Nicola Mette, classe 1979, vive e lavora tra la Sardegna (dove è nato) e Milano. La sua ricerca vuole essere un’indagine, ma anche una fotografia dei nostri tempi, dei cambiamenti del comportamento individuale e sociale in diversi ambiti e contesti, locali e globali, dalla sessualità (etero e LGTBQIA+), dei conflitti interiori e geopolitici, con un occhio di riguardo per i problemi che toccano l’uomo e la natura e la natura dell’uomo.
Nicola Mette è da anni impegnato in una serie di battaglie per svelare i meccanismi e le contraddizioni delle ipocrisie sociali, politiche e sessuali, cercando però di evitare di cadere nella sfera dei moralisti e degli inquisitori.
Moltissime le performance con le quali ha denunciato i problemi che riguardano la società, mettendosi in gioco in prima persona, senza avere paura di mostrare anche la sua sfera più intima e personale.
Emblematica la sua performance, dello scorso anno, che denunciava le difficoltà delle famiglie LGTBQIA+. Tre individui completamente ricoperti da una veste aderente blu che ne cancella le generalità, senza fattezze o genere, uno dei tre è una bambina o un bambino, si identificano solo per il legame che li unisce, tenendosi per mano hanno camminato per le strade e le piazze di Milano.
L’azione è stata riproposta anche in Marocco per mettere in evidenza la condizione di quei Paesi che ancora perseguitano, a volte anche fino alla morte, le persone LGTBQIA+. Nella performance, svoltasi nel centro della città di Chefchaouen, l’artista camminava mimetizzandosi tra le case tipicamente colorate di blu.
Non è nuovo a queste performance, Nicola Mette, nel 2016 con la performance Invisibile, presentata per la prima volta a Milano, poneva l’accento sullo stato giuridico e, quindi, anche culturale, in cui omosessuali, bisessuali e transgender si trovavano a vivere in Italia, persone senza diritti, e senza garanzie.
Torna anche quest’anno a dire la sua, Nicola Mette, e lo fa in occasione del prossimo Pride che si svolgerà a Milano il 29 giugno, lo abbiamo incontrato per chiedergli di raccontarci questa nuova azione militante.
In che cosa consiste la nuova performance che hai intenzione di inscenare, in occasione del Pride 2024?
Ultimamente la Chiesa Cattolica, per bocca del Papa, ha detto delle cose inascoltabili (ne abbiamo parlato qui). E non è nuova a queste esternazioni ricordiamoci le frasi tipo “i gay non sono figli di Dio e quindi vanno curati”, “Meglio pedofili che gay”, “La vera famiglia, quella tradizionale, è composta da una madre e un padre”, oppure “se avessi un figlio gay lo butterei nel forno”, e altre perle di saggezza di questa risma. Quindi per rispondere a tutto ciò al prossimo Pride andrò in giro con un cartello con su scritto “frociaggine”.
Questa azione fa parte di un progetto più ampio?
Sì, vorrei poi realizzare un’opera tessile da questo cartello, con l’aiuto delle tessitrici sarde di Samugheo, verrà eseguita con una tecnica molto antica chiamata pibiones. La parola pibiones in sardo significa acini d’uva, il nome è dato dai piccoli anelli di filato (pippiolini) che sporgono dalla superficie del tessuto formando un disegno.
A Samugheo c’è anche un importante museo delle arti tessili, il MURATS, dove tu hai esposto?
Sì, è da poco finita la mia mostra, ora c’è un’esposizione dedicata a Pippa Bacca – uccisa nei pressi della cittadina di Gezbe, in Turchia, durante il viaggio performance in autostop Brides on tour (2008), che avrebbe dovuto condurla da Milano a Gerusalemme. Questo Museo sta vivendo una nuova vita, grazie alla direttrice Anna Rita Punzo.
C’è ancora molto da fare, secondo te, per fare accettare una sessualità diversa da quella considerata canonica?
Le cose stanno cambiando sicuramente, però ci sono tante persone, politici, e membri della Chiesa, che hanno ancora grosse difficoltà. Poi ci sono le contraddizioni, i gay sono benvenuti nella Chiesa, ma non possono avere la benedizione di un prete per il loro matrimonio.
Il tuo lavoro è molto incentrato sulla denuncia è questa la tua ragion d’arte?
Ho iniziato a realizzare delle performance, per le discriminazioni da me subite, volevo denunciare proprio quello che mi era successo, poi però ho fatto mie anche altre battaglie, ad esempio, il riconoscimento delle coppie omosessuali o la fecondazione surrogata. La cosa che più mi ha deluso è non avere mai avuto l’appoggio né delle istituzioni né delle associazioni LGTBQIA+, mi hanno sempre lasciato solo.
Ultimamente ti stai occupando anche di problemi legati al territorio?
Il mio sguardo adesso è incentrato anche molto sulla natura, oltre che alla natura dell’uomo, infatti, l’ultima performance (ne parliamo qua, ndr) l’ho realizzata proprio per la deturpazione del paesaggio per colpa dei materiali tossici portati dalle miniere sulla Costa Verde della Sardegna… La performance si è svolta in un momento critico nel quale il Rio Irvi, contaminato dalle scorie delle vicine miniere, ha riversato nel mare una miscela di metalli pesanti, minacciando l’ecosistema marino e la salute pubblica.