La Beat generation italiana in mostra a Vicenza 

Prorogata fino al 28 Luglio 2024 la mostra alla Basilica Palladiana che racconta la storia della Pop Art e della Beat Generation del Bel Paese

Con approfondimenti estremamente interessanti tra cui la storia dell’Antigruppo di Nat Scammacca, analizzato con particolare attenzione dal curatore dell’esposizione Roberto Floreani. Il titolo completo della mostra è: “POP/BEAT – Italia 1960/1979. Liberi di sognare”, in ricordo del sentimento propositivo di quegli anni. 

Un progetto che cerca di tracciare una linea comune tra artisti, letterati e musicisti che hanno caratterizzato un ventennio cruciale per il nostro Paese, superando le rispettive individualità nonostante alcuni non condividessero le classificazioni stesse di Pop e di Beat. 

Lucio Del Pezzo Mensola in rosso 1964 collezione Koelliker courtesy BKV Fine ART

Inoltre i due movimenti assumono in Italia caratteristiche differenti dalle suggestioni americane, quasi sempre indicate come determinanti a livello globale. Gli artisti nostrani si dimostreranno estremamente sensibili al paesaggio e all’avanguardia futurista oltre ad essere influenzati da un panorama sociale sensibile ai mutamenti politici e culturali nati nelle piazze, nelle strade, nelle fabbriche e nelle università. Dunque un panorama ben diverso da quello di molti creativi e scrittori americani entrati ben presto a far parte dello star system dell’epoca. 

<strong>Piero Gilardi Mais 1966 Courtesy Biasutti Biasutti Torino<strong>

Il percorso di visita vicentino, co-prodotto da Silvana Editoriale, si apre con la sezione Pop costituita da un centinaio di opere, soprattutto di grande formato, di 35 artisti tra cui Franco Angeli, Enrico Baj, Alik Cavaliere, Mario Ceroli, Lucio Del Pezzo, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Piero Gilardi, Renato Mambor, Fabio Mauri, Aldo Mondino, Ugo Nespolo, Pino Pascali, Michelangelo Pistoletto, Concetto Pozzati, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Tino Stefanoni, Cesare Tacchi e Emilio Tadini. 

Si passa poi all’approfondimento sulla Beat Generation italiana illustrata attraverso rari documenti dell’epoca di Gianni Milano, mentore di un’intera generazione, Aldo Piromalli, Andrea D’Anna, Gianni De Martino, Pietro Tartamella, Eros Alesi, Vincenzo Parrella e molti altri. In particolare si sottolinea come i fermenti culturali non riguardassero solo grandi capoluoghi come Milano e Torino, ma tutta la penisola arrivando fino in Sicilia grazie all’opera di Nat Scammacca.  

Nato a Brooklyn nel 1924, Scammacca tornò  sull’isola con il fratello alla fine della Seconda Guerra Mondiale ricercando le origini della sua famiglia. Si stabilì definitivamente in Italia nel 1963 iniziando l’attività culturale e co-fondando l’Antigruppo in chiara polemica con la Beat salottiera ed egemonica del Gruppo ’63, legato all’influenza dei grandi editori del nord e dei concorsi letterari. In mostra sono presentate tutte le pubblicazioni relative alla sua estetica filosofica populista. 

<strong>Renato Mambor Natura morta e materia 1966 collezione privata Firenze courtesy Tornabuoni Arte<strong>

Un punto di vista originale rispetto alle premesse americane che verrà bruscamente interrotto dalla diffusione delle droghe pesanti e dagli anni di piombo, come si evince dal materiale inerente il Festival di Castelporziano del 1979 che conclude l’esposizione.

Il percorso di approfondimento prosegue però in tutta la città grazie ad una serie di eventi collaterali proposti in alcuni dei luoghi simbolici di Vicenza come la Biblioteca civica Bertoliana, il Cinema Odeon e il Conservatorio di musica  “Arrigo Pedrollo”.

Il capoluogo di provincia veneto diventa così una sorta di caleidoscopio di memorie e sogni, un punto di incontro tra l’arte e la letteratura di un’epoca che ha saputo sfidare le convenzioni e tracciare nuovi orizzonti. La mostra “POP/BEAT – Italia 1960/1979. Liberi di sognare” non è solo un viaggio nel passato, ma un invito a riscoprire l’energia rivoluzionaria e la sensibilità artistica che hanno segnato un’Italia in fermento. Tra le sale della Basilica Palladiana e i vicoli della città rivive lo spirito di una generazione che, con coraggio e visione, ha scritto una pagina indimenticabile della nostra storia culturale. E mentre l’eco di quei giorni risuona ancora, l’esposizione ci ricorda che l’arte, come la vita, è un continuo divenire, un’incessante ricerca di libertà e di bellezza.

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