I robot, macchine dal cuore freddo (salvo surriscaldamenti di CPU) che promettono di salvare l’economia mondiale o di condannarla a un distopico abisso. Se vi state chiedendo se questi blocchi di acciaio e silicio dovrebbero pagare le tasse, non siete i soli. Negli ultimi anni, la cosiddetta “Robot Tax” è diventata un argomento sempre più discusso nei salotti accademici e nelle aule politiche, e non è difficile capire il perché: c’è qualcosa di sottilmente ironico nel voler mandare un robot a fare la fila all’Agenzia delle Entrate.
Un’idea lanciata da un miliardario e adottata da accademici
La discussione sulla tassa sui robot ha preso slancio grazie a una dichiarazione di Bill Gates del 2017. Gates suggeriva di tassare i robot per compensare la perdita di posti di lavoro umani. Secondo lui, se un robot sostituisce un lavoratore in carne ed ossa, dovrebbe contribuire alle finanze pubbliche almeno quanto faceva quel povero disgraziato. Naturalmente, la dichiarazione ha avuto un effetto dirompente: improvvisamente, si è iniziato a discutere dell’argomento.
Il professor Xavier Oberson, autore del libro Taxing Robots: Helping the Economy to Adapt to the Use of Artificial Intelligence (Edward Elgar Publishing, 2019), sostiene che, per rendere la tassa efficace, occorre definire con estrema precisione cosa sia un robot. Oberson suggerisce una definizione ampia, che includa anche software e algoritmi, per evitare che ci siano vie per fare i furbi con tecnicismi e zone grigie.
Definire un robot: tra filosofia e fisco
La definizione è un passaggio cruciale. Che cos’è un robot? Un braccio meccanico che monta i pannelli delle auto a Detroit? Certo. Ma che dire di un algoritmo che vi offre la pubblicità di un corso di cucina subito dopo che avete letto un articolo su quanto amate il sushi? Anche quello è un robot, secondo alcuni.
Il problema è che una definizione troppo restrittiva rischia di fare di un “robot” un’entità limitata, e allora le aziende si ingegnerebbero per non far rientrare le loro macchine nella definizione. Come dire: “Non è una piscina, è una grande vasca da bagno senza acqua corrente”. Un esempio di questo è stato brillantemente evidenziato da Christina Dimitropoulou nel suo articolo Robot Taxation: A Normative Tax Policy Analysis (2023), dove la studiosa evidenzia la necessità di evitare ambiguità per impedire il proliferare di scappatoie fiscali.
Approcci possibili: la tassa sull’uso dei robot e altre soluzioni creative
Una proposta è quella della cosiddetta “tassa sull’uso dei robot“, ovvero una tassa calcolata sullo stipendio che avrebbe ricevuto un lavoratore umano per svolgere lo stesso lavoro. Un’idea stravagante, certo, ma di quelle che farebbero venire un sorriso a Jean-Baptiste Colbert, l’influente ministro delle Finanze durante il regno di Luigi XIV in Francia: nulla è più francese che tassare persino una simulazione di lavoro.
Anche in questo caso, Xavier Oberson suggerisce che l’approccio è mirato a neutralizzare il vantaggio fiscale attualmente goduto dalle aziende che investono pesantemente nell’automazione. Se l’azienda sostituisce venti lavoratori umani con venti bracci robotici, la tassa dovrebbe, in qualche modo, colmare il vuoto fiscale lasciato da quei venti lavoratori disoccupati. Un’altra opzione è la “tassa sull’automazione“, basata sulla proporzione di robot rispetto ai lavoratori umani, o in alternativa, sul livello di investimenti in asset di automazione. Tale misura potrebbe colpire i benefici economici derivanti dall’automazione, cercando di compensare le potenziali perdite in termini di posti di lavoro umani. Un’idea interessante, ma che ha fatto storcere il naso a più di un economista, che teme effetti dissuasivi sugli investimenti in innovazione tecnologica.
Gli Ostacoli e le Sfide alla Robot Tax
Miriam Pontillo, in un articolo pubblicato sulla Rivista di Diritto Tributario (2022), ha messo in luce un punto fondamentale: tassare i robot come entità giuridiche comporta non poche difficoltà. Come si definisce la responsabilità fiscale di un robot? Come possiamo concepire una personalità giuridica per una macchina, per quanto intelligente? Poniamo che un robot “evada le tasse”: chi ne paga le conseguenze?
Questa complicazione ha portato molti a considerare che forse, piuttosto che inventare tasse innovative, dovremmo semplicemente aggiustare il nostro attuale sistema fiscale per creare un equilibrio più equo tra reddito da lavoro e reddito da capitale , considerando il crescente peso dell’automazione.
Bilanciare Innovazione e Giustizia Sociale
In definitiva, un sistema fiscale neutrale ed equo dovrebbe evitare di favorire indebitamente l’automazione rispetto al lavoro umano, ma al contempo non dovrebbe ostacolare il progresso tecnologico. Questo equilibrio delicato è cruciale per garantire un futuro sostenibile per tutti, in cui i benefici dell’automazione siano condivisi equamente e contribuiscano al benessere sociale.
Come conclude giustamente Oberson, la tassazione dei robot richiede un approccio sfumato e un quadro normativo flessibile, capace di adattarsi ai rapidi cambiamenti tecnologici senza perdere di vista principi di equità, neutralità e cooperazione internazionale. Perché, se proprio dobbiamo condividere il mondo con i robot, tanto vale far sì che almeno partecipino alla copertura delle spese, no?
E voi, cari lettori, cosa ne pensate? I robot dovrebbero contribuire al benessere collettivo attraverso le tasse o dovremmo lasciarli liberi di continuare a ottimizzare senza sosta i profitti delle grandi aziende? La discussione è aperta e le opinioni divergono, ma una cosa è certa: il futuro fiscale delle nostre società è più affascinante che mai.
La robot tax è un argomento che ha suscitato l’interesse di numerosi studiosi e autori. Ecco alcuni contributi significativi:
Xavier Oberson:
Taxing Robots: Helping the Economy to Adapt to the Use of Artificial Intelligence (2019)
Taxing Artificial Intelligence (2024): un’edizione aggiornata del precedente lavoro, in cui l’autore approfondisce la tassazione dell’intelligenza artificiale in risposta alle trasformazioni del mercato del lavoro.
Álvaro Falcón Pulido:
Tax and Robotics (2023): questo libro affronta le questioni fiscali legate all’emergere della robotica, discutendo se i robot debbano essere tassati e come il diritto finanziario debba adattarsi a questa nuova realtà.
Christina Dimitropoulou:
Robot Taxation: A Normative Tax Policy Analysis (2023): l’autrice analizza come la politica fiscale dovrebbe affrontare l’impatto dell’automazione sul mercato del lavoro e sul sistema fiscale, proponendo possibili modelli di tassazione dei robot.
Miriam Pontillo:
Robot Tax: possibili modelli di prelievo tra consensi e resistenze (2022): L’articolo discute le proposte di tassazione dei robot, analizzando i modelli fiscali possibili e le reazioni a favore o contrarie. (Rivista di Diritto Tributario)
Elias Moser:
Against robot taxes: scrutinizing the moral reasons for the preservation of work (2021): L’autore esamina criticamente le motivazioni etiche alla base della proposta di una tassa sui robot, mettendo in discussione la necessità di preservare il lavoro umano attraverso la tassazione dell’automazione. (Springer Link).