Io Capitano, Odissea del presente con attimi di magia onirica

Il modo perfetto per raccontare un fenomeno cruciale del nostro tempo. La più cruda Odissea del presente segue le traiettorie di emigranti che fessurano il Sahara fino a Tripoli, davanti a quel magnete di rinascita verso l’Italia chiamato Mediterraneo.

Lungo questa linea Matteo Garrone abolisce voci di commento fuoricampo, usa la musica per diradare e mai per anabolizzare l’empatia, muove la cinepresa da occhio che vuole imparare e capire, si ferma sempre prima di dove andrebbe la parte “facile” del cinema, rispetta lingue e idiomi come un ponte di conoscenza cristallina… nel violento cammino cresce l’aura di un giovane essere dal cuore integro, uno stilema cristologico che privilegia “l’altro” e diventa eroe per caos, nel segno di un destino evangelico, da capitano coraggioso che porta tutti in salvo, urlando al cielo che è riuscito a non far morire nessuno durante la traversata.

Still dal nuovo film di Matteo Garrone Io Capitano

Garrone espone la pelle bruciata del vero senza ideologie, la verità così in essenza, così calda, così densa da accogliere il frangente onirico e renderlo carne di una rinascita umanitaria (quando il protagonista prende in mano una donna appena morta nel deserto e la fa volare come un aquilone materno e radiante, un momento di assoluta perfezione fotografica, un quadro pittorico che cattura l’istante in cui l’universo sembra parlare all’unisono). 

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