Per anni Maisara Baroud ha utilizzato la sua arte per sostenere cause umanitarie. Ora, gran parte di quel lavoro, insieme ai suoi strumenti, studio e casa, è scomparso, distrutto dai bombardamenti su Gaza City. Negli ultimi sette mesi, Baroud ha continuato a creare, nonostante non avesse più né casa né studio, documentando ciò che succedeva intorno a lui in una serie intitolata I’m Still Alive, Sono ancora vivo.
“La mia arte è un grido estetico che mostra l’umanità di coloro che soffrono, raffigurando le lotte delle persone in tutto il mondo, ma in Palestina in particolare”, ha dichiarato in un’intervista Maisara Baroud.
Ogni giorno l’artista ha pubblicato una nuova opera d’arte per far sapere ai suoi cari che è vivo e per superare il trauma di essere continuamente alla ricerca delle cose di cui lui e la sua famiglia hanno bisogno per sopravvivere.
Baroud condivide sistematicamente i suoi diari in bianco e nero sulle sue piattaforme di social media, creando una mostra continua di documentazione e protesta.
Dopo più di 200 giorni di bombardamento, Baroud ha realizzato centinaia di disegni, realizzati con inchiostro su carta, materiali semplici ma difficilmente reperibili in piena guerra.
Le crude immagini in bianco e nero immortalano gli orrori che Baroud e circa due milioni di abitanti di Gaza stanno vivendo.
Paesaggi urbani frastagliati, mostruosi carri armati, corpi che si avvolgono l’uno attorno all’altro, contorti in posizioni impossibili. Gli occhi delle figure sono chiusi, trasmettendo un senso di dignità. Le loro bocche a volte sono aperte per l’angoscia, altre volte sono risolutamente chiuse. I disegni trasmettono una sensazione soffocante di confinamento, frecce tagliano le pagine, puntando in direzioni contraddittorie.
“Le frecce si riferiscono alla bussola del sé, che è costellata da situazioni di emergenza impossibili da sopportare”, dice ancora Baroud. “Si riferiscono a tentativi di uscire da questa situazione. Sono guide per coloro che cercano un modo per sopravvivere al massacro in corso”.
Le opere dell’artista palestinese raccontano una storia di fallimento internazionale, delle difficoltà e della ricerca continua di sopravvivenza. Dal 7 ottobre tutto è cambiato, sia per i palestinesi che per gli israeliani. E allora per l’artista l’unico modo per superare tutto questo è stato quello di documentare attraverso la sua arte ciò che lo circondava, per rompere il blocco e in questo modo cancellare e sfidare i confini e le barriere. È anche l’unico modo per annunciare: “Sono ancora vivo”.
Le immagini di Maisara Baroud fanno anche parte di Foreigners in Their Homeland, una mostra di opere di artisti palestinesi, organizzata dal Palestine Museum US, presso il Centro Culturale Europeo di Palazzo Mora a Venezia, fino al 24 novembre.