Quarant’anni senza Eduardo De Filippo: ecco le sue cinque commedie più famose da guardare su Youtube

Era il 31 Ottobre del 1984, ed Eduardo De Filippo lasciava il suo posto nel mondo – più di tutti quello nel teatro contemporaneo. Il drammaturgo, attore, regista, dalla innata presenza scenica ed eclettica personalità artistica, imprimeva un indelebile solco nella storia. Ripercorriamo insieme le sue cinque opere teatrali più spettacolari e significative.

Il sindaco del Rione Sanità

Contraddittorio contesto che semplicemente inonda le nostre percezioni con l’incoerenza. Ci si trova al cospetto di qualcosa che non è legale, e che eppure ci sembra più giusto della giustizia stessa, come quando si dice una bugia a fin di bene. Antonio Barracano ha l’appellativo di “sindaco” perché si sostituisce alla politica, gestisce ciò che l’amministrazione non può governare, argina e fa confluire le acque reflue dell’anarchia del Rione Sanità nel fiume di una ipotetica legislazione di autogestione di strada. Eppure questo sindaco, a dispetto di ogni apparenza, ci sembra più umano, lo guardiamo con occhi nostalgici, come una persona disillusa che seppur irrigidita dalle difficoltà della vita conserva un cuore buono.

E se da un lato irrompe la sua parte prepotente e camorristica nel voler trattenere a sé l’amico/dottore Fabio della Ragione, che lo aiuta con interventi medici a curare le ferite della criminalità del quartiere, dall’altro Antonio Barracano sacrifica la sua stessa vita, frapponendosi tra un padre ed un figlio che, a causa di un contrasto e senza possibilità di compromessi, arrivano ad incrinare per sempre il loro rapporto con minacce di morte: il Sindaco del Rione Sanità le prova tutte, pur di evitare omicidi e far funzionare l’intermediazione, ma in questo mondo su cui lui ha sempre vegliato, non c’è più posto neanche per la sua illegale lealtà.

Filumena Marturano

Quanto poco predisposti si può essere all’amore e quanto possono influire le convenzioni sociali? Filumena Marturano ci insegna che anche quando si nasce senza camicia, e quando nella fame e nella miseria sei un peso per la tua stessa famiglia, non hai scuse per non poter diventare una persona migliore. Tra i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e la condanna della sua bellezza, Filumena incontra Domenico Soriano in un bordello.

Entrambi persi, entrambi soli, si trovano e si ritrovano, negli anni, a volersi bene. Lei più di lui, perché più matura, più consapevole, più limpida. Lui, offuscato dal suo ego e dalle abitudini, non la lascia andare, ma non la libera da questo sentimento, legandola a lui per soggezione e devozione. Ed è solo per un amore più grande che Filumena tradisce Dummì: con fiera dignità, ciò per cui lotta è il futuro dei suoi figli. Solo uno dei tre è un “vero Soriano”, ma questo non deve contare e non conterà, perché un sentimento profondo regge qualsiasi impedimento.

Ditegli sempre di sì

Nelle famiglie benestanti vige una sorta di omertà, basata sul tentare di salvare le apparenze a dispetto dei fatti. E proprio in una di queste realtà, la signora Teresa Murri ci tiene a non far sapere che il fratello Michele ha appena trascorso un anno in manicomio. Ditegli sempre di sì è una meravigliosa menzogna, un’arma a doppio taglio, un boomerang che smaschera il perbenismo borghese e tutte le sue falle. Il debole equilibrio psichico del protagonista agisce come una sorta di giustiziere mascherato, e contrasta la passività del quotidiano vivere della middle class. Il domino di malintesi inizia da questa insensata accondiscendenza e ingigantisce le tessere man mano che la commedia va avanti. Una prevedibile reazione a catena porterà a danni sempre più evidenti: resta il fatto che Michele, seppur instabile, pare essere l’unico sincero della storia. È lui l’antieroe di cui si sente ancora oggi il bisogno.

Natale in casa Cupiello

Dai Cupiello, del Presepio se ne occupa il sig. Luca, in una casa gelata, antica, della Napoli degli anni ’30. Un Presepio che inizia come leggero passatempo fino a divenire diversivo e ultima delle fatali distrazioni di un anziano uomo che non vede, né ha mai visto, le divergenze e le debolezze della sua famiglia. Un lavoro che mostra tutta la fragilità e l’incongruenza della società, in una lotta eterna tra ragione e sentimento che, mentre spiega quali siano le regole, le distrugge mostrandoci la realtà. Una famiglia in frantumi: una figlia sposata ma devota a un altro uomo, un figlio scansafatiche e un permaloso fratello, il tutto tenuto in equilibrio da Concetta, madre e moglie, vigile e attenta. Alla fine, con un capovolgimento dei ruoli, Lucariello chiede al figlio Tommasino “Te piace ‘o Presepio?”, e la risposta è finalmente “Sì.”

Napoli Milionaria!

Adda passà ‘a nuttata,” è forse una delle frasi più famose della cultura partenopea. Deve passare la notte, dice Gennaro alla moglie Amalia. La loro figlia più piccola, Rituccia, malata e mai vista in scena, diviene il simbolo della speranza e della redenzione. La commedia racconta due visioni opposte della vita: rimanere resilienti, sopravvivere e agire per coscienza, o lasciare che questa venga scalfita dalla povertà. Nonostante gli anni passati come prigioniero dei tedeschi, Gennaro torna con la stessa anima pulita, mentre trova la famiglia arricchita grazie al contrabbando, ma alla deriva. La salute di Rituccia, che peggiora insieme all’anima della famiglia, dipende dalle azioni del prossimo.

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