Al Museo della Permanente di Milano si è svolta la 23° edizione del prestigioso Premio Cairo, uno dei più autorevoli e prestigiosi premi in Italia dedicati alla promozione dei giovani artisti. Nato nel 2000 dalla volontà del presidente Urbano Cairo per far conoscere al pubblico nuovi protagonisti, nuove tendenze e nuovi linguaggi presenti nella ricerca d’arte contemporanea, è ormai riconosciuto come un importante trampolino di lancio che offre agli artisti l’occasione di consolidarsi nel panorama artistico nazionale ed internazionale.
In questa 23ª edizione si è aggiudicato il primo premio il giovane artista Giuseppe Lo Schiavo, nato a Vibo Valentia nel 1986, conosciuto anche come GLOS, con l’opera inedita Self Neural Portrait. Sebbene la mostra dei 20 finalisti sia evidentemente dominata dal linguaggio figurativo e da una predominanza del virtuosismo pittorico, l’opera vincitrice è espressione di una “fotografia sintetica”, ovvero una tecnica che non utilizza il tradizionale apparecchio fotografico, bensì metodi di arte digitale basati sul computer.
L’annuncio della vittoria di Giuseppe Lo Schiavo non mi giunge sorprendente. L’ho pronosticato proprio qualche minuto prima all’artista sia perché apprezzo la progettualità analitica e scientifica che sottende il lavoro di Giuseppe Lo Schiavo, sia perché l’arte digitale è una delle tendenze di questa nuova era, che impone sfide e riflessioni nuove assieme all’utilizzo di strumentazioni del tutto diverse.
Proprio poche ore prima dello svolgimento della premiazione del Premio Cairo si svolgeva infatti il talk intitolato “Arte e digitale: in viaggio tra percezione e coscienza” presso il Centro Svizzero di Milano, che si interrogava sui nuovi paradigmi per il mondo dell’arte digitale alla presenza della neo-direttrice del Museo Nazionale dell’Arte Digitale, Mariapaola Borgarino, e della fondatrice e presidente MEET – Digital Culture Center Maria Grazia Mattei.
Giuseppe Lo Schiavo è un artista che rispecchia i cambiamenti di questa nuova era. La sua ricerca sfrutta da anni database e tecnologie di Intelligenza Artificiale per creare le sue synthetic photography, come nel caso dell’opera Apollo presentata in occasione della mostra “L’opera d’arte nell’epoca della Intelligenza Artificiale”, a cura di Chiara Canali, Rebecca Pedrazzi e Davide Sarchioni, nell’ambito di PARMA 360 Festival. L’opera Self Neural Portrait prosegue e sviluppa la serie delle Windowscapes dove Giuseppe Lo Schiavo presenta finestre sul mondo che guardano a elementi naturali come mare, alberi e tramonti, creando immagini iperrealistiche che sfidano i confini della fotografia tradizionale.
In questo caso osserviamo un mare impetuoso che incombe fuori da una finestra spalancata. Accanto all’opera è posizionato il report di un elettroencefalogramma, realizzato da Alberto Sanna, direttore del Centro di ricerca sulle tecnologie avanzate del San Raffaele di Milano, ed eseguito sull’artista stesso mentre osserva la proiezione digitale dell’immagine da lui prodotta, suggerendo così un parallelo tra le onde del mare e quelle cerebrali.
Questo esperimento, come riportato nel Rapporto di analisi EEG, mira a esplorare le reazioni neurali dell’artista. Utilizzando la tecnologia EEG (elettroencefalogramma), è stata registrata la risposta del cervello dell’artista, concentrandosi sui livelli di stress e attenzione. In particolare, l’analisi ha riportato un aumento significativo dell’attività Beta, nelle regioni frontale e parietale, durante i momenti di intensa concentrazione sugli intricati dettagli dell’opera d’arte, che suggerisce coinvolgimento emotivo accresciuto.
Allo stesso tempo, le onde Theta, associate al rilassamento e al pensiero profondo, erano prevalenti durante gli intervalli in cui l’artista sembrava impegnarsi in uno sguardo più introspettivo e contemplativo.
Questa fluttuazione indica che l’opera d’arte non solo ha sfidato l’artista cognitivamente, ma ha anche consentito momenti di alternanza mentale, creando una danza ritmica tra analisi attiva e osservazione passiva.
L’opera vincitrice è stata scelta dalla prestigiosa giuria presieduta da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, presidente dell’omonima Fondazione di Torino, coadiuvata da esperti di grande autorevolezza del mondo dell’arte; Luca Massimo Barbero, direttore Istituto di Storia dell’Arte-Fondazione Giorgio Cini di Venezia; Ilaria Bonacossa, direttrice del Palazzo Ducale di Genova; Bruno Corà, Presidente della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri di Città di Castello; Lorenzo Giusti, direttore Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea (Gamec) di Bergamo; Gianfranco Maraniello, direttore Polo Museale del Moderno e Contemporaneo del Comune di Milano; Renata Cristina Mazzantini, direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma; e infine il maestro Emilio Isgrò, inventore della “cancellatura”, uno dei protagonisti italiani più autorevoli a livello internazionale nel mondo dell’arte contemporanea.
La mostra d’arte contemporanea del Premio Cairo è visibile dal 15 al 20 Ottobre 2024 presso il Museo della Permanente, con le 20 opere inedite della 23ª edizione e quelle della collezione Premio Cairo (Thomas Berra, Chiara Calore, Tomaso De Luca, Pietro Fachini, Emilio Gola, Giuseppe Lo Schiavo, Giulia Maiorano, Giulia Mangoni, Pietro Moretti, Matteo Pizzolante, Aronne Pleuteri, Vera Portatadino, Carlo Alberto Rastelli, Marta Ravasi, Adelisa Selimbašić, Davide Serpetti, Arjan Shehaj, Luca Staccioli, Maddalena Tesser, Flaminia Veronesi) e una retrospettiva delle opere vincitrici delle precedenti edizioni.