In una società che vede il fallimento e il ripensare i propri progetti come qualcosa di negativo poiché poco produttivo, MoRE. a Museum of refused and unrealised art projects si propone come una virtuosa alternativa. MoRE, nato nel 2012 da un’idea di Elisabetta Modena e Marco Scotti, è un museo digitale che conserva, valorizza ed espone virtualmente i progetti di artisti italiani e stranieri del XX e XXI secolo, tra i quali si possono oggi menzionare Gianfranco Baruchello, Regina José Galindo, MarkoTadić e Cesare Viel.
I progetti, presentati con articolate schede d’opera, sono accomunati dal fatto di non essere stati realizzati per le più disparate motivazioni, che siano tecniche, logistiche, ideologiche, economiche o etiche (il museo raccoglie progetti che ricadono sotto alcune eterogenee categorie del non realizzato quali, ad esempio: failure to meet the commissioner’s demands; ethical reasons; project abandoned by the artist; cancelled due to the COVID-19 pandemic); nel museo sono raccolti, inoltre, progetti che hanno trovato sviluppo in altre e diverse realizzazioni, dopo essere passati attraverso ostacoli e strategie per sormontare questi ultimi.
All’origine del percorso che ha portato alla concretizzazione di tale museo si riscontrano due presupposti: da un lato, un interesse per la assai significativa fase progettuale, antecedente a quella creativa e altrettanto fondamentale per comprendere la ricerca dell’artista; dall’altro lato, la possibilità di avvalersi delle potenzialità del digitale in relazione ai temi dell’archivio e del museo.
Ciò ha fatto sì che, nel tempo, nella collezione di MoRE si andassero a intersecare i dibattiti contemporanei relativi al rapporto tra museo, pratica artistica e archivio. L’interesse a tenere traccia di progetti non portati a termine e a sondare il loro impatto sulle ricerche degli artisti è attualmente molto sentito, tanto che è possibile mettere in dialogo MoRE con altre due esperienze: la mostra virtuale Gallery of Lost Art (Tate Modern, 2012, a cura di Jennifer Mundy), incentrata su opere d’arte del XX e XXI secolo perdute, distrutte, rubate o mai concluse, e Agency of Unrealized Projects di Hans Ulrich Obrist, Julieta Aranda, Anton Vidokle e Julia Peyton-Jones, un database pubblico di progetti artistici censurati, dimenticati, rinviati, impossibili o rifiutati, di circa 2000 artisti raccolti tramite open call.
Studiando criticamente, narrando ed esponendo i progetti, MoRE offre una nuova concretezza alle idee progettuali, arrivando a definire queste ultime opere a pieno titolo, pur concettualmente, materialmente e criticamente diverse dagli sviluppi. Boris Groys ha identificato una stretta correlazione tra la tendenza alla progettazione nella contemporaneità e il ruolo preponderante di questa pratica, che ha portato a ritenere l’elaborazione di tali progetti un’autonoma forma d’arte. Il fallimento di un progetto, dall’altra parte, può essere considerato una “condizione necessaria al moto del pensiero”, come lo definisce Teresa Macrì nel libro Fallimento (Postmedia Books, 2017), e attraverso l’opera artistica può generare un vero e proprio rovesciamento di senso.
Nei primi anni, il team che sta dietro a MoRE si è concentrato prevalentemente su opening “virtuali” per le presentazioni dei progetti acquisiti (esclusivamente in formato digitale) e per mostre curate da curatori ospiti. Dopo un primo periodo di assestamento con WordPress, MoRE ha successivamente ritenuto più congeniale passare al software open source Omeka, al fine rendere facilmente più raggiungibili le collezioni digitali e le esposizioni virtuali.
Nel tempo, MoRE ha implementato i fronti su cui lavorare per fare conoscere questa realtà, pubblicando saggi critici e lavori di ricerca, stipulando collaborazioni con istituzioni e organizzando mostre e convegni che coinvolgono curatori, artisti e storici dell’arte, esperti di archiviazione e in generale professionisti afferenti a diverse discipline, creando così anche un network di professionisti.
Nel 2013 il progetto di MoRE è stato dettagliatamente presentato in occasione del convegno Per un museo del non realizzato. Pratiche digitali per la raccolta, valorizzazione e conservazione del progetto d’arte contemporanea, organizzato dall’associazione culturale Others in collaborazione con il Museo del Novecento di Milano, con la partecipazione di Francesca Zanella, Marina Pugliese, Elisabetta Modena e Marco Scotti, Filipa Ramos, Roberto Pinto, Stefania Zuliani, e degli artisti Ugo La Pietra e Luca Trevisani. Nell’edizione del 2017 di ArtVerona, MoRE ha allestito la mostra Let’s go MoRE! A journey in the unrealised and refused art projects of XX and XXI centuries, a cura di Ilaria Bignotti, Elisabetta Modena, Marco Scotti, Valentina Rossi e Anna Zinelli, ed è stato insignito del riconoscimento di migliore realtà indipendente. Tra l’ottobre 2021 e il gennaio 2022, MoRE ha presentato la mostra Hidden Displays 1975-2020. Progetti non realizzati a Bologna, presso la Project Room del MAMbo di Bologna: in mostra erano esposte le opere di Flavio Favelli, Paul McCarthy e Sissi, tra gli altri.
Alla luce di ciò, si può affermare, riprendendo le parole dell’ideatore Marco Scotti, che MoRE “potrebbe essere descritta come una risorsa digitale multistrato”, che ha lavorato e continua a lavorare proficuamente per incoraggiare il dibattito disciplinare e interdisciplinare, diffondere i risultati della ricerca e sperimentare diverse pratiche curatoriali, con uno proficuo dialogo tra offline e online, servendosi delle potenzialità dell’uno e dell’altro.