John Berger, “Questione di sguardi, Sette inviti al vedere fra storia dell’arte e quotidianità”

È indubbio che la nostra sia caratterizzata come “la società dell’immagine”. Pubblicità, internet, social media: tutto il nostro mondo è governato dalle immagini. Eppure, siamo sicuri di essere in grado di “leggere” correttamente le immagini nelle quali ci imbattiamo quotidianamente? Pubblicato per la prima volta nel 1972 e oggi ripubblicato da Il Saggiatore (John Berger, Questione di sguardi, Sette inviti al vedere fra storia dell’arte e quotidianità, pagg 166, euro 16), in questo libro fondamentale per le teorie estetiche che ne sono scaturite, John Berger, critico d’arte inglese difficilmente etichettabile scomparso nel 2017 (fu anche autore teatrale, saggista, giornalista e pittore), analizza la nostra incapacità di vedere in un mondo inondato da milioni di messaggi visivi, anticipando di molti decenni la deriva “spettacolare” dell’immagine a cui siamo abituati oggi coi social media.

John Berger

Cosa vuole dire guardare un’immagine? Lo “sguardo” è neutro o è già di per sé influenzato dalla nostra storia, dal nostro background, dai nostri pregiudizi estetici e morali? Un taglio che è estetico, sociologico, ma anche strettamente politico: da marxista tutt’altro che ortodosso, Berger annotava nel suo libro che “l’arte del passato non esiste più nelle forme in cui esisteva un tempo. La sua autorità si è persa. Al suo posto vi è il linguaggio delle immagini”. Ma – avvertiva il critico – “ciò che conta è chi oggi usa questo linguaggio e a quali fini”, giacché “un popolo o una classe che siano stati tagliati fuori dal proprio passato sono molto meno liberi si scegliere e di agire come popolo o classe di quanto non lo sia chi si è saputo situare nella storia”, e questo è il motivo per cui “l’arte del passato nel suo insieme è divenuta oggi una questione politica”. Le dinamiche di potere, di genere, di sopraffazione e di libertà all’interno delle immagini sono rilette in chiave critica e messe in discussione dall’autore, in sette saggi.

Guardare una pubblicità, un selfie (che allora non esistevano) ma anche un’opera del passato liberandola dalla sua cornice storico-ideologica è l’arduo compito messo in campo da questo saggio fondamentale, il cui titolo in inglese, Ways of seeing (“Modi di vedere”), è ripreso da quello dei documentari, realizzati sempre da Berger e trasmessi dalla Bbc negli anni Settanta, che avevano reso il critico popolare nel mondo anglosassone. Introduzione e viatico alla lettura delle immagini della storia e della contemporaneità, delle quali il critico seppe essere divulgatore originale e dissacrante, questo Questione di sguardi. Sette inviti al vedere fra storia dell’arte e quotidianità rimane tutt’ora un libro imperdibile e anticipatore di molti dibattiti e ragionamenti validi tutt’oggi. Una particolarità: se quattro dei saggi presenti nel volume sono scritti in maniera tradizionale, cioè con parole e immagini a complemento dei testi, altri tre sono composti… unicamente di immagini. Un invito a vedere oltre, e dietro, l’immagine.

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(A.R.)

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