“Esplorazioni, ricognizioni e mappature dell’arte italiana. Tentativi periodici di fare il punto della situazione, ovvero il piacere di compilare elenchi”. Così si intitola il pezzo che il nostro collaboratore Ivan Quaroni ha scritto come commento della mostra Pittura Italiana oggi attualmente in corso alla Triennale di Milano.
Voglio iniziare con una cosa che in un articolo non si dovrebbe proprio fare: un elenco! Proprio così, una enumerazione randomica di assenze dalla cosiddetta “mappatura” della pittura italiana odierna, curata da Damiano Gulli alla Triennale di Milano.
Eccolo: Andrea Mastrovito, Filippo La Vaccara, Agostino Arrivabene, Giovanni Iudice, Emanuele Giuffrida, Elisa Filomena, Giuliano Sale, Dario Maglionico, Chiara Sorgato, Ettore Pinelli, Ignazio Schifano, Mattia Barbieri, Cosimo Casoni, Paolo Bini, Giuditta Branconi, Giulio Zanet, Vanni Cuoghi, Giuseppe Veneziano, Barbara Nahmad, Giovanni Manunta Pastorello, Monica Mazzone, Paolo De Biasi, Nicola Caredda, Fabio Giampietro, Giovanni Motta, Gabriele Arruzzo, Umberto Chiodi, Debora Hirsch, Manfredi Beninati, Sarah Ledda, Marco Fantini, Patrick Tabarelli, Luca De Angelis, Mirko Baricchi, Simone Pellegrini, Irene Balia, Massimiliano Zaffino, Sergio Padovani, Michael Rotondi, Dany Vescovi, Federico Guida, Laurina Paperina, Sabrina Milazzo, Nicola Nannini, Marica Fasoli, Ilaria Del Monte, Anna Caruso, Ettore Tripodi, Milena Sgambato, Samanta Torrisi, Silvia Mei, Matteo Nuti, Ettore Frani, Esther Grossi, William Marc Zanghi, Matteo Tenardi, Elena Monzo, Adriano Annino, Chiara Calore, Giuseppe Gonella, eccetera, eccetera, eccetera… Potrei continuare, ma mi fermo qui.
Il fatto è che chiunque legga questa mia frettolosa lista noterà, per prima cosa, i nomi che a suo avviso mancano e che io, ingiustamente, ho dimenticato oppure ho intenzionalmente omesso. Qualcun altro troverà di scarsa qualità molti degli artisti e altri ancora si lamenteranno del fatto che i nomi sono troppi o che sono scarsamente rappresentativi dello status della pittura italiana.
Sono, più o meno, le stesse critiche che vengono mosse in questi giorni al curatore della mostra Pittura italiana oggi, titolo che riecheggia quello del fortunato volume Pittura oggi di Tony Godfrey, pubblicato dalla londinese Phaidon press ormai nel lontano 2010.
Tutte le volte che un curatore si propone di fare una ricognizione della scena artistica le polemiche non mancano e le critiche sono, ogni volta, prevedibili.
Chi ha la fortuna e la bravura di poter dire la sua viene puntualmente attaccato e, dunque, non stupisce leggere in questi giorni critiche più o meno esplicite all’operato di Damiano Gulli. È un vecchio gioco a cui è evidentemente impossibile non partecipare, soprattutto in un paese, come il nostro, da sempre diviso in tifoserie. Io stesso, mi sono trovato, talvolta, a partecipare a queste battaglie ideologiche veramente stucchevoli: pittura contro concettuale, video contro pittura, digitale contro analogico, pittura fighetta contro pittura popolare, astrazione contro figurazione, pittura di buon gusto contro pittura kitsch, arte intelligente contro arte stupida… devo continuare? Dal punto di vista mediatico, lo sappiamo, la contrapposizione paga. Le liti funzionano, più dei discorsi approfonditi. Le battaglie ideologiche irretiscono le menti più pigre offrendo opzioni di scelta semplici e pronte all’uso.
Quando un curatore fa le proprie scelte e si espone è automatico che, per invidia, per stizza, per il puro piacere di criticare o anche per supposte ragioni nobili (anche se adesso non me ne viene in mente nessuna!), qualcuno muova delle critiche più o meno circostanziate. È una cosa assolutamente normale, perfino giusta, il fatto che si crei un contraddittorio, sebbene raramente, mi sia capitato di leggere delle critiche oggettive o disinteressate. Più spesso ho osservato, invece, il solito schema di squadre contrapposte e l’inveterata abitudine al pensiero binario. Finché continueremo di questo passo la pittura italiana resterà, tranne qualche rara eccezione, dove è stata negli ultimi tre/quattro decenni, cioè nelle retrovie del panorama internazionale dell’arte. E il motivo è da ricercarsi in questa congenita incapacità di fare squadra e di superare le ragioni campanilistiche di ogni fazione.
La rassegna di Damiano Gulli alla Triennale di Milano è, come ogni altro tentativo di mappatura, esplorazione e ricognizione, la testimonianza di un punto di vista. Intendiamoci, non un punto di vista qualunque, ma quello di chi ha dedicato anni a fare studio visit, organizzare mostre, scrivere articoli e intervistare artisti. Un lavoro che io stesso ho fatto e che, immagino per chiunque lo faccia, a un certo punto deve confluire in qualcosa di meno frammentario e più corposo, tipo una mostra pubblica, un catalogo o un libro.
La mostra “Pittura italiana oggi” è il frutto di questo tipo di lavoro. Non è una mostra che qualunque critico possa fare. E, così, anche se non tutto è convincente, anche se molte scelte sono questionabili, bisogna apprezzare il fatto che Damiano Gulli si è assunto l’onere e l’onore di lasciare questa testimonianza. Una testimonianza, appunto, incompleta, partigiana, non esaustiva, ma preziosa proprio perché è salutare, di tanto in tanto, che qualcuno tenti l’impresa. Chi non ci ha mai provato non può sapere quanto sia impegnativa. Io apprezzo tutti i colleghi che ci hanno provato e vorrei citare, così, a memoria, alcuni preziosi lasciti degli ultimi anni di militanza critica, non tutti esclusivamente incentrati sulla pittura, peraltro inserendo – mi si perdoni la mancanza di umiltà – anche un paio di miei contributi:
- Ammon Barzel, Elio Grazioli, Una scena emergente. Artisti italiani contemporanei, Giunti, 1991. Mostra al Museo Pecci.
- Luca Beatrice & Cristiana Perrella, Guido Costa, Nuova Scena, Giorgio Mondadori, 1995. Libro
- Alessandro Riva, Sui Generis, Medusa, 2000. Mostra al PAC di Milano.
- Paolo Campiglio, Angela Madesani e Francesco Tedeschi, Periscopio, Mazzotta, 2002. Mostra a Palazzo delle Stelline di Milano.
- Alessandro Riva, Italian Factory. La nuova scena artistica italiana, Mondadori Electa, 2003. Mostra al Parlamento Europe di Strasburgo.
- Achille Bonito Oliva, Figura italiana: il bianco e nero nell’arte, Galerie Davide Di Maggio mudimadue, 2003. Mostra alla Galerie mudimadue di Berlino.
- Ivan Quaroni, Laboratorio Italia. Nuove tendenze in pittura, Johan & Levi editore, 2007. Libro.
- Vittorio Sgarbi e Maurizio Sciaccaluga, Arte Italiana 1968-2007. Pittura, Skira, 2007. Mostra a Palazzo Reale di Milano.
- Chiara Canali, La Nuova Figurazione Italiana. To Be Continued…, Silvana editoriale, 2007. Mostra alla Fabbrica Borroni di Bollate.
- Raffaele Gavarro, Claudio Libero Pisano, Impresa pittura, Christian Maretti editore, 2010. Mostra al Castello di Genazzano.
- Ivan Quaroni, Italian Newbrow, Giancarlo Politi Editore, 2011. Libro
- Massimo Mattioli, De Prospectiva pingendi. Nuovi scenari della pittura italiana, 2018. Mostra a Palazzo del Popolo e Palazzo Vignola a Todi.
- Domenico Russo, L’altra individualità. La pittura figurativa in Italia oggi, Silvana Editoriale, 2023. Libro.
Ecco, basta scorrere queste pubblicazioni per accorgersi che non sono perfette, né complete. Anche perché è impossibile fare una meticolosa mappatura della pittura italiana senza alla fine includere anche i pittori amatoriali e della domenica.
Quindi, in buona sostanza, Damiano Gulli ha fatto il suo mestiere e, per quel che ho visto, lo ha fatto dignitosamente. In Pittura italiana oggi ci sono molti bravi pittori, alcuni dei quali, confesso, non conoscevo. Si obbietterà che tra 120 nomi – ma vi ricordo che dal 2018 Exibart pubblica ogni due anni un volume intitolato 222 artisti emergenti su cui investire sul quale, sembra, nessuno ha da ridire – ce ne dovrà pur essere qualcuno buono. Io ne ho trovati, tra vecchie e nuove conoscenze, un bel po’.
Vogliamo elencarli? Elenchiamoli: Gianluca Di Pasquale, Alice Faloretti, Beatrice Meoni, Silvia Argiolas, Maddalena Tesser, Beatrice Alici, Chiara Enzo, Jem Perucchini, Ismaele Nones, Francesca Banchelli, Francesco De Grandi, Valerio Carrubba, Andrea Chiesi, Fulvia Mendini, Emilio Gola, Lorenza Boisi, Giuliana Rosso, Pietro Moretti, Thomas Berra, Iva Lulashi, Luca Bertolo, Roberto De Pinto, Thomas Braida, Margherita Manzelli, Valentina D’Amaro, Alessandro Pessoli. Insomma, più del 20% dell’intero lotto. Percentuale che, se si aggiungono i nomi di artisti che solitamente mi piacciono molto, ma che in questa occasione hanno presentato un lavoro sottotono, sale a oltre il 30%.
Così, prima di finire, voglio fare un altro elenco, ma non l’ultimo: Fulvio Di Piazza, Alessandro Bazan, Luigi Presicce, Diego Gualandris, Guglielmo Castelli, Romina Bassu, Patrizio Di Massimo, Agnese Guido, Francesco Lauretta, Nicola Samorì, Nicola Verlato. L’ultimo elenco lo riservo alla parte più debole della selezione di Gulli, quella che comprende i pittori aniconici, informali, geometrici, segnici, insomma ipofigurativi o schiettamente astratti che, per essere apprezzati, forse avrebbero avuto bisogno di esporre più di un’opera: Eva Chiara Trevisan, Michele Tocca, Enrico Tealdi, Mario Silva, Alessandro Scarabello, Alessandro Sarra, Vera Portandino, Nazzarena Poli Maramotti, Francis Offman, Daniele Milvio, Fabio Marullo, Andrea Martinucci, Giulia Mangoni, Marta Mancini, Andrea Kvas, Sebastiano Impellizzeri, Stanislao Di Giugno, Enrico David, Gianluca Concialdi, Claudio Coltorti. O forse no.