Nella trama di un riscatto, la moda diventa protagonista a Rebibbia

Nell’ambiente rigido e austero di un luogo di detenzione, è nato un progetto, immenso nel suo merito sociale e culturale, che simbolizza l’arte della riconciliazione e del ritorno alla vita, sfidando i pregiudizi. Questo progetto coinvolge otto detenuti presso l’Istituto Penitenziario di Rebibbia Nuovo Complesso, che si sono scolpiti un ruolo sorprendente – concentrando la loro energia in un corso di alta sartoria maschile promosso dall’Accademia Nazionale dei Sartori.

Frequentando le lezioni guidate dal maestro Sebastiano Di Rienzo, ex presidente dell’Accademia dei Sartori, questi aspiranti sarti hanno trasformato le loro giornate, restituendo significato al tempo e riinventando il loro ruolo nella società, con ambizione e dignità. Il risultato di questo lavoro è stato presentato in una sfilata unica, nello spazio dell’Area Verde del complesso carcerario, con i detenuti che hanno indossato con fierezza i capi da loro realizzati.

Il tutto si è svolto di fronte ad un pubblico eterogeneo, composto dai direttori degli istituti penitenziari, giornalisti, autorità giudiziarie e familiari dei detenuti. L’evento, presentato da Myriam Fecchi, ha portato alla luce il successo del progetto “Made in Rebibbia”, attivo dal 2017.

La sfilata di Sunati-sarti ha mostrato una collezione di circa trenta pezzi, tra giacche, gilet, pantaloni e cappotti, una manifestazione tangibile del talento sviluppato durante un corso durato otto mesi e 650 ore. Sulla scena, queste figure spesso messe a margine del nostro tessuto sociale, si sono riscoperte ambasciatori di un’arte millenaria, quella della sartoria.

Ad accompagnare questo evento ci sono stati personaggi istituzionali e del mondo della moda. Tra questi, Alessia Rampazzi, direttore reggente del carcere di Rebibbia, Massimiliano Di Silvestre, presidente di Bmw Italia S.p.a., Salvatore Nicola Nanni (Ad di Bmw Roma, sponsor del progetto) e Alessandro Onorato, assessorato del Comune di Roma a Moda, Grandi eventi, Sport e Turismo. Essi hanno contribuito a consegnare i diplomi ai detenuti, segnando la conclusione di un corso che, ci auguriamo, rappresenti solo l’inizio di un cammino di riscatto personale e professionale.

Il progetto realizzato a Rebibbia è un messaggio di speranza, che racchiude in sé l’idea del riscatto attraverso il valoroso lavoro manuale, l’artigianato, l’espressione artistica. Esso rappresenta un chiaro esempio di come l’arte e la creatività possano diventare veicoli di rieducazione e reinserimento sociale, restituendo dignità e valore a persone spesso dimenticate dalla società. Un esempio di come anche da un contesto drammatico e duro come la prigione, possa nascere qualcosa di bello e costruttivo, un messaggio universale di speranza e cambiamento.

In conclusione, la serata non è stata solo un evento di moda; è stata una celebrazione della resilienza umana, dell’ancora di salvezza trovata nella creatività e nella dedizione ad un’arte. Una passerella sul prato, dove un gruppo di detenuti ha compiuto passi significativi verso un possibile futuro fatto di riscatto e di nuove opportunità, avvolti nei loro stessi abiti, cuciti con sogno e speranza.

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