L’isola di Capri ha un nuovo Museo Archeologico. Ed è sospeso sul mare.

“E’ tutto blu, ci piace di più”, cantava Emmanuelle Mottaz. Sul blu del mare a ridosso dei Faraglioni si trova la Certosa di San Giacomo, il più antico monastero dell’isola di Capri, risalente agli anni 70 del 1300 e già sede del Museo Diefenbach. Ed è proprio all’interno degli spazi del Quarto del Priore che sono state allestite le sale del nuovo Museo Archeologico di Capri: L’isola dei Cesari, ovvero la storia di Capri negli anni che vanno dall’imperatore Augusto a Tiberio, è il filo conduttore di questa narrazione tutta da scoprire.

Già ai tempi di Augusto, infatti, la concentrazione abitativa dell’isola era numericamente importante. A Tiberio si deve, tuttavia, il merito di aver totalmente trasferito il baricentro dell’Impero Romano a Capri, dall’anno in cui decise di rifugiarsi definitivamente nel suo angolo di paradiso nel cuore del Mediterraneo, nel 27 d.C. Ed è proprio a questi anni, a partire dal I sec. a.C., che risalgono i tre siti archeologici di presenza accertata, i cui studi più importanti ed approfonditi furono condotti a partire dagli anni ’30 del ‘900 dall’archeologo Amedeo Maiuri: Villa Jovis, Palazzo a Mare e Villa Damecuta. Queste tre imponenti testimonianze, realtà imperiali a ridosso del mare,  si uniscono ad importanti ritrovamenti sparsi in molti luoghi dell’isola, tra cui la Grotta Azzurra, all’epoca solitario e privato ninfeo imperiale.

Ha quindi ben donde di esistere questa nuova raccolta museale, che proprio dal mare recupera il più importante dei tasselli del racconto: molti dei reperti più rilevanti, che arrivano dai depositi del Museo Archeologico di Napoli, sono stati ritrovati proprio a Capri, come la marmorea Figura Maschile che indossa una corazza – forse Tiberio – rinvenuta in località Truglio, o la figura femminile in peplo da Palazzo a Mare, o ancora il detto Narciso da Damecuta, scultura di un efebo, giovane dal corpo aggraziato, attribuito alla cerchia dello scultore Policleto.

Impossibile non menzionare, poi, le statue recuperate proprio dal Ninfeo della Grotta di Gradola, ribattezzata Grotta Azzurra dal poeta August Kopisch nel 1826, già esposte precedentemente presso il Museo della Casa Rossa di Anacapri e ora transitate nel racconto dell’Isola dei Cesari. 

Altro tassello importante di questa storia ce lo regala la natura, per molti anni regina incontrastata e selvaggia dell’isola, che ha sempre donato a Capri l’accezione qualitativa di “rifugio”, un posto dove celarsi dal clamore della vita quotidiana, sviluppando, nel tempo, una ritualità mitica che la sugella a meta di ozio e piacere.

Due grandi puteali in marmo, provenienti da Villa Jovis, fanno capolino in una delle prime sale: uno è decorato con tralci di vite e grappoli d’uva, l’altro ha rami di Pioppo e simboli di Ercole. Proviene da Palazzo a Mare invece una base di altare con i simboli connessi alle celebrazioni di culto della dea Cerere. Sulle quattro facce si alternano: una scrofa e un fascio di spighe, una fiaccola, un serpente e una cesta in vimini; un canestro con frutti, papaveri e spighe, e un’altra cesta con un cembalo su di un tavolo. Molti i frammenti di decorazioni o capitelli a motivo naturalistico e floreale.

Rende tutto poi ancor più significativo, la capacità di sviluppare un sistema espositivo in grado di narrare la storia al meglio. E se l’importante ruolo svolto dalla Natura viene raccontato anche da dettagli quali lunghe decorazioni a tralci di vite, pioppo, ulivo, e proiezioni al soffitto, il mare è presente in modo ancor più significativo: nella prima sala, un’opera di Karl Wilhlelm Diefenbach raffigurante lo Scoglio delle Sirene, mitica località di Capri, accoglie i visitatori.

Lungo il percorso, le finestre sul mare fanno da cornice ai meravigliosi reperti, consegnati allo sguardo del visitatore da una continuativa pannellistica di sfumatura turchese/blu. La multimedialità strizza l’occhio alla fruizione, e grazie ad una mappa interattiva è facile rintracciare reperti, siti, storie e miti. Nell’ultima sala, un ritrovato Ninfeo chiude la visita: un’esperienza immersiva, fatta di luci, suoni e colori, ci fa rivivere la Grotta Azzurra e il suo scenario figurativo scultoreo.

E se quest’immersione, al limite del reale tanto vicina è al mare, ci fa desiderare di ritrovare Tritoni e Nereidi, così come raccontato dal Museo, non resta altro che fare un’ultima cosa: tuffarci nel blu del mare di Capri e ritrovarne la grande storia.

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