Mira Brtka, la GNAM riscopre l’artista serba che conquistò l’intellighenzia romana degli anni 60

Se tutte le strade portano a Roma, quella che negli anni Sessanta imboccò verso la città eterna l’ancora giovanissima Mira Brtka dalla sua Novi Banovci (al tempo in Jugoslavia) – dove nacque il 5 ottobre del 1930 – fu quasi obbligata. Perché la Brtka, artista poliedrica ed inquieta, in quegli anni romani coniugava definitivamente le sue due passioni: l’arte e il cinema – alle quali aggiungere l’impegno politico – e in quei tempi Roma e Cinecittà erano la mecca del cinema mondiale e in Italia l’arte era all’avanguardia.

Ritratto di Mira Brtka.

Per questa ragione la retrospettiva, intitolata Il futuro è dietro di noi e voluta dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, appare come un naturale proseguimento di un destino, perché infondo Mira ritorna, dall’11 luglio all’8 settembre, nella Capitale con tutti gli onori di una mostra importante ospitata in un luogo di culto quale la Gnam che, non solo la consacra come una delle grandi artiste europee del Novecento, ma la espone e colloca proprio in quegli ambienti museali dove il meglio dell’arte italiana degli anni Sessanta è custodito.

Mira Brkta, Untitled, scrilico su tela, cm 110×134.

E così Mira Brkta torna virtualmente nel luogo a lei più vicino e simile, tra artisti che ha conosciuto e con i quali, immaginiamo, abbia trascorso a Roma quella vita d’artista che oggi non esiste più. Interessante il percorso “romano” condotto all’inizio degli anni Sessanta perché Mira a Roma trova tutto ciò che ama: ispirazione, circoli artistici frizzanti, atmosfera meno cupa di quella che forse viveva nella ex Jugoslavia. E così entra in contatto con quel mondo al quale aspirava e incontra non solo gli artisti ma anche i registi che imparano a conoscere le sue doti portandola sui set come scenografa. Tra questi Pietro Germi, Alberto Lattuada e Paolo Pietrangeli per il quale prepara i costumi di scena di Porci con le ali tratto dal grande bestseller dell’epoca scritto a quattro mani da Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera.

Mira Brtka con Carlo Ripa di Meana a Belgrado nel 1960.

Immergersi in quel set era facile per Mira perché la pellicola – come ovviamente il libro ­– era incentrata su fatti contemporanei italiani e romani che Mira aveva vissuto. Il suo impegno artistico lo condì con un forte interesse per la politica che a quei tempi era parte in causa nella vita dei giovani. La poliedricità di Mira necessitava di spaziare e così oltre che di arti sceniche si occupò di musica, danza, teatro e ovviamente arte, con la A maiuscola, ed è per questo che la retrospettiva della Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma ha un senso profondo di riscoperta. 

Perché non sono poi così tante le artiste che hanno attraversato la seconda metà del Novecento con il piglio e la sicurezza che si evince vedendo questa mostra composta da oltre cento opere tra quadri, bozzetti, sculture e disegni. Mira Brkta, come scrive la direttrice della Gnam Renata Cristina Mazzantini, “si trasferì in Italia nel 1959 seguendo la passione per il cinema. Arrivò nella magnifica Roma degli anni Sessanta, in quella ‘Hollywood sul Tevere’ che sapeva attirare prima della globalizzazione numerosi talenti dall’estero, in una temperie multiculturale che oggi sembra irripetibile. La mostra, dunque, svela il rapporto con la Città Eterna dell’artista balcanica, che mantiene sempre saldo un forte legame con la capitale, anche dopo il 1970, quando rientra in Jugoslavia”.  

Ritratto di Mira Brkta insieme a Giulio Carlo Argan.

La Brkta in quel periodo incontra e frequenta Giulio Carlo Argan, all’epoca Sindaco di Roma, diviene amica di Nobuya Abe, Marcia Hafif, Milena Cubrakovic, Aldo Schmid e Paolo Patelli con i quali forma il gruppo Illumination e queste frequentazioni la spingono a riflettere sulla propria identità artistica e sul “dover essere” dell’artista un attivo protagonista del dibattito sociale e politico contemporaneoCome scrive Angelo Bucarelli nel ponderoso catalogo della mostra, “il destino è sempre più forte di tutte le intenzioni: Mira, Maria, Brtka doveva essere un artista. E lo è stata, a tutto tondo, poliedrica, energetica, determinata, illuminata. Una dei protagonisti più interessanti della scena artistica del dopoguerra e certamente non solo serba. Diretta dal suo interesse per l’architettura, dopo le scuole superiori vorrebbe iscriversi a quella università, per puro caso approda al cinema (…). Seppur totalmente impreparata viene ammessa per la sua verve intellettuale. È già Mira Brtka”. 

E così, a distanza di sessant’anni si ripresenta a Roma in un luogo determinante per far ragione sul periodo e, come leggiamo sul catalogo, deve proprio aver ragione Miroslav Rodic, Presidente della Fondazione intitolata all’artista, il quale ha fortemente voluto questa retrospettiva perché “il tempo trascorso da quando Mira era a Roma è sufficientemente lungo per permetterci, finalmente, di fare un’analisi critica postuma del variegato universo artistico di Mira Brtka. Per questo abbiamo voluto intraprendere il processo di riaffermazione e valorizzazione della sua opera e del posto che Mira occupa nell’arte europea contemporanea. Ed è anche per questa ragione che attendiamo con estremo interesse di verificare le reazioni degli addetti ai lavori e del pubblico che visiteranno la mostra nei meravigliosi spazi della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Valle Giulia a Roma”.

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