Il capolavoro di Martin Scorsese, Taxi Driver, torna sul grande schermo in tutto il suo splendore.
Uscito nel pieno degli anni Settanta, il film ottenne quattro nomination agli Oscar pur senza vincere alcuna statuetta ma conquistò la Palma d’Oro al Festival di Cannes. E il tempo gli ha reso maggiormente giustizia, perché oggi è riconosciuto come una pietra miliare del cinema; l’American Film Institute lo ha inserito al 52° posto tra i migliori film della storia del cinema americano, mentre il Congresso degli Stati Uniti lo ha selezionato per la conservazione nel prestigioso National Film Registry.
A valorizzarlo sono la regia magistrale di Scorsese e, soprattutto, l’atmosfera cupa e claustrofobica che avvolge ogni scena. Ma Taxi Driver è anche un concentrato di storie e curiosità che svelano l’essenza del cinema degli anni Settanta, un’epoca in cui il grande schermo rifletteva senza filtri le contraddizioni della società.
Il film fu girato durante un’ondata di caldo torrido e uno sciopero dei netturbini a New York nel 1975, che amplificò il senso di sporcizia e degrado della città che in quegli anni era già molto diversa dal presente; le strade mal curate contribuirono in modo naturale a rafforzare il senso di oppressione che permea Taxi Driver.

Il cuore pulsante della pellicola è indubbiamente costituito dal protagonista Travis Bicke, interpretato da Robert De Niro. Si tratta di un personaggio comune nella vita di tutti i giorni ma scarsamente rappresentato sul grande schermo: iI tassista insonne e solitario, reduce del Vietnam, classico prodotto del consumismo, alienato e invisibile, ma disperatamente desideroso di essere visto. Sensibile e tormentato, schiacciato dalla violenza della città, Bickle è l’incarnazione perfetta delle persone meno abbienti e colte che abitano la metropoli e vogliono trovare il proprio posto, essere ascoltate.
Per calarsi in un ruolo così sfaccettato, De Niro si impegnò moltissimo e lavorò effettivamente come tassista per 12 ore al giorno nella Grande Mela. Questa esperienza, che lo mise alla prova – mentre stava anche collaborando con Bertolucci in Italia per Novecento – gli permise di comprendere a fondo le complessità sociali e psicologiche degli abitanti meno integrati della metropoli. Per perfezionare ulteriormente l’interpretazione, l’attore si dedicò allo studio delle malattie mentali, leggendo manuali specialistici.
La scena più celebre di Taxi Driver è quella in cui Travis, guardandosi allo specchio, pronuncia la frase “You talkin’ to me?“. Gran parte di quella sequenza fu improvvisata da Robert De Niro, che pare si ispirò a Bruce Springsteen che aveva rivolto la stessa frase scherzosamente ad un pubblico acclamante. Secondo alcune fonti, De Niro ebbe l’intuizione di rubare quella frase adattandola a Travis, arricchendo l’interpretazione con spunti tratti dai manuali di psicologia che aveva studiato e la caratterizzazione che aveva scelto di attribuire al suo personaggio. Lo sceneggiatore Schrader ammise che quella scena era “la cosa migliore del film… e non l’ho scritta io.”

Probabilmente senza il contributo di De Niro non avremo il capolavoro che conosciamo, eppure inizialmente né Scorsese né Schrader avevano pensato a lui: il primo avrebbe voluto Jeff Bridges, il secondo Dustin Hoffman, che si rifiutò. Per il ruolo di Iris, la giovanissima prostituta, inizialmente si pensava a Melanie Griffith. Fu scelta a sorpresa Jodie Foster, al tempo dodicenne, che fece il suo debutto con questo ruolo complesso, sostituita dalla sorella Connie nelle scene più esplicite. Pochi anni dopo, un mitomane di nome John Hinckley Jr., ossessionato dal personaggio di Foster, tentò di assassinare il presidente Reagan nel tentativo di attirare la sua attenzione, un evento che spinse l’attrice a mettere in discussione il suo futuro nel mondo del cinema.
Il rapporto tra Travis e la metropoli è uno dei temi più vividi del film, motivo per cui si cercò di rendere la rappresentazione della città il più veritiera possibile, coinvolgendo persone reali che vivevano la strada. Harvey Keitel, che interpretava il pappone Sport, chiese l’aiuto di un vero protettore di Hell’s Kitchen per comprendere meglio il suo personaggio. Insieme, si recarono all’Actors Studio e improvvisarono le battute di Sport. Inoltre, fu coinvolto Gene Palma, un artista di strada che si tingeva i capelli con il lucido da scarpe, noto per le sue esibizioni come batterista metropolitano.
Taxi Driver ha avuto un notevole impatto nell’immaginario collettivo, che si è manifestato in vari modi. Un esempio lampante è Joker di Todd Phillips, che trae chiaramente ispirazione dalla discesa nella follia del protagonista di Scorsese. Un altro indizio dell’influenza del film è l’impatto sulla moda: Travis Bickle sfoggia il taglio di capelli mohawk, suggerito da un amico di Scorsese che aveva combattuto in Vietnam. Ai tempi, la pettinatura veniva adottata dai soldati delle forze speciali prima di missioni particolarmente pericolose. Dopo il film, il taglio mohawk, che veniva già usato dai punk, fu adottato come simbolo ricorrente di iconoclastia dalla loro sottocultura, che trovava nel protagonista del film di Scorsese un proprio perfetto riflesso cinematografico.