Progetto Vulcano di Beatrice Zagato e il benessere dell’arte negli spazi di cura

Anche in negli ospedali, luoghi spesso considerati immutabili, qualcosa sta cambiando. L’arte in un corsia infatti, offre valore e permette di superare l’idea che tutto debba rimanere vuoto, silenzioso, sofferente.

Beatrice Zagato, artista padovana, porta per la prima volta il suo “Progetto Vulcano” dentro l’Ospedale Universitario di Padova (AOUP). Dal 2 febbraio, per tre mesi, un’intera area di cura verrà trasformata in uno spazio creativo, coinvolgendo tutte le figure ospedaliere, avviando una narrazione a più voci. L’artista ne ha voluto parlare così in questa intervista esclusiva per Artuu.

Da che esigenza è nato questo progetto? Perché si chiama “Progetto Vulcano”?

Tutto è iniziato da un evento doloroso. Un giorno, un caro amico ebbe un grave incidente in moto, riportando una frattura alla colonna vertebrale e rischiando di non poter più camminare. Costretto a letto, iniziò a stimolare mani e braccia, scoprendo che impegnare la mente in attività creative lo aiutava a rafforzarsi mentalmente e a reagire con maggiore determinazione. Fu in quel momento che la mia doppia anima iniziò a manifestarsi: da un lato, la mia formazione giuridica e l’interesse per la tutela dei diritti; dall’altro, la mia passione artistica, approfondita alla scuola d’arte Massana di Barcellona.

I miei progetti sociali nascono proprio dall’unione di questi due mondi. Per me, l’arte è un mezzo per sprigionare la forza interiore, spesso nascosta. L’uso del colore – quella parte dello spettro di luce che il nostro occhio riesce a percepire – mi sta dimostrando quanto possa aiutare i pazienti nel loro percorso di guarigione.

Il nome Progetto Vulcano prende ispirazione dalla natura stessa dei vulcani, improvvisa e potente. Molti di essi, oggi, sono inattivi: li vediamo, sembrano spenti, ma la loro forza rimane latente, pronta a emergere in qualsiasi momento. Questo mi ha sempre affascinato, così come mi affascina la capacità di alcune persone di riscoprire una forza interiore che nemmeno sapevano di avere, se opportunamente stimolate.

La locandina del progetto è stata disegnata da un paziente ed è stato emozionante vedere rappresentato un vulcano che, invece della lava, “erutta” parole e frasi dense di significato.
Il progetto partirà dal reparto geriatrico dell’ospedale Sant’Antonio di Padova e dal monoblocco della clinica 1, dove vengono curate persone che hanno subito interventi importanti. L’idea è quella di realizzare un’opera collettiva su tela, che rimarrà all’interno dell’ospedale come simbolo di connessione e dialogo.

Quale messaggio desideri trasmettere attraverso l’arte in un contesto difficile come quello ospedaliero? E secondo te, ci sono margini di crescita in Italia per sviluppare iniziative di questo tipo?

Io credo che il nostro paese sia aperto a tali iniziative. Lo dimostra la disponibilità con cui l’Ospedale di Padova ha accolto il progetto. Quello che ancora non so e che desidero indagare con Progetto Vulcano è se la creatività possa aiutare le persone che coinvolge. Alcuni anni fa ho partecipato a un progetto durante il periodo della Brexit a Londra, intitolato London Is Open. L’obiettivo era trovare un artista inglese residente a Londra e documentare il tempo trascorso insieme a lui. Riuscimmo a creare un ponte culturale attraverso l’arte e la cultura. All’inizio ho incontrato grandi difficoltà in una città a me ignota, ma fortunatamente riuscii a trovare un artista disposto a ospitarmi e a partecipare al progetto con me.

Da lì, l’iniziativa si è ampliata: vedendoci lavorare insieme, molte persone – adulti e bambini – hanno deciso di unirsi spontaneamente. Alla fine, abbiamo organizzato un’esposizione in una galleria. Il progetto avrebbe potuto continuare, ma l’arrivo della pandemia di COVID-19 ha bloccato tutto. Spero davvero che inizi a crearsi un senso di connessione attraverso questi progetti. Con il mio Progetto Vulcano vorrei coinvolgere non solo i pazienti, ma anche Dottori, Infermieri, assistenti e tutto il personale ospedaliero, affinché possano sentirsi parte di un unico filo rosso. Vorrei che queste persone riuscissero ad allinearsi per generare energie positive. Se il mio esperimento avrà successo, lo scoprirò solo mettendolo in pratica.

L’arte come supporto nel momento di cura e nel bisogno è uno stimolo assolutamente necessario. Il suo è un linguaggio privo di barriere e di vincoli. Sapendo inserire in campo progetti validi e partecipativi, davvero si potrebbe cambiare la concezione che ognuno di noi ha verso certi spazi. 

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