Il 26 novembre inaugura a Brescia “Quid the Hidden” prima mostra del MAP Collective, collettivo di ricerca artistica fondato da Annalisa Mazziotti, Erminando Aliaj e Camilla Pasetto.
“Quid the Hidden” è la prima mostra del collettivo MAP Collective, che inaugura nella storica cornice di Palazzo Averoldi di Brescia aperto appositamente per l’occasione.
La storicità del palazzo cinquecentesco e dei suoi affreschi, creano un contrasto con la contemporaneità delle opere video inserite nel percorso espositivo.
L’esposizione, curata da Gianlorenzo Chiaraluce, è organizzata in in concomitanza con Brescia e Bergamo Capitali della Cultura 2023, patrocinata dal Comune di Brescia, e sarà visitabile fino al 22 gennaio 2023.
ALLA SCOPERTA DI MAP COLLECTIVE
MAP Collective è un collettivo di ricerca e di arti visive in senso lato, fondato nel 2022 a Brescia da Annalisa Mazziotti (1993), Erminando Aliaj (1984) e Camilla Pasetto (1974).
MAP Collective risponde al bisogno individuale dei fondatori, e collettivo allo stesso modo, di promozione della libertà espressiva e di approfondimento culturale e artistico.
L’interesse verso l’immagine iconica e le sue possibili declinazioni nella cultura visuale contemporanea è alla base della ricerca del collettivo.
LA MOSTRA “QUID THE HIDDEN” A BRESCIA
“Quid the Hidden”, titolo della prima mostra del collettivo MAP Collective, è un’esposizione multimediale – interdisciplinare che presenta nove ritratti video.
Il percorso espositivo si sviluppa all’interno delle cinque sale del Cinquecentesco Palazzo Averoldi di Brescia, aperto appositamente per l’occasione, creando un contrasto tra la storicità del luogo e dei suoi affreschi e la contemporaneità delle opere e del mezzo espressivo adottato.
La prima parte del titolo della mostra, la parola “Quid”, termine latino utilizzato anche in italiano per indicare in modo generico “qualche cosa”, rimanda a un elemento indeterminato, non facilmente definibile.
L’espressione “The Hidden”, presa in prestito dal dizionario inglese, significa letteralmente “che è nascosto”,
e si riferisce al “Quid” come qualità e riferimento specifico.
“Qualche cosa, la quale è nascosta”.
Il nostro “protagonista Quid”, dunque, richiede di essere indagato da chi guarda, inducendo così una vera e profonda connessione tra opere e spettatore, ponendo quest’ultimo in una posizione attiva, in quanto la fruizione stessa avviene nell’ulteriorità del sentire, rispetto al conoscere e al descrivere.
“Quid the Hidden” svela la fluidificazione delle polarità come ciò che rende possibile un incontro.
All’interno delle video “rappresentazioni”, il collettivo ha sapientemente scelto di introdurre nella gestualità delle pose, così come nello styling e nel set design, alcuni “simboli” trasversali al tempo e alle culture.
Gli “elementi-simbolo” si mostrano, a volte, in forma esplicita; altre, invece, celata visivamente in modo da poter essere re-interpretati per analogie piuttosto che per differenze.
I personaggi ed i “Quid” rappresentati si rivelano essere di tipo iconico, radicati e insiti in noi come dogmi/archetipi, indipendenti dal mezzo e dalla fattezza al momento della restituzione: vengono chiamate in causa figure di tipo religioso, soggetti mitologici e personaggi delle favole.
Ogni singolo “attore” si esplicita, in quanto tale, proprio grazie al modus operandi adottato dagli artisti di decontestualizzazione da riferimenti temporali, connotazioni vestimentarie e regole canoniche di rappresentazione.
La “pièce” di Quid the Hidden mette in scena, da un punto di vista tecnico, una importante rielaborazione della dimensione propria del mezzo espressivo del video, fondendo i campi d’azione della fotografia, del film e dell’arte figurativa in senso lato.