Juergen Teller a Sabbioneta: l’intimità dello sguardo nel cuore del Rinascimento

Dal 13 aprile al 23 novembre 2025, Palazzo Giardino di Sabbioneta ospita 7 ½, mostra personale di Juergen Teller, tra le figure più rilevanti e irriverenti della fotografia contemporanea. Promossa dalla Fondazione Sabbioneta Heritage e curata da Mario Codognato, l’esposizione rappresenta il secondo capitolo di un progetto culturale che intende radicare l’arte contemporanea all’interno della città rinascimentale fondata da Vespasiano Gonzaga, oggi riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità. Dopo le grandi retrospettive di Parigi e Milano, Teller giunge a Sabbioneta con un progetto site-specific, concepito per l’architettura storica della Galleria degli Antichi e della Sala degli Specchi, tra gli spazi più straordinari del Rinascimento padano.

7 ½ è il titolo di un lavoro che si pone come autoritratto collettivo, come archivio personale reso pubblico. Raccoglie una selezione di fotografie realizzate negli ultimi anni, segnati da una profonda trasformazione creativa. Al centro di questo nuovo ciclo è il rapporto con la moglie e collaboratrice Dovile Drizyte, che ha inciso in modo decisivo sull’approccio dell’artista, contribuendo a uno spostamento d’interesse dal contesto glamour della moda a una narrazione più intima, diretta, familiare. Le immagini esposte restituiscono la quotidianità in tutta la sua crudezza e spontaneità, senza filtri estetici né composizioni studiate, rivelando l’essenza di una pratica visiva che rifugge la costruzione per abbracciare l’immediatezza del reale.

Lo sguardo di Juergen Teller si fonda su una grammatica precisa: frontalità, luce naturale, assenza di idealizzazione. La sua fotografia non cerca l’armonia, ma l’autenticità, anche a costo dell’incompiuto o del disturbante. È un’estetica che si oppone al perfezionismo dell’immagine digitale e si avvicina piuttosto alla tradizione documentaria, pur restando ancorata a un linguaggio visivo personale e riconoscibile. In questa esposizione, Teller amplifica la portata emotiva del suo lavoro, dando vita a una riflessione aperta sull’identità, il tempo, le relazioni, il corpo.

L’allestimento della mostra, progettato insieme a Federico Fedel, risponde in modo calibrato alla specificità degli ambienti. Nella Galleria degli Antichi, lunga quasi cento metri, le opere si dispongono in una sequenza orizzontale che segue la logica di un racconto continuo, dove ogni immagine si aggancia alla successiva, generando un flusso visivo interrotto solo dall’intervento dello spettatore. La fotografia non è pensata come oggetto da isolare, ma come frammento di un’esperienza collettiva e inclusiva. Nella Sala degli Specchi, invece, la verticalità dello spazio si fa contrappunto all’intimità delle immagini, che dialogano con affreschi e stucchi in un contrasto ricco di tensione e significato.

La mostra conferma il ruolo di Sabbioneta come luogo privilegiato per l’incontro tra patrimonio e sperimentazione. Se il Rinascimento di Vespasiano Gonzaga cercava di dare forma all’ideale di una città perfetta, l’opera di Juergen Teller smonta ogni pretesa di perfezione, rivelando la complessità del presente attraverso una pratica artistica libera da codici e convenzioni. Il suo lavoro si rivela particolarmente efficace in un contesto come questo, dove l’equilibrio classico dello spazio amplifica la forza dissonante dell’immagine contemporanea.

7 ½ rappresenta anche un’occasione per interrogarsi sullo statuto della fotografia nell’era post-digitale. In un mondo saturo di immagini, Teller sceglie la via dell’esposizione diretta, della vulnerabilità, restituendo alla fotografia la possibilità di essere gesto critico e non solo superficie da consumare. Le sue opere, mai neutralizzate dalla retorica, si offrono come strumenti per comprendere il nostro tempo, ma anche per smascherarlo, per ironizzare sulle sue contraddizioni, per osservarlo senza mai assecondarlo.

L’iniziativa rafforza l’identità culturale di Sabbioneta come crocevia tra memoria e innovazione, tra rigore formale e apertura alla sperimentazione. Accogliendo un artista come Teller, capace di coniugare profondità concettuale e radicalità visiva, la città dimostra di saper dialogare con i linguaggi del contemporaneo senza perdere il legame con la propria storia. Palazzo Giardino si trasforma così in un dispositivo attivo, un luogo in cui il passato non è cornice ma interlocutore, e in cui l’arte non è celebrazione, ma interrogazione costante dell’umano.

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