bianco!” sicuramente viene apprezzato dai più anche per il suo valore artistico ed economico e sono conservati, ovviamente, nei musei di Contrada accanto ai più brutti drappelloni “panforteschi” con cui dividono l’amore dei contradaioli.

Tre giri di campo, poco più di un minuto, che determinano il cavallo vincitore. Non serve che il fantino arrivi in sella al suo destriero, è l’animale a determinare il successo. Chi trionfa vince il palio, i membri della contrada vincente, non appena viene proclamata tale, si dirigono sotto il palco dove è esposto e, tra lacrime e abbracci, lo reclamano a gran voce.

Tra i più amati sono sicuramente quelli di Renato Guttuso, Sandro Chia, Salvatore Fiume e Igor Mitoraj.

Renato Guttuso, Palio del 1971

Nel 1971 è chiamato a realizzare il Palio per la carriera di agosto, Renato Guttuso,  custodito in Via delle Vergini, un Palio sicuramente invidiato dalle consorelle e non solo, data l’importanza del pittore e la bellezza dell’opera, e che fu vinto dall’Imperiale Contrada della Giraffa.

Il Cencio racconta tutta la dimensione sociale del Palio, la sacralità della Madonna e la dimensione profana, rappresentata dalla raffigurazione della piazza, con i volti dei contradaioli immortalati durante i momenti della corsa, braccia che sollevano le bandiere delle contrade. Un momento sospeso nel tempo, un unico volto guarda verso di noi è l’autoritratto di Guttuso.

Sandro Chia, Palio del 1994

Il Palio del 16 agosto 1994 vinto dalla Tartuca, fu affidato a Sandro Chia, i senesi erano già pronti a fischiarlo, da uno degli esponenti di spicco della Transavanguardia si aspettavano qualcosa di provocatorio. E invece Chia stupì tutti e si attenne alla tradizione è infatti uno dei palii più apprezzati fra i contemporanei.

Salvatore Fiume, Palio del 1986

Nel 1986, in occasione del Palio Straordinario per la celebrazione del secondo centenario dell’istituzione della Comunità Civica di Siena, Salvatore Fiume ha l’incarico di dipingere il cencio vinto dalla contrada del Montone. È un’opera di grande impatto, visivo e comunicativo. L’azzurro, non ha sfumature, non ci sono nuvole, è piatto e porta lo spettatore a visualizzare il cavallo che padroneggia nel Drappellone, bianco e nero come I colori della città, veste la balzana e ne ricorda anche lo scudo attraverso le forme del collo insieme a quelle del muso. 

Igor Mitoraj, Palio del 2004

Nel drappellone realizzato per il Palio del 16 agosto 2004 , da Igor Mitoraj le pennellate di colore hanno la stessa forza di uno scalpello.
E nella preziosità del fondo oro, il volto della Vergine bellissimo, anche se velato di tristezza, sembra guardare più che la Festa senese l’umanità tutta, raffigurata in basso.

Una menzione speciale va fatta sicuramente al Palio del 1958 di Salvador Dalì.  Questo drappellone, creato dal famoso artista surrealista, è uno dei più iconici nella storia del Palio. Presenta una rappresentazione onirica e stravagante di Siena.

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