Chi sapeva che in passato La Biennale di Venezia dedicava una delle sue sezioni alle arti decorative, e in modo particolare all’esposizione del vetro muranese? Questo tema è il soggetto di 1912-1930 Il vetro di Murano e la Biennale di Venezia, la mostra visitabile nelle Stanze del Vetro di San Giorgio, fino al 24 novembre 2024.
L’esposizione, a cura di Marino Barovier, è realizzata grazie a materiale bibliografico raccolto attraverso la collaborazione con l’archivio Storico della Biennale di Venezia. “È stata necessaria la rivoluzione culturale degli anni Sessanta e Settanta per iniziare a riconoscere anche il vetro come forma artistica e non soltanto come manifattura artigianale” Team dell’Archivio del Centro Studi del Vetro.
L’Archivio del Centro Studi del Vetro, insieme al progetto Stanze del Vetro di Venezia, si pone l’obiettivo di riportare il vetro nel dibattito artistico internazionale, contribuendo a ridefinirne il ruolo nella cultura contemporanea.
Durante la settimana della Venice Glass Week, tra le molteplici iniziative promosse, è stato possibile accedere al suo interno: il più importante archivio del vetro veneziano del Novecento. Il Centro, fa parte del complesso della Fondazione dell’Isola di San Giorgio Maggiore, fondazione nata nel 1951, per volere di Vittorio Cini, con il desiderio di ricordare il figlio Giorgio, mancato a causa di un incidente di volo. Attualmente la Fondazione è un’istituzione culturale, che coniuga in sé la volontà di essere sia luogo di esposizione, sia luogo di ricerca per accademici e ricercatori, interessati a visionare e studiare i suoi archivi. Le attività e i progetti della Fondazione sono coordinati da Luca Massimo Barbero (Presidente), Marino Barovier, Rosa Barovier Mentasti, David Landau, Jean-Luc Olivié, Valerio Terraroli e Giorgio Vigna.
Nato nel 2012 nell’ambito del progetto Stanze del Vetro, all’interno dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini e con il supporto di Pentagram Stiftung, Il Centro Studi del Vetro opera per contribuire all’incremento dell’archivio generale del vetro veneziano – a disposizione della comunità scientifica nazionale e internazionale – nonché alla valorizzazione e al rilancio dell’arte vetraria del Novecento.
Il patrimonio dell’Archivio, composto da oltre 250 mila documenti, tra cui disegni, corrispondenza, cataloghi di produzione, articoli di stampa e fotografie, ricopre un arco temporale che da fine Ottocento giunge ai giorni nostri, continuando tuttora il suo ampliamento. Il Centro raccoglie materiali di diversa provenienza; si ricordano l’archivio della vetreria Seguso Vetri d’Arte, l’archivio dell’artista Vinicio Vianello, l’archivio Dino Martens, i fondi digitali di notә artistә contemporaneә, come Ginny Ruffner, Peter Shire e alcuni documenti dei progetti di Emmanuel Babled.
I materiali ceduti o acquistati dagli archivi storici e dalle collezioni artistiche delle vetrerie veneziane di Murano, rivestono una notevole rilevanza storica, artistica e scientifica, rappresentano un punto di riferimento per la valorizzazione del vetro contemporaneo e per lo sviluppo di percorsi educativi finalizzati alla sua comprensione. Con il suo contributo, il Centro Studi del Vetro porta avanti un meticoloso lavoro di raccolta, catalogazione e conservazione di materiale – per la maggior parte cartaceo – che ha come suo punto di orientamento Murano.
Mantenendo un approccio di aperto dialogo con il presente, i progetti vengono catalogati in modo da documentare la storia del vetro e i suoi cambiamenti. Si parla di un patrimonio in via di espansione, che mediante la produzione vetraria, offre una narrazione della storia contemporanea di Murano. A quest’affermazione, il Team del Centro: “Perché; se non con il vetro, c’è un altro modo per raccontare la storia di Murano?“.
Durante la visita all’Archivio sono diversi i nodi tematici che emergono dai dialoghi. Tra le questioni, si solleva il discorso legato al processo che ogni progetto – concepito da una mente – compie, dopo essere stato disegnato, per essere tradotto in oggetto fisico.
Dalla fine dell’800, designer, artistә, brand di design che lavorano con il vetro, sviluppano la loro idea attraverso un progetto. Quest’ultimo, viene mandato nelle fornaci muranesi, dove i maestri vetrai – quasi tutti uomini – lo trasformano in un prodotto fisico. Si tratta qui di un esempio di delega manifatturiera, in cui l’identità dell’oggetto varia in base alla sua finalità e destinazione: il pezzo potrà essere riconosciuto come prodotto di artigianato, di design o come opera d’arte.
Questa parentesi processuale, simile a un vaso di Pandora, solleva la diatriba attorno al concetto di riproducibilità di un oggetto e al valore attribuito all’abilità dell’artigiano nella creazione di ogni pezzo.
“Il discorso della sotto-catalogazione dei progetti nell’ambito della tradizione vetraria è complesso. Questo perché a differenza di chi concepisce il disegno di un progetto, chi lo realizza in fornace lo vive nella sua valenza in serie. Quindi come un pezzo tra molti altri” ; «Seppur con qualche eccezione, per i maestri vetrai ogni oggetto era considerato nel suo valore commerciale (…) gli unici progetti di cui le fornaci tenevano di conto, erano quelli dove i prodotti venivano esposti all’interno delle biennali; in quel caso spesso ponevano i disegno cartacei in cartelline a parte» ribadisce il Team. In tale prospettiva viene chiesto al Centro se, nella catalogazione dei progetti in archivio, venga fatta una distinzione tra progetti di artigianato, di design o di carattere artistico: “Queste sotto-categorie non sono distinte all’interno del nostro archivio (…) Noi consideriamo tutto in relazione a un soggetto principale: “la vetreria”. Non suddividiamo i progetti di un maestro o di una vetreria in base al loro possibile valore come opere d’arte o oggetti di artigianato. Questo compito lo lasciamo allə studiosə“.
Considerando che un bicchiere, un vaso o un calice di vetro hanno un chiaro valore utilitario, il vetro è stato indicizzato alla produzione commerciale, senza venire riconosciuto nel suo potenziale sperimentale. A Murano e a Venezia, il vetro e i suoi manufatti sono tendenzialmente associati a una produzione seriale e commerciale; negli ultimi vent’anni il fenomeno della mercificazione del vetro è infatti esploso, alimentato dal feticismo per oggetti venduti come souvenir turistici. Il Team sottolinea: “Quello che manca è la considerazione del vetro dal punto di vista storico (…) Le arti decorative, in cui è riconosciuta la lavorazione del vetro, non sono mai state trattate allo stesso modo delle cosiddette arti maggiori. Questo perché la lavorazione del vetro è sempre stata legata a una sfera commerciale“.
È possibile guardare il vetro in una dimensione sperimentale, che vada al di là della sua connotazione utilitaria e commerciale? Il Team: “Grazie ai materiali e ai documenti raccolti dal 2012, il Centro registra un crescente interesse da parte dellә studentә, che richiedono l’accesso ai suoi spazi per confrontarsi, studiare e sviluppare tesi di ricerca o progetti personali“.
La voglia di approfondire il discorso intorno a questo materiale nel contesto lagunare si manifesta per esempio nelle università. Le istituzioni accademiche come Iuav e Ca’ Foscari, con laboratori intensivi e corsi specifici, invitano lә studentә a esplorare il rapporto tra vetro e innovazione digitale – con una coscienza contemporanea – dimostrando come l’arte vetraia possa diventare un terreno fertile per progetti di ricerca e innovazione, forse, davvero in grado di relazionarsi con le sfide del presente.