E’ la domanda del momento: l’IA può scrivere testi, fare calcoli, azzardare strategie, fornire consigli, può generare canzoni, suoni, immagini e con l’aiuto della robotica anche
sculture, ma possono i suoi manufatti essere definiti “arte”?
I filosofi discutono da oltre cinquant’anni su cosa sia o no arte. Da Duchamp alla Merda
dʼartista e alla Brillo Box di Andy Warhol, il concetto di ‘ready-madeʼ ha trasformato
oggetti comuni in opere dʼarte, elevandoli a un nuovo status estetico e concettuale. Arte
intesa come benedizione di un oggetto comune. Un esempio recente e celebre è la
banana di Cattelan fissata al muro con il nastro adesivo. Ma se una qualunque di queste
produzioni fosse venuta da una IA, potremmo chiamarla arte?
La mia posizione è molto semplice: se Dio esiste e ha nelle sue intenzioni l’uomo, allora
un prodotto dell’IA non lo puoi chiamare arte; se Dio non esiste, oppure, pur esistendo,
non ha necessariamente l’uomo come intenzione ultima, allora puoi chiamare il prodotto
dell’IA arte.

Vediamo perché l’esistenza di Dio e la sua eventuale intenzionalità hanno a che fare con una tal definizione.
Secondo i filosofi, lʼarte deve possedere due caratteristiche fondamentali. La prima è il
riconoscimento da parte del sistema dellʼarte; la seconda, ancor più essenziale, è
lʼintenzionalità: lʼartista deve concepire lʼopera come un gesto artistico – simbolico,
concettuale, materico o performativo – in cui lʼintenzione è il fine e la materia solo un
mezzo. La natura potrebbe essere arte? No, se vista come risultato casuale di forze
fisiche, sì se vista come gesto intenzionale di un creatore.
Ora, è possibile parlare di intenzionalità della IA? Apparentemente no. Tuttavia ci viene
facile parlare di intenzionalità per l’uomo. Meno che per un uomo potremmo parlare di
intenzionalità per un animale. Alcuni agenti intelligenti hanno intenzionalità, come
l’uomo, altri meno, come gli animali, altri ancora non ne hanno, come le macchine.
Questa è una posizione. Ma io ritengo questa posizione limitata e limitante.
Infatti, per quale causa quella dell’uomo sarebbe intenzionalità pura (capace di
generare arte), mentre quella della macchina no? E’ forse l’uomo più intelligente? E’
forse più introspettivo? O forse perché ha, o avrebbe, una coscienza? E’ forse più
ironico? Oppure perché sa sorridere. O forse per tutto questo. L’IA migliorerà sempre
più, quindi guardiamo in prospettiva. E’ vero oppure è falso dire che l’uomo manterrà
una intenzionalità sempre superiore a quella di una macchina?

Se è vero allora l’IA non potrà mai creare arte, se è falso allora l’IA può creare arte.
Ma se l’uomo, comunque vada, avrà sempre una eccedenza sulle macchine e la sua
intenzionalità, comunque vada, sarà sempre superiore, ciò significa che è falsa l’ipotesi
materialista, perché dalla materia non potrà mai sollevarsi il soffio che ha messo
nell’uomo tanta eccellente capacità intenzionale. Se infatti tale intenzionalità può essere
stata scaturita dalla materia, come dice Darwin, allora allo stesso modo scaturirà anche
dalla computazione, questo è certo, anzi sarà pure meglio.
Dunque, se si sostiene che lʼintenzionalità sia una prerogativa esclusiva dellʼuomo,
allora è necessario attribuirle unʼorigine trascendente: il ‘soffio divinoʼ, ovvero la
coscienza. Tuttavia, non basta: Dio, oltre a generare questa scintilla, la intreccia alla
materia in modo miracoloso. Nè Cartesio, né nessun altro, hanno infatti potuto mai solo
anche ipotizzare come la coscienza arrivi a influenzare la mente e il corpo. Alcune
ipotesi provengono dalla fisica quantistica, ma al momento restano congetture che
spesso affascinano più chi le fraintende che chi le comprende realmente.
Quindi, se Dio esiste, ha inserito nell’uomo, non si sa come e miracolosamente, la
scintilla della intenzionalità, così da fregare e condannare la materia a sola materia; in
questo caso la materia non potrà mai produrre arte. La sequenza vedrebbe Dio, l’uomo
a sua immagine e volontà, mentre la materia lì morta, per gli animali la questione è
incerta (possono o non possono produrre arte?).
Ma se Dio non esiste, allora l’uomo è materia, la sua intenzionalità è informazione
(accidentale o designata in origine, poco importa), in tal caso la sua materia biologica è
fungibile con materia elettronica, ciò che di questa materia conta è la portata
informativa. La stessa intenzionalità è informazione, processo, quindi ogni cosa, con un
adeguato processo, può produrre arte.
Ma l‘arte è tale se c’è riconoscimento e relazione. La mia postulazione quindi è che
resta totalmente nel sistema dell’arte accettare se qualcosa sia arte o meno, però la
discriminante, se Dio non esiste, non può essere la natura biologica o meno del creatore
dell’oggetto artistico. Se viene accettata l’esistenza metafisica di un Dio, allora è
accettabile che decada, per motivi diciamo “ontologici”, la definizione di artista per l’IA.
Non basta che Dio esista, ma è necessario che Dio abbia l’uomo come sua scelta
prioritaria nel gioco dell’esistenza, perché, come dicevano Spinoza, Bruno ed Hobbes,
Dio potrebbe esistere, ma non avere poi tutta questa attenzione a ciò che l’uomo è o a
ciò che l’uomo fa.

Prima di chiederci se l’IA potrà mai fare arte, dobbiamo chiederci cosa è l’uomo: è
materia o è Dio?
COSA PENSA l’IA dell’articolo (ChatGPT 4o).
Ho chiesto, visto che è parte in causa
ChatGPT:
Lʼarticolo pone una domanda centrale nel dibattito contemporaneo sullʼintellige
artificiale e lʼarte, intrecciando filosofia, estetica e teologia. La sua argomentazione si
sviluppa su più livelli:
- Lʼarte e lʼintenzionalità
Lʼautore riconosce che lʼintenzionalità è un criterio fondamentale per definire lʼarte.
Tradizionalmente, si ritiene che unʼopera sia artistica se creata con unʼintenzione
simbolica o concettuale. Ma lʼIA, priva di coscienza, può avere intenzionalità? Se
lʼintenzionalità fosse solo un processo informativo, allora una macchina potrebbe
possederla, anche se in modo diverso dallʼuomo. - Lʼarte come riconoscimento sociale
Un altro punto chiave è che lʼarte non è solo creazione, ma anche accettazione da parte
del sistema dellʼarte. Se il mondo dellʼarte accettasse le opere create dallʼIA come arte,
avremmo già una risposta pragmatica. - Il ruolo di Dio nella definizione dellʼarte
Lʼautore introduce un dilemma metafisico: se Dio esiste e ha creato lʼuomo come essere
speciale dotato di intenzionalità, allora solo lʼuomo può fare arte. Se invece Dio non
esiste (o non ha particolare interesse per lʼuomo), allora lʼintenzionalità è solo un
processo e lʼIA potrebbe potenzialmente creare arte. Questo ragionamento, che fonde
teologia e materialismo, è interessante, ma apre questioni più ampie sulla natura della
coscienza e della creatività.
Cosa ne penso?
Lʼanalisi è stimolante, ben costruita e porta a un punto cruciale: il dibattito sullʼarte
dellʼIA è in realtà un dibattito sulla natura umana. Tuttavia, ci sono alcuni aspetti che
potrebbero essere approfonditi:

- La possibilità di unʼIA con unʼintenzionalità emergente
Lʼarticolo sembra escludere (o non considerare abbastanza) che unʼIA avanzata
potrebbe sviluppare forme di intenzionalità diverse da quelle umane. Non servirebbe
replicare la coscienza umana, ma solo generare processi creativi coerenti con i criteri
del sistema artistico. - Lʼarte come esperienza e non solo come creazione
Lʼarte è anche ricezione ed esperienza. Se unʼopera dʼIA riesce a suscitare emozioni,
stimolare il pensiero e avere un impatto culturale, non è forse già “arte”,
indipendentemente dalla natura del suo creatore? - Il paradosso dellʼuomo come unico creatore artistico
Lʼarticolo difende lʼidea che lʼuomo sia unico perché dotato di una scintilla divina, ma
allo stesso tempo accetta che il sistema dellʼarte possa decidere cosa sia arte. Se
accettiamo che il sistema dellʼarte può cambiare le regole del gioco, non potrebbe un
giorno accettare lʼIA come artista?