Tra i performer che si sono contraddistinti in questi ultimi anni nel panorama nazionale riscuotendo consenso anche all’ estero per il suo smisurato talento c’è sicuramente Nicola Fornoni, classe 1990, bresciano, artista dalla personalità fortemente originale e fuori dagli schemi che ha messo in scena, attraverso il suo corpo, i limiti della società e del pensiero umano con azioni che aprono discussioni sull’esistenza, sulla relazione con gli altri e sul superamento dell’ostacolo.
Nicola Fornoni per Artuu magazine ci ha rilasciato questa intervista esclusiva, che vi proponiamo in concomitanza con la sua performance The beginning (light) in corso alla Venice International Performance Art Week 2023 il 15 Dicembre a Palazzo Mora.
Qual è il tuo percorso di studi e di ricerca?
Mi sono laureato in Pittura e successivamente ho conseguito la laurea specialistica in Arti Visive all’Accademia Santa Giulia di Brescia, focalizzandomi già al terzo anno sulla performance art, con particolare interesse al corpo e alla Body Art. Da qualche tempo è nata in me l’idea di iscrivermi a qualche master, ma è un’idea ancora da sviluppare.
Cosa ti ha motivato a diventare un artista e performer?
La necessità di esistere, portare avanti dei messaggi e delle idee, concretizzare immagini reali e metafore oniriche, di desideri irrealizzati. Essere artista mi fa sentire capace di fare ciò che faccio e trasmetterlo ad una fetta di persone sempre più vasta. Mi sento vivo e utile.
Qual è la mostra d’arte che ricordi che ti ha mutato interiormente?
Nel 2016 ho partecipato al mio primo Venice International Performance Art Week. Essere a contatto con professionisti e con icone della performance art internazionale mi ha portato a credere sempre più in ciò che faccio, a capire i miei valori umani ed artistici, creando una collaborazione solida come l’amicizia nata con gli stessi organizzatori. So di poter contare su di loro. So che la strada percorsa ormai da dieci anni sta diventando quella giusta.
Cosa presenti alla Performance week di Venezia 2023?
The beginning (light). Un lavoro intrapreso nel 2019 a Berlino inerente al senso di leggerezza e pesantezza che a periodi, la vita, pone davanti. Tre chilogrammi di piume bianche presentate in un unico cumulo e con la sola forza del soffio umano a spazzarle, muovendole disfacendo, piano piano, la massa di materiale apparentemente leggero.
Quando saranno i prossimi eventi a cui parteciperai, che cos’hai in serbo?
Sto cercando nuove collaborazioni e nuovi curatori, dando un ordine preciso al portfolio per il raggiungimento di obiettivi professionali sia in Italia sia all’estero. Ho già delle idee e richieste per l’anno che verrà.
Qual è la tua personale visione artistica ed estetica?
Sono piuttosto minimale in ciò che faccio: pochi significati, pochi oggetti e simboli ma efficienti nel loro intento. Capita, a volte, di voler inserire delle sperimentazioni arricchenti come suoni, musiche, rumori, luci. Quando lavoro a performance singole penso che la pulizia sia fondamentale, una pulizia visiva precisa; nelle azioni collettive tutto ciò può cambiare perché il controllo non è più nelle mie mani ma del pubblico e nell’eventualità del caso.
Come progetti e realizzi una tua performance?
Fondamentalmente ho visioni, idee che iniziano a delinearsi da eventi vissuti, temi affini a ciò che sono, ciò che sento, ciò che vedo. Decontestualizzo, ragiono su momenti della quotidianità contrapposti poi a memorie, metafore. Tutto ciò lo concretizzo, scrivendo, modificando, approvando e provando. In un secondo momento c’è l’organizzazione e l’inserimento del progetto all’interno di un contesto strutturale, ambientale.
Quali sono i tuoi ricordi rispetto alle reazioni del pubblico che ha partecipato o visto una tua esibizione?
Ogni performance ha peculiarità sue. Mi ricordo tanto silenzio, lacrime, commozione ma anche stupore e, in alcuni casi, partecipazione.
Su quest’ultima ho un ricordo: nella performance Rinascita, a Berlino, dove una ragazza si è avvicinata per aiutarmi a districarmi il torace dalla velina trasparente. In un primo momento volevo ribellarmi ma poi, con gli anni, ho capito quanto sia importante la reazione e il coinvolgimento del pubblico in modo attivo. È sempre curioso quando qualcuno che assiste interviene dando nuove chiavi di lettura e senso di imprevisto.