Ci sono fiori che si usano per dire quello che le parole non riescono a dire, fiori che sono diventati simbolo di lotte, storie, identità. La mostra curata da Franziska Stӧhr con Roger Diederen in collaborazione con Suzanne Landau al Chiostro del Bramante vuole urlare la delicata potenza dei fiori nella loro essenza fisica, nel loro valore simbolico-allegorico fino alla smaterializzazione digitale.
In un percorso che tocca cinquecento anni di arte, si è guidati in un viaggio nel tempo che non segue una direzione cronologica, non è una storia dei fiori nell’arte, ma un invito a ricentrare la nostra attenzione sulla più semplice espressione di bellezza, fragilità e perseveranza. I temi toccati sono vari: dai cambiamenti climatici ai diritti sociali, dal significato della bellezza al valore profano e spirituale che i fiori hanno assunto e mantenuto nel corso dei secoli.
Già dalle prime sale siamo portati a riflettere sulla fragilità di un sistema complesso di cui le inflorescenze sono contemporaneamente fondamento e risultato, l’ecologia è messa al centro in un immediato racconto disincantato che non vuole essere mascheramento della realtà, ma descrizione del destino verso cui l’umanità sta andando incontro sempre più velocemente e a cui si oppone il lavoro resiliente delle api, la cui attività inesorabile di impollinazione è in grado di essere anche forza creativa.
Dipinti di grandi nomi della storia dell’arte come Jan Brueghel il Vecchio e il preraffaelita William Morris e sculture contemporanee come le opere di Ai Weiwei e Kapwani Kiwanga si alternano a erbari, illustrazioni botaniche e teche entomologiche, istallazioni dello Studio Drift e di Miguel Chevalier si affiancano a opere site-specific come quella di Rebecca Louise Law fino alla fiabesca opera di Lee Baker e Catherine Borowski dove finalmente è concesso al visitatore di sdraiarsi, lasciarsi cullare dalla musica e dallo spettacolo visivo sopra la sua testa, ritrovando un senso di pace che solo attraverso la natura è possibile raggiungere. L’architettura elegante realizzata nel 1500 da Bramante è integrata nelle decorazioni espositive, la sua linearità rinascimentale è da subito trasformata in un giardino primaverile, mosso da una brezza leggera che accarezza la pelle e in cui possiamo camminare e interagire.
L’esposizione è corredata da un podcast firmato Alessandro Preziosi che invita a scoprire dettagli e significati profondi per legare l’esperienza di visita a sensazioni e consapevolezze e da un interessante corredo didattico il cui intento è catturare anche l’attenzione dei più piccoli.

Due esperienze sensoriali coronano il percorso, fin dall’inizio della mostra ci prendono per mano e ci guidano attraverso gli spazi espositivi. La prima è un’esperienza immersiva realizzata da Coldiretti, che racconta la biodiversità e la sua importanza nella sempre più pressante vita di città nell’ottica di una sostenibilità naturale e culturale. La seconda è un viaggio olfattivo pensato da Campomarzio70 che da subito stuzzica il naso caratterizzando gli ambienti e lasciandoci immergere completamente nell’esperienza di visita. Quattro fiori nobili alla base della profumeria caratterizzano singolarmente le diverse sale, il visitatore è invitato a domandarsi e voler scoprire i profumi che sente, fino all’ultima sala dove i quattro profumi si coniugano in una fragranza unica ancora più apprezzata se unita al naso all’insù necessario per osservare l’istallazione finale della mostra.
Flowers. Dal Rinascimento all’intelligenza artificiale è costruita attraverso un percorso espositivo tutt’altro che banale, l’estetica instagrammabile in cui la mostra avrebbe potuto facilmente esaurirsi è, invece, altamente efficace a accogliere il pubblico, vasto ed eterogeneo, in un ambiente familiare, esprimendosi con il suo stesso idioma. L’utilizzo di un linguaggio visivo e comunicativo contemporaneo e attualissimo è una precisa scelta curatoriale strumentale al contenuto della mostra e a veicolarne il messaggio. Scopo raggiunto come dimostrano l’immediata concentrazione con cui i visitatori si muovono nelle sale e interagiscono con le opere esposte e il silenzio incantato ma anche riflessivo che risuona a fine mostra. Le opere selezionate risultano esaustive e rispondono al difficile compito di riassumere tematiche impegnate che nella difficile capacità di concentrazione attuale rischierebbero di rimanere inascoltate.
Si cammina verso l’uscita della mostra controvoglia, non si vorrebbe abbandonare il senso di pace e serenità raggiunto attraversandone le sale e si è portati a voler rimanere ancora un po’ distesi sul prato variopinto a assimilare gli stimoli percepiti.
La bellezza dei fiori è universale e costante ma cambia la sua interpretazione perché plasmata nello spazio e nel tempo, il rischio è dimenticarci del fragile equilibrio che ne è alla base. La mostra ci invita a continuare a farci guidare nella nostra umanità, anche fuori dalle mura incantate del Chiostro, dal richiamo profumato della natura.