Un polpo su un divano, un Daffy Duck smarrito, una balena blu che galleggia come in un acquario immaginario. Incontrare le opere di Cosima von Bonin alla mostra “Songs for Gay Dogs”, al Mudam di Lussemburgo, è come entrare in un universo dove il familiare si mescola al surreale e ogni oggetto sembra avere una storia da raccontare. Questa esposizione, aperta fino al 2 marzo 2025, riunisce sculture, installazioni e paesaggi sonori che incarnano alla perfezione il linguaggio unico dell’artista tedesca. Von Bonin è maestra nell’utilizzo dell’umorismo per svelare le complessità della società contemporanea, e in questa mostra lo fa con una leggerezza e una profondità che difficilmente lasciano indifferenti.
“Songs for Gay Dogs” è un viaggio tra ironia e critica sociale. La prima cosa che colpisce il visitatore è la straordinaria teatralità delle opere. L’allestimento non è solo un contesto: è parte integrante dell’esperienza. Le sculture di animali in tessuto, personaggi dei cartoni animati e oggetti quotidiani sembrano collocati in una realtà parallela, quasi una commedia dell’assurdo in cui ogni elemento ha un ruolo da recitare. Un enorme polpo in stoffa, apparentemente ozioso su un divano, cattura l’attenzione e, al tempo stesso, invita a riflettere. Perché questa immagine ci colpisce? È solo un gioco, o c’è qualcosa di più profondo nella sua posa distesa?
Von Bonin, nata a Mombasa nel 1962 ma formatasi in Germania, ha costruito la sua carriera su opere che mescolano il familiare con l’inatteso. In questa mostra, l’artista si avvale di una vasta gamma di riferimenti che spaziano dalla cultura pop alla critica del consumismo, dall’umorismo alla riflessione politica. La sua arte è al tempo stesso accessibile e complessa, superficiale e stratificata. Un Daffy Duck smarrito ci appare ironico e disarmante, ma, osservandolo più attentamente, il suo sguardo spaesato sembra riflettere una condizione umana universale: quella del disorientamento in un mondo che non comprendiamo fino in fondo.
Uno degli aspetti più significativi della mostra è l’uso del suono. Von Bonin collabora con il compositore Moritz von Oswald per creare paesaggi sonori che interagiscono con lo spazio e le opere. Questi suoni avvolgono il visitatore, amplificando l’esperienza visiva e trasformando l’interazione con le opere in qualcosa di quasi tridimensionale. La musica e i rumori ambientali diventano parte dell’opera stessa, un richiamo continuo che guida lo spettatore attraverso le gallerie. È come se ogni scultura e ogni installazione avesse una propria colonna sonora, un commento ironico e malinconico alla scena rappresentata.
Ma ciò che rende “Songs for Gay Dogs” davvero memorabile è la capacità di von Bonin di far convivere leggerezza e profondità. Le sue opere, spesso costruite con materiali morbidi e colori vivaci, sembrano pensate per divertire e stupire, ma celano una critica incisiva. La mostra non si limita a intrattenere: sfida lo spettatore a interrogarsi sulle dinamiche di potere, sul ruolo del consumismo e sulla relazione tra arte e cultura popolare. Un esempio lampante è l’enorme balena sospesa, che, oltre a evocare un senso di meraviglia, suggerisce un paradosso: come possiamo sentire empatia per un oggetto artificiale, quando nella vita reale trascuriamo le conseguenze delle nostre azioni sull’ambiente?
Questa tensione tra serietà e leggerezza si riflette anche nell’allestimento. Le gallerie del Mudam sono state trasformate in uno spazio che ricorda un supermercato dell’assurdo, dove ogni opera sembra in vendita, ma nessuna può essere davvero posseduta. Gli animali e i personaggi rappresentati appaiono come creature autonome, animate da un’ironia sottile e beffarda che non permette al visitatore di restare indifferente. La loro presenza è quasi ingombrante, come se occupassero lo spazio con una consapevolezza ironica della loro stessa artificialità.
Ciò che distingue Cosima von Bonin da molti altri artisti contemporanei è la sua capacità di utilizzare l’umorismo senza cadere nella superficialità. La risata che suscitano le sue opere non è mai fine a se stessa: è una risata che mette a nudo, che smaschera le contraddizioni della nostra epoca. Ridere di un polpo su un divano, di un Daffy Duck ingigantito, o di una balena sospesa, significa ridere anche di noi stessi, delle nostre abitudini e delle nostre convenzioni. In un mondo sempre più dominato dall’iperconsumismo e dalla mercificazione di ogni aspetto della vita, von Bonin ci invita a fermarci e a osservare, con un sorriso e una dose salutare di scetticismo.
Le opere di Cosima von Bonin, con la loro apparente semplicità, aprono spazi di riflessione complessi e inaspettati. Questa esposizione è un perfetto esempio di come l’arte possa essere politica senza essere pesante, critica senza essere didattica. Attraverso la sua leggerezza apparente, von Bonin riesce a parlare di temi fondamentali con una profondità che si rivela poco a poco, lasciando il visitatore con più domande che risposte.