Non ci sono rivali: è Pablito il vero niño de oro. A cinquant’anni dalla scomparsa Picasso è ancora l’unico autentico mattatore delle aste e l’8 novembre, a New York, l’ha dimostrato per l’ennesima volta. Sotheby’s, infatti, ha aggiudicato il ritratto della giovane amante Marie-Thérèse Walter come Donna con l’orologio – proveniente dalla collezione di Emily Fisher Landau – per 139,4 milioni di dollari. Facendone non solo l’opera più pagata del 2023 ma anche la seconda aggiudicazione per l’artista, il cui record assoluto restano i 179,4 milioni di dollari del 2015 per Donne di Algeri.
Alla luce di queste conferme, è ancora più golosa la mostra (“Pablo Picasso, 50 anni dalla scomparsa di un mito”), che ha appena aperto i battenti alla Galleria Deodato Arte di Milano (via Nerino 1) e che fino a sabato 18 darà al pubblico la possibilità di avvicinarsi all’opera del maestro spagnolo.
È tutta dedicata al lavoro grafico dell’artista – attività che lui ha scoperto da bambino e che non ha mai abbandonato fino alla fine – e dunque non solo offre uno sguardo sulla produzione più fresca, più sperimentale e autentica di Picasso, ma mette anche il collezionista nelle condizioni di portarsi a casa un pezzo firmata dal maestro spendendo una cifra decisamente ragionevole.
Nella selezione di incisioni, litografie e linoleografie, lo sguardo spazia tra ironia, divertissement, erotismo esplicito e autobiografia. Perché lui, il minotauro, è sempre presente. Lo è nelle incisioni, dove la deformazione cubista ritorna come una celebrazione o magari fa solo capolino nella definizione di un occhio “egizio”, come quelli che lui faceva lacrimare nei ritratti di Dora Maar; lo è nella litografia Il pittore e la sua modella, del 1954, squisito (e raro) esempio di autoironia dove l’artista si ritrae di profilo, tarchiato e sorridente, senza nascondere il fisico pingue e la calvizie dilagante, mentre allunga una mano verso il corpo nudo della ragazza, frontale come una divinità.
Ed è lui in qualche modo, sempre, anche nelle figure maschili che osservano le donne nude, nell’erotismo esplicito dei corpi gioiosamente pronti all’amplesso. E certamente c’è lui sotto le spoglie del collega di Urbino nel delizioso – e licenzioso – Raffaello e la Fornarina, contorto amplesso che non lascia nulla all’immaginazione realizzato secondo l’estetica della stampa erotica giapponese.
Donne che hanno scandito la sua vita – due mogli e tante amanti – e che qui tornano nella potenza del corpo, ma anche nella tenerezza del ritratto, come quello che dedica nel 1962 alla giovane moglie Jacqueline Roque (si erano sposati l’anno prima: lei trentacinquenne pazza d’amore per il maestro che di anni ne aveva ottanta): uno dei circa quattrocento che le ha dedicato negli undici anni trascorsi insieme.
Ma anche donne madri. Una, qui, merita attenzione: una litografia del 1923 di una Donna con bambino in cui si fondono la delicatezza delle madonne rinascimentali e la grazia maliziosa delle Veneri sdraiate con Cupido (lo specchio nelle mani della donna lo farebbe pensare).
Tutti pezzi molto interessanti tra cui va notato anche un linocut del 1965, La bottiglia di rum, dove l’artista riprende i ritmi e le suggestioni mai dimenticate del primo cubismo.A chiusura dell’anno che lo celebra a mezzo secolo dalla morte, dunque, uno sguardo su un Picasso segreto. Un po’ come quello che offrirà nei tre giorni di proiezione nelle sale cinematografiche italiane (il 27, il 28 e il 29 novembre) il nuovo film Picasso, un ribelle a Parigi. Prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital, con il sostegno del Musée National Picasso di Parigi, offre uno spaccato magnificamente documentato sui primi anni del giovane artista nella capitale francese, quando comincia a conquistarsi la fama e il rispetto dei colleghi. Un legame forte con la città mai allentato, al punto che oggi si trova proprio lì, a Parigi, nel museo che porta il suo nome, la più grande collezione delle sue opere, con 6mila capolavori e 200mila pezzi d’archivio.