Sofia Bonacchi, “Palazzuolo Strada Aperta è diventata un’area a vocazione contemporanea urbana”

Lo scorso 13 settembre si è tenuta l’inaugurazione del progetto Palazzuolo Strada Aperta firmato dalla galleria Street Levels di Firenze. Il progetto prevede un group show di opere di quindici artisti urbani (Ache77, BR1, Giovanni Dallo Spazio, Guerrilla Spam, Hogre, Kein, Lisa Gelli, Muz, Nemo’s, Nulo, Paolo Zero T., Rame13, Sowet, Taleggio e Timea), che diventano anche i protagonisti di un altro e più grande lavoro; infatti, dal 13 al 30 settembre, ogni giorno, alcune delle serrande delle botteghe e attività presenti in via Palazzuolo diverranno la “tela bianca” per la realizzazione di un’opera originale di arte urbana.

Abbiamo parlato del progetto con Sofia Bonacchi, co-fondatrice e CEO della galleria.

Come nasce il progetto Palazzuolo Strada Aperta?

È doveroso fare alcune premesse. Questa è una via che da anni incontra una complessità sociale molto forte; era la via storica dei bottegai di Firenze, e infatti qui in via Palazzuolo sono più i numeri rossi che i civici, a indicare quanti fossero i fondi dedicati ai lavori manuali.

Quando poi negli anni 2000 questi bottegai non hanno trovato una sostituzione a livello generazionale, hanno chiuso e questa chiusura ha portato la via a diventare un po’ la terra di nessuno, con tante problematiche che ne hanno fatto un luogo di criminalità, che assume caratteristiche tipiche di una zona periferica anche se di fatto è in pieno centro. Noi ci siamo innestati qui perché riconoscevamo questa via molto amica, molto affine alle nostre pratiche urbane, anche sotto un profilo di illegalità, di lavoro underground.

E ci siamo sentiti sempre accolti e, viceversa, abbiamo sempre cercato di ascoltare i residenti rispetto alle problematiche che loro tentavano inutilmente di sollevare. Questo ha fatto emergere in noi l’idea di utilizzare le serrande sfitte come via di sfogo artistico per rendere col tempo questa strada un distretto culturale, per far dire alle persone ‘vado in via Palazzuolo perché lì ci trovo tutte le serrande con tutte le opere’.

Un’altra premessa che tengo a fare, è che qui siamo in pieno centro UNESCO, il che vuol dire trovarsi di fronte a un iter autorizzativo infinito per poter creare delle opere di arte urbana; ci siamo sempre arresi all’idea che il centro storico sarebbe rimasto deputato alle opere illegali, soprattutto poster e paste up, che non andassero troppo a intaccare gli edifici.

Le serrande, al contrario degli interventi di arte urbana, non seguono lo stesso iter perché non viene leso nessuno dei vincoli che la soprintendenza mette a tutela del patrimonio artistico e culturale; abbiamo sfruttato l’unico supporto che avevamo a disposizione per trasformare quest’area a vocazione contemporanea urbana. Ma ci sono voluti anni per arrivare a concretizzare questo progetto che ora si chiama Palazzuolo Strada Aperta.

Il focus principale è quello di dare un senso di apertura e convocare tutti i cittadini dicendo ‘venite! Questo è un posto aperto, un posto veramente inclusivo per tutti’.

Nel pratico come si svolge Palazzuolo Strada Aperta?

L’anno scorso abbiamo totalmente dedicato il progetto agli artisti locali e ci siamo dati il tema della prossemica, ovvero ‘lo studio sul piano psicologico dei possibili significati delle distanze che l’uomo tende a interporre tra sé e gli altri’. Ci sembrava il tema ideale da dare a una via che ha vissuto delle trasformazioni sociali che non ha avuto modo di digerire; volevamo raccontare gli effetti sia positivi che negativi del trovarsi vicino a un altro a prescindere dalla propria volontà.

Anche quest’anno abbiamo ripresentato lo stesso tema perché era giusto insistere su un qualcosa di cui l’area e la comunità di riferimento hanno tanto bisogno di discutere. Il progetto nasce con la nostra associazione culturale A Testa Alta ETS, l’ente che rappresenta la genesi di Street Levels Gallery perché la galleria inizialmente è nata con l’associazione e poi successivamente si è estesa.

L’anno scorso il progetto ha vinto il bando dell’estate fiorentina e contemporaneamente il bando ordinario per le arti visive di Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze; anche per questa edizione è stato confermato il doppio bando ma con una maggiore attenzione da parte del Comune di Firenze che ci ha permesso di, anziché chiamare 10 artisti, chiamarne 15 e anziché realizzare 10 serrande, realizzarne 20, perché molte serrande che utilizziamo quest’anno sono doppie o triple. La selezione delle serrande avviene secondo quelle che sono le adesioni annuali e non prioritizziamo niente e nessuno.

Quest’anno c’è un mix sia di artisti locali che artisti nazionali, di artisti emergenti e di artisti affermati già da molto tempo (per esempio Paolo Zero T).

Quali sono gli obiettivi e le speranze per il futuro?

L’idea è quella di estendersi con il tempo a tutto il borgo; infatti adesso venerdì apriremo il nostro secondo spazio, che per una ragione specifica volevamo, entro i 200 metri dal primo, per agevolare la creazione di un distretto culturale.

I progetti che funzionano sono quelli che rimangono e l’abbiamo visto nel tempo anche con i progetti di arte urbana. È inutile andare in un luogo, realizzare un laboratorio, fare un murale dando agli artisti l’onere di essere i riqualificatori, senza che poi gli enti rimangano a fare presidio. Speriamo che la nostra presenza, piano piano, possa rappresentare uno stimolo alla ripartenza. Affinchè ciò sia possibile sono necessari tantissimo tempo e tantissima pazienza; il festival finisce ma noi rimaniamo qua. Infatti, forse, il motivo per cui la comunità qui ci reclama così tanto è dovuto al fatto che non solo le prestiamo ascolto, ma restiamo e cerchiamo di migliorare le cose insieme a loro, creando spazi per la comunità e di cui la comunità può fruire.

Ad esempio, questa serranda è dell’anno scorso, una Rosa Primaveral di James Vegas, un artista di origini peruviane, perché questa è un’area dove i peruviani si riuniscono spesso i pomeriggi e avevamo pensato che potesse aiutare a creare una mediazione culturale tra le parti.

Quindi, il progetto Palazzuolo Strada Aperta è strettamente connesso alla mission della vostra galleria.

Esatto. Uno dei motivi che ci ha spinto ad aprire la galleria è che, oggigiorno più che mai, le gallerie d’arte sono mondi molto elitari che tendono a mistificare processi, ricerche, tecniche, supporti e tutto ciò che gravita intorno al lavoro dell’artista.

Ci siamo aperti un nostro spazio per poter dire la nostra senza essere giudicati e per fornire un approccio che demistifica più che mistifica, che cerca di insegnare l’uso della tecnica, che spinge le persone ad essere curiose, ma soprattutto che spiega. Non si esclude a priori ma si cerca di includere, perché l’arte serve a tutti.

Per quanto riguarda le opere realizzate quest’anno?

Quest’anno le serrande che verranno realizzate saranno 20, una al giorno fino al 30 settembre. Iniziamo con la prima: questa è quella di Ache77, che ha realizzato un volto tra i tre volti diventati iconici a Firenze e in Italia.

Ha un messaggio di forza e di resilienza soprattutto verso la figura femminile. L’artista ha utilizzato i suoi colori tipici, bianco e il nero, il doppio livello che gioca sul rosso, il blu e il giallo… che poi sono anche i colori della bandiera della Romania, perché lui è un artista romeno e quindi, volente o nolente, anche quando non si rende conto che lo sta facendo, mette sempre questi tre colori. Lui gioca molto sullo sguardo, quindi dà una doppia illuminazione all’occhio, proprio per catturare l’attenzione di chi incontra l’opera.

L’altra è di Kein, un writer molto famoso a Firenze che fa parte della prima ora fiorentina.

Lo stile è assolutamente quello del writing: l’utilizzo del fat cap, del tappino a grana grossa per creare linee più spesse, e la realizzazione dei throw up, tipici dell’artista ma anche del periodo al quale è legato.

Il terzo è un lavoro di Timea, un’artista in prossimità di finire il suo percorso accademico; ha seguito dei corsi di arte urbana, di muralismo con l’uso dell’asta, e negli ultimi due anni ha iniziato a realizzare i suoi poster e i suoi interventi. Ci sembrava fosse arrivato il momento di darle uno spazio tutto suo. Anche perché alla fine se consideriamo l’arte urbana solo per quello che c’è stato in passato, arriverà a un punto in cui si esaurirà, parlerà solo di se stessa e fine.

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