Le ciclicità solenni di Gabriella Locci alla Galleria Comunale di Cagliari

“L’arte è partecipazione attiva nello scorrere del tempo, accompagnata dal continuo rinnovarsi alla scoperta di nuovi linguaggi. Il viaggio dell’opera e della vita è un viaggio interiore e nella memoria; è il racconto delle tracce transitorie o permanenti che definiscono una storia di sogni visionari e accadimenti; è la consapevolezza del passato ovvero di quei luoghi, concreti e mentali, che abbiamo attraversato. È il Tempo che accompagna il mistero della vita. Ma il viaggio non finisce mai perché la sua fine è solo l’inizio di un altro” – Gabriella Locci. 

Sono gli esiti di un percorso artistico lungo oltre vent’anni quelli in mostra alla Galleria Comunale di Cagliari. Sono le opere di Gabriella Locci, artista cagliaritana impegnata nella ridefinizione dell’arte grafica attraverso la combinazione di linguaggi artistici di diverse forme espressive. La Galleria accoglie la ciclicità di Locci in una sala che si apre su uno spazio, ora quadrato ora circolare, trasformato in una grande installazione attraverso il dominio di tre grandi opere eterogenee ma comunque collegate dalla profondità del significato. Queste sono accompagnate da piccole opere che continuano il senso del discorso sulla memoria, il tempo e la visionarietà. 

La sala espositiva, suddivisa in due ambienti distinti, acquista coesione grazie al pavimento, dove un ovale di moquette nera stabilisce un collegamento visivo. Un video esplora la visione che accompagna opera e spazio e costituisce il fondamento dell’intera creazione: Sotto e sopra l’acqua è rosso è stato prodotto durante il momento in cui l’opera è stata lanciata in mare per rappresentare un viaggio simbolico; proiezione di ombre nel mare da cui deriva un’opera intrisa di salsedine del mare di Calasetta. 

La mostra Bisus: La memoria e l’ombra del tempo, a cura di Olga Scotto di Vettimo, aperta fino a novembre 2024, diventa luogo di scambio di dimensioni temporali e terrene con cui l’artista sperimenta: Locci avvolge e immerge la struttura non convenzionale delle tele, disposte come un tetris di segni grafici rossi neri e bianchi; il suo studio di sperimentazione, che sembra aprirsi al pubblico della Galleria, è un luogo di scambio metodologico e di insegnamento che favorisce che favorisce approcci liberi e creativi.

Tale riflessione, operata partendo dal senso grafico e incisorio tipico della sperimentazione degli ultimi quindici anni di Locci, ha portato un movimento dinamico della vita nelle tele. In particolare Il senso infinito delle cose (2023) si propone come soluzione installativa mantenendo comunque l’essere bidimensionale per natura: tre tele che ne compongono una singola, il senso di un segno nero ovale che dal nero più scuro viaggia verso la purezza del bianco per poi ritornare su se stesso. 

“L’incisione diventa architettura, oggetto, installazione” sostiene l’artista. È il caso di Mappa del viaggio / Memoria (2011) che con una tecnica mista di incisione ci parla del nostro primo viaggio, quello vitale di fuoriuscita dal corpo di una donna per ritrovarci al mondo per la prima volta. Come se Gabriella Locci, con Bisus, ci proiettasse, immergendoci, nella visione di un mondo primordiale ridefinito dai suoi significativi segni grafici che graffiano e accarezzano le tele

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