Quattro artisti contemporanei sono messi a confronto sul tema della morte e della sua svalutazione nella società moderna.
Quante volte sentiamo parlare di negazione, specialmente negli ultimi anni? Si tratta di uno dei principali meccanismi di difesa elaborati inconsciamente dall’uomo per gestire una realtà traumatica.
Nella nostra società occidentale ci troviamo spesso a fare i conti con pillole difficili da ingoiare, perché abbiamo tutto e stiamo davvero bene. Non siamo più abituati a rapportarci con il dolore (gestito all’interno degli ospedali) e neanche con la morte, poiché essa ha perso la sua funzione sociale. Per dirla come Philippe Ariès “ormai è generalmente ammesso che la vita è sempre felice o deve sempre averne l’aria”. Le immagini caricate sui social comunicano proprio questo!
Nel panorama artistico contemporaneo, diversi artisti hanno creato opere in cui la morte appare nascosta.
Andy Warhol
Le sedie elettriche (1971) e i teschi (1976-77), colorati e ripetuti dall’artista in maniera seriale, divengono immagini private del loro valore simbolico e svuotate nella loro drammaticità.
In Morgue Chocolates(1994) l’artista ha ricavato, da calchi di frammenti di cadaveri in obitorio, dei cioccolatini assortiti. Punti di sutura, lesioni e bruciature sono rielaborate in modo da emanare un odore ed un aspetto attraente. Il tutto inserito all’interno di una graziosa confezione!
Shanabrook ha giocato con i sensi dello spettatore, rendendo gustoso qualcosa di repulsivo.
Marc Quinn ha raccolto, a giro per il mondo, mille esemplari di fiori nel culmine della fioritura. Con essi ha costruito Garden(2000), uno stupefacente giardino. I fiori sono stati immersi in teche contenenti olio di silicone e a meno 20 gradi di temperatura. “Se si prende un fiore e lo si mette nel silicone, quello si congela immediatamente” spiega l’artista. “Ovviamente muore”.
In quest’opera la meraviglia del tumulto vitale appare massima, come una primavera generalizzata contenente una varietà di specie diverse nello stesso luogo. I fiori però sono morti e la primavera cela la presenza di un cimitero.
L’artista spagnolo ha creato, collaborando con un’équipe informatica guidata da Sergi Jordà, un robot umanoide capace di muoversi sotto gli stimoli sonori degli spettatori. L’opera si intitola Joan L’ Hombre De Carne(1992), ed è fatta di carne davvero! La struttura in poliestere è rivestita di pelle di maiale.
Anche in questo caso, la spettacolarità dell’artificio lascia poco spazio alla percezione della morte.
In tutte le opere però, essa traspare, ricordandoci la sua scomoda e vicina presenza. Lo scrittore e filosofo Georges Bataille ha definito la morte “la giovinezza del mondo³” per via della sua carica rinnovatrice, senza la quale, il mondo sarebbe un posto stanco e senza energia.
Pertanto, essendo due realtà collegate e indispensabili l’una all’altra, una società che ha perso il senso della morte è in grado di comprendere appieno il valore della vita?
Cover Photo Credits: Andy Warhol, Teschio, 1976-77