Pelletti, “con le mie pietre unisco culture lontane”. Intervista allo scultore e alla gallerista Barbara Paci

Ho incontrato Massimiliano Pelletti nel suo atelier di Pietrasanta, uno di quegli spazi industriali sapientemente recuperati secondo le tendenze che finalmente stanno dilagando anche nel Belpaese, quelle della rigenerazione urbana e del riuso a discapito della cementificazione ex novo, in cui vige la salvaguardia della memoria storica dei luoghi, anche e soprattutto industriali. Nello studio di Pelletti la reinterpretazione di forme classiche dei suoi lavori sposa perfettamente l’accostamento con raffinati pezzi di design moderno, il tutto inquadrato nel razionalismo delle essenziali linee strutturali tipiche dell’architettura industriale. Un perfetto connubio tra antico e moderno che rispecchia appieno la poetica di un artista ormai considerato tra gli scultori più interessanti del panorama contemporaneo italiano, ampiamente apprezzato anche all’estero. 

Nei suoi lavori Pelletti tratta temi e forme classiche provenienti da diverse culture con rigorosa attenzione compositiva e applica la sua innovazione pur restando legato alla tradizione della scultura appresa sin da bambino nel laboratorio del nonno Mario, noto scultore artigiano del marmo. Di questa figura chiave per lo sviluppo artistico di Massimiliano, oltre al ricordo delle giornate passate a osservarne la tecnica e la maestria, rimane una preziosa gipsoteca che fa costantemente da ispirazione e modello, attestando il legame dell’artista con la tradizione e con la propria storia familiare, grazie alla quale ha potuto esprimere il suo talento e la sua vocazione.

L’innovazione di Massimiliano Pelletti sta nella ricerca e nella continua sperimentazione di una materia che non proviene quasi più dalle vicine cave carraresi, ma dalle più sperdute parti del mondo. L’artista, infatti, predilige da tempo rare onici e pietre stratificate le cui venature, fratture, cavità, lo guidano nelle scelte estetiche di lavorazione, dando luogo a un processo di sublimazione volto alla continua ricerca di un compromesso tra volontà dell’artista e ciò che la materia concede.

Mi accompagna in questa visita allo studio di Massimiliano Pelletti Barbara Paci, nota gallerista italiana legata all’artista da un sodalizio di collaborazioni che dura ormai da anni e che a Pietrasanta ha fatto da tempo la base della sua attività che si espande nel mondo attraverso partecipazioni alle principali fiere internazionali e mostre in prestigiose istituzioni pubbliche e private.

Cominciamo con una domanda apparentemente semplice ma di grande aiuto ai lettori: Chi è Massimiliano Pelletti? Come ti definisci? Ti senti più a tuo agio nella generica definizione di artista o in quella più specifica di scultore?  

Massimiliano Pelletti oggi è uno scultore, e specifico oggi, perché un tempo non lo sono stato, anche se la scultura appartiene alle mie origini sin dalla nascita; infatti mio nonno, Mario Pelletti, è stato un abile scultore e artigiano del marmo e io sin da piccolo ho avuto il privilegio di poter crescere all’interno del suo laboratorio, percependo l’Arte della scultura come un gioco. 

Forse, proprio per questo, nel momento in cui ho deciso di fare Arte non ho scelto la scultura, qualcosa di normale per me, per cui scontata, ma dopo vari percorsi è stato inevitabile che essa tornasse in me perchè, fondamentalmente, sempre lì era stata. Di fatto, la mia vita è contraddistinta da una serie di vissuti e di storie che il territorio e la cittadina in cui sono nato, Pietrasanta, ha saputo regalarmi, così sin da piccolo, girando per laboratori, sono entrato in contatto con artigiani e artisti internazionali che con i loro racconti mi hanno affascinato.

Veder realizzare i loro progetti scultorei è stato formativo. Ricordo, ad esempio, quella volta in cui frequentando ancora la prima media entrai in uno studio e trovai un a me sconosciuto giovane Jeff Koons assieme alla star Cicciolina farsi realizzare il loro ritratto in marmo. Tutto questo vissuto ho cercato di riportarlo nel mio lavoro trasformando quello che è un prodotto tipico della mia città in un’espressione contemporanea che è riuscita ad essere veicolata in giro per il mondo. 

Cosa ti ha spinto a questa reinterpretazione della classicità, non solo greca e romana ma rivolta anche ad altre civiltà come quella africana, attraverso l’utilizzo di materiali così rari e provenienti dalle più remote parti del mondo? Potevi semplificarti la vita utilizzando il marmo che avresti avuto a due passi da casa… 

Ho portato all’interno del mio lavoro tutte quelle che sono le mie passioni e, in più, l’enorme gipsoteca con oltre duecento modelli in gesso ereditati in parte da mio nonno e in parte recuperati da vecchi laboratori di Pietrasanta ormai scomparsi. Con questo spirito di conservazione ho voluto salvaguardare l’identità̀ di questo luogo che ritengo molto preziosa e, in più, a portare tutta una serie di passioni che hanno caratterizzato la mia formazione, tra queste oltre la scultura classica, l’archeologia, la filosofia estetica, l’antropologia, l’arte tribale e la geologia.

Proprio la passione per quest’ultima mi ha portato ad esplorare una numerosa selezione di materiali in giro per il mondo, tanto da rimanerne affascinato proprio per le loro peculiarità geologiche e per la loro genesi, “racconti” il cui inserimento ritengo sia molto importante all’interno dei miei lavori. L’imperfezione di tali materiali, a differenza della compattezza del marmo, è un grande stimolo per me perché, di fatto, nel mio lavoro c’è sempre la volontà di trasformare ciò che può esser considerato difetto in pregio.

Grazie all’uso di tecnologie come le resine specifiche per materiali lapidei, riesco talvolta a creare dei blocchi composti da pietre diverse per poi scolpirle come un unico blocco, creando così un’opera che, oltre a unire materiali e aree geografiche di provenienza diverse, unisce culture infinitamente lontane tra loro. Vale lo stesso per gli abbinamenti che creo tra classicismo e arte africana, in cui si crea un tutt’uno con diverse culture e diverse interpretazioni del classico. 

La figura di tuo nonno Mario è stata fondamentale per la messa a fuoco di questa tua vocazione, come vedeva lui questo il tuo interesse per questo lavoro? 

Nonostante sia cresciuto nel suo laboratorio, mio nonno è sempre stato molto ostile nel volermi insegnare la scultura. Con il tempo ho capito che il suo era un modo per preservarmi da quello che riteneva essere un lavoro veramente duro, fatto di fatica fisica, di pericolo nello spostare e trattare materiali pesanti come il marmo, nelle difficili condizioni di vecchi studi freddi d’inverno, spesso senza finestre, in relazione con il solo lavoro che stavi scolpendo, e dove ti rendevi conto dell’arrivo della primavera solo quando, come ogni anno, tornavano a volare da quelle finestre rotte le rondini che all’interno di quegli studi facevano i nidi. Nonostante questo, la passione è andata oltre e lui non ha potuto far altro che insegnarmi il mestiere  dandomi consigli molto preziosi, alle volte anche senza volerlo. 

Veniamo a te Barbara, l’opera di Massimiliano Pelletti è perfettamente in linea con gli artisti che rappresenti nella tua galleria in cui predomina un raffinato gusto figurativo con una particolare attenzione alla scultura; tra gli altri Javier Marin, Kan Yasuda, Fernando Botero, Novello Finotti. Una linea che annovera ormai da anni la tua galleria come una solida realtà italiana nel panorama contemporaneo internazionale. Sembrate una perfetta squadra in cui ognuno gioca un ruolo a sé stante ma armonico e coerente nell’insieme. Come è nata la collaborazione con Massimiliano? 

La nostra galleria è specializzata in scultura contemporanea essendo nata, ormai venti anni fa, proprio qui a Pietrasanta, culla da secoli di questa straordinaria espressione artistica. A Pietrasanta hanno lavorato artisti come Henry Moore e Marino Marini, solo per citarne alcuni e noi abbiamo sempre perseguito, fin dagli esordi, un percorso di scoperta e ricerca verso nuovi talenti che ci ha permesso, ad esempio, di scoprire e lanciare a livello europeo un artista incredibile come Javier Marin.

Con Massimiliano la sfida è stata ancora più interessante poiché lui è nato e cresciuto in questo luogo magico e nutrito da una tradizione familiare ricca in competenza e conoscenze della materia ma nello stesso tempo capace di alzare lo sguardo verso direzioni e stimoli del contemporaneo più audace, anche internazionale. Insieme Abbiamo disegnato un progetto che racchiudeva una visuale non immediata ma ragionata, in ogni singolo passo, per una solida crescita sia artistica che di mercato proiettata negli anni futuri.

Crediamo fermamente che una carriera artistica non volatile non si possa improvvisare né forzare nei suoi corretti tempi di decantazione e di assimilazione da parte della critica, dei collezionisti e delle istituzioni museali. Niente fuochi fatui, lo dobbiamo in primis ai nostri collezionisti che ci seguono appunto da vent’anni. Ad oggi siamo molto fieri dei risultati raggiunti, anche in materia di valori economici, e abbiamo la certezza che Massimiliano rappresenti a giusta ragione la nuova generazione di scultori che continuerà a rendere grande Pietrasanta e il suo glorioso passato artistico. Aggiungo, fatto non da poco, che ci lega un rapporto di amicizia e di stima e rispetto reciproci, valori senza i quali niente di duraturo e serio può svilupparsi.

Avete partecipato insieme a importanti mostre e fiere internazionali, quali sono i progetti comuni nel futuro prossimo?

Pietrasanta, come tutti i luoghi di villeggiatura, si “addormenta” commercialmente nel periodo invernale permettendoci così di spostare i nostri interessi e progetti verso altri continenti: da oltre 10 anni partecipiamo con successo a fiere internazionali tra le quali, ad esempio, ArtMiami, dove ormai abbiamo un solido mercato, oltre che progettare eventi in luoghi istituzionali sia in Italia che all’estero.

Io provengo da esperienze professionali pregresse in Musei e Fondazioni e questo amore per l’evento pubblico mi è rimasto! Il nostro prossimo obbiettivo sarà infatti la personale di Massimiliano negli spazi del Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo a Roma che inaugureremo a fine ottobre 2024. Un dialogo e un confronto tra le opere di Massimiliano, create tutte appositamente per questa mostra, e la collezione permanente di scultura romana antica del museo. Un risultato straordinario, che avrà il Patrocinio della Presidenza della Commissione Cultura della Camera dei Deputati e conferma che siamo sulla strada giusta.

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