Dal 14 giugno la Fondazione Mudima presenta la prima personale a Milano dell’artista londinese Ksenia Pasyura “Dove il grottesco regna sovrano“. L’esposizione, visitabile fino al 12 luglio, presenterà circa trenta opere inedite che hanno come tema dominante il grottesco e il sublime. Queste tematiche spingono lo spettatore a riflettere sulla condizione umana e a guardarsi dentro.
Le tele esposte, ampie e immaginifiche, destrutturano le leggi dell’anatomia e della fisica per dar vita a forme corporee mutate: occhi strabordanti, gambe contorte e parti del corpo sospese in aria. Malgrado un’immediata impressione di vivacità e ironia, un’analisi più approfondita rivela uno strato di ambiguità e inquietudine. Tali figure, che rivelano simultaneamente fascino e repulsione, ci catturano, smontano e ricompongono, sfidando l’ordine logico e trasgredendo i canoni estetici tradizionali.
Nelle sue opere, Pasyura non si limita a una pura rappresentazione fisica; le figure ritratte spesso interagiscono con elementi come sigarette e fumi, in viste carnevalesche che sfidano le norme sociali dominanti. Questi dipinti elogiano il corpo nelle sue forme più dirette, portando l’osservatore a riesaminare i preconcetti legati ai canoni preconcetti dell’arte.
L’influenza del pensiero di Michail Bachtin sul canone grottesco e sul carnevalesco è palpabile nella pratica artistica di Pasyura. La sua capacità di fondere aspetti umoristici e caricaturali con un commento socio-culturale acuto provoca una riflessione sul potere moralizzante e trasformativo dell’arte, mentre le norme sociali convenzionali vengono messe in pausa, sfumando i confini tra varie tipizzazioni umane.
In un’epoca di incertezza e cambiamento continuo, l’arte di Pasyura emerge come una celebrazione della fluidità identitaria e di un esistere senza vincoli, esplorando temi come la trasformazione dell’io e la dissoluzione dei confini tra l’animo umano e il mondo esterno.
Ksenia Pasyura, con la sua mostra a Milano, invita così il pubblico a una riflessione profonda, non solo sulla propria arte ma sul ruolo dell’arte stessa nella critica e nella reinterpretazione del mondo contemporaneo. Le sue opere, unendo il bizzarro al quotidiano, si configurano come potenti strumenti di indagine e di critica sociale.