Picasso, uno straniero nella patria d’adozione

Espatriato, comunista, anarchico, avanguardista. Tutto questo era Pablo Picasso, artista più che noto e dalle molteplici sfaccettature. Su Picasso sono state realizzate infinite pubblicazioni ed altrettante esposizioni in tutto il mondo. Molto spesso però vi è la comune tendenza ad idolatrarne la figura artistica a discapito di quella personale, dimenticandosi di raccontare Picasso in quanto uomo e cittadino, prima che come maestro indiscusso dell’arte del Novecento.

La mostra a Palazzo Reale ne è un’eccezione. Aperta fino al 2 febbraio 2025, Picasso lo straniero, pone l’attenzione proprio sull’aspetto biografico dell’artista. L’esposizione milanese, curata da Annie Cohen-Solal, autrice di Picasso. Una vita da straniero, oltre che curatrice scientifica del progetto espositivo e distinguished professor all’Università Bocconi di Milano, indaga la vita dell’artista in quanto immigrato in Francia, rifiutato e censurato dalla nazione che diventò casa sua, nonostante non fosse la sua terra d’origine. La mostra si avvale anche della curatela speciale di Cécile Debray, presidente del Musée National Picasso-Paris (MNPP), principale prestatore delle opere esposte. 

© Succession Picasso by SIAE 2024. Foto di Vincenzo Bruno

Pablo Picasso y Ruiz, diversamente da come si potrebbe pensare, non ottenne mai la cittadinanza francese, nonostante trascorse in questa nazione gran parte della sua vita. La Francia non lo accolse infatti fin dal principio a braccia aperte. Nel 1901 ad esempio, venne schedato per errore come anarchico sottoposto a sorveglianza speciale, prima di trasferirsi stabilmente a Parigi nel 1904. L’artista venne da subito “guardato con sospetto come straniero, uomo di sinistra, artista d’avanguardia”, spiega Cohen-Solal. Nel 1929 il Louvre rifiuta addirittura la donazione dell’emblematica opera Les Demoiselles d’Avignon, poi accolta dal MOMA il 10 maggio del 1939. 

L’esposizione, che celebra i cinquant’anni dalla morte dell’artista, nonostante sia la quinta mostra di Picasso a Palazzo Reale di Milano, ha un inqudramento totalmente diverso dalle precedenti, analizzandolo da un punto di vista politico-sociale oltre che biografico. Le oltre 90 opere dell’artista, delle quali oltre 40 per la prima volta esposte in Italia, si alternano a documenti, fotografie, lettere e video, che presentano al pubblico una visione a 360 gradi di uno degli artisti più rinomati della storia dell’arte.

Dall’andamento inevitabilmente didascalico, la mostra segue l’ordine cronologico dal 1900 al 1973, con la morte dell’artista nell’aprile dello stesso anno. Interessante è la raccolta di lettere e cartoline della madre, María Picasso y López, delle quali in mostra vengono presentati degli ingrandimenti e la riproduzione audio della lettura di queste missive. Lo scambio epistolare tra i due è intenso, tra il 1904 e il 1938 María gli manda almeno due e talvolta quattro lettere alla settimana. In una lettera datata 10 dicembre 1908 scrive al figlio “Anche se so che quello che dico è un po’ esagerato, so che sei il migliore”, L’esposizione di questa documentazione che si alterna in maniera bilanciata alle opere dell’artista, racconta Picasso dal punto di vista della madre, lo vediamo forse per la prima volta come figlio di una donna amorevole, oltre che come genio indiscusso.

© Succession Picasso by SIAE 2024. Foto di Vincenzo Bruno

Percorrendo la vita dell’artista malacitano, oggi naturalizzato francese, tra le sale di Palazzo Reale, non ci si può non imbattere nel rapporto di Picasso con i suoi amici. Uno di questi è senza dubbio Max Jacob, non solo poeta ma anche scrittore, pittore e critico letterario francese. I due si incontrano per la prima volta nel giugno del 1901, dopo la prima mostra dell’artista nella galleria Vollard.

Max Jacob diventa ben presto amico assiduo e fraterno del pittore e sarà proprio lui a insegnargli il francese attraverso le poesie di Verlaine e Rimbaud. Un anno dopo averlo conosciuto, Jacob nel suo studio di chiromanzia, della mano di Picasso scrive preveggente: La luce vivida di una stella del genere si incontra di rado e solo tra i predestinati […] Talento per tutte le arti”. In una delle prime sale, come emblema della loro amicizia, è esposto un ritratto di Picasso di piccole dimensioni, realizzato da Max Jacob nel 1903 con grafite e inchiostro. 

La mostra apre a più riflessioni sui temi dell’accoglienza, dell’immigrazione e della relazione con l’altro. Partendo da una figura così controversa come Picasso, si crea quindi un parallelismo con la situazione odierna, ponendoci nella condizione di attualizzare racconti e temi del Novecento, in un contesto contemporaneo. 

© Succession Picasso by SIAE 2024 Foto di Vincenzo Bruno

Pablo Picasso è uno degli artisti che ha bruciato in pochi anni la carriera dell’artista tradizionale legato alla rappresentazione della realtà e nella mostra a Palazzo Reale questo processo è ben rappresentato. L’esposizione, seguendo l’ordine cronologico, mette ben in risalto il passaggio dalle opere più figurative, nelle prime sale, fino ad arrivare al culmine del periodo cubista. L’esposizione si apre infatti con La Mort de Casagemas, un olio su legno realizzato da Picasso nel 1901. Si tratta della rappresentazione realistica del catalano Carlos Casagemas, amico intimo di Picasso, nonchè compagno del suo primo viaggio a Parigi.

Qui l’artista dipinge la testa dell’amico morto di suicidio, avvenuto il 17 febbraio dello stesso anno di realizzazione dell’opera. Durante il loro viaggio a Parigi, Carlos si innamorò appassionatamente di una giovane modella di nome Germaine il cui sentimento non era ricambiato. Casagemas iniziò a cadere in una profonda depressione che culminò con l’assassinio della giovane donna e il suo successivo suicidio. Picasso pianse l’amico e lo rappresentò in diversi lavori ma nonostante questo portò avanti una relazione con Germaine dopo la morte di Casagemas, la quale posò anche per Les Demoiselles d’Avignon.

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