Trump è di nuovo Presidente: cosa ne pensano gli artisti / 5: Matt Gondek


Per anni, è stato lo spauracchio non solo di chiunque, in America e fuori dall’America, avesse a cuore le sorti di quella che viene spesso definita “la democrazia più antica del mondo”: non solo per le sue politiche dichiaratamente classiste, xenofobe, estremamente aggresive in tema di immigrazione (ha annunciato “deportazioni di massa” contro gli immigrati irregolari), contrarie ad ogni conquista in tema di diritti civili e sessuali (ha annunciato che metterà fine al “delirio transgender” nel suo primo giorno alla Casa Bianca, tagliando i fondi per le politiche di inclusività e di transizione per le persone transgender), ma anche per la sua spregiudicatezza, la sua arroganza, il suo linguaggio violento, il suo trasformare chiunque abbia un’opinione diversa dalla propria in un nemico da additare al pubblico ludibrio, da screditare, da schiacciare; e ancora, per le iperboliche “balle spaziali” gettate in pasto al pubblico per acchiappare voti (vedi il caso degli “immigrati che mangiano i gatti” in campagna elettorale), oltre che per lo spregio sistematico dei meccanismi di bilanciamento dei poteri e delle regole di base della democrazia rappresentativa (l’inquietante tentativo insurrezionale del il 6 gennaio 2021 con l’assalto al Campidoglio da parte dei suoi sostenitori ne è stata la prova più eclatante).

Il web ha spesso rimbalzato meme, vignette e sfottò su di lui, e molti artisti si sono schierati contro la sua rielezione, anche appoggiando apertamente la candidata democratica, poi risultata sconfitta, Kamala Harris. Oggi, però, piaccia o no, Trump sta per insediarsi per la seconda volta come Presidente eletto degli Stati Uniti. In occasione del suo insediamento, abbiamo chiesto ad artisti, americani e non solo, un parere al riguardo. Ecco le loro risposte.

Matt Gondek: “La paura peggiore? Che ci sia una stretta nelle libertà”

Nato vicino a Pittsburgh, in Pennsylvania, nel 1982, Matt Gondek è considerato uno degli esponenti di punta del neopop internazionale. Cresciuto nella città natale di Andy Warhol, Gondek è stato fortemente influenzato dall’eredità del maestro della Pop Art, sviluppando, attraverso una ricerca fortemente originale, una pittura dai toni estremi e radicali, che guarda alla cultura underground con riferimenti alla cultura giovanile e soprattutto al punk, sebbene non manchino le citazioni di opere di altri protagonisti della cultura pop, come i “Ben Day dots” (un processo di stampa tipico del fumetto americano degli anni Cinquanta, formato da piccoli  punti colorati nel quadro, ndr), chiaro riferimento ai lavori di Roy Lichtenstein. Celebri i suoi personaggi che si frantumano, esplodono in mille pezzi o entrano in uno stato di liquefazione: figure entrate ormai nella cultura di massa come Betty Boop, i Simpsons, la Pantera Rosa, Charlie Brown, Topolino, Paperino e molti altri carachters, sono infatti ripresi con lo stile coloratissimo e psichedelico dell’artista nell’atto di disintegrarsi, metafora di una società dilaniata e in perenne tensione. L’artista, nell’intervista che ci aveva rilasciato alcuni mesi fa proprio per questo giornale, aveva definito se stesso come un “artista Pop Decostruttivo”, insistendo sul carattere metaforico e politico della sua produzione artistica: il suo scopo è infatti quello di “mettere in discussione chi detiene il potere e abbattere i muri che trattengono le persone. Per me”, ha aggiunto, “le persone al potere adesso sono Topolino, Bugs Bunny ecc”, e il suo intento è dunque quello di “abbattere gli dèi moderni”.

Matt, come vedi il futuro dell’America e del mondo dopo la vittoria di Trump?

Il mondo sta entrando in un capitolo di forti contrasti. La vittoria di Trump potrebbe portare a una divisione ancora maggiore, in cui le voci di tutte le parti si sentono obbligate a parlare più forte e a farsi valere. Attualmente l’America è molto caotica.

Pensi che ci sarà una stretta autoritaria e che la democrazia americana sarà ancora più indebolita?

A me sembra che la paura attuale negli Stati Uniti sia che certi spazi di libertà vengano limitati e corrano il rischio di andare perduti. La democrazia può sentirsi indebolita, ma l‘arte e la libera espressione tendono a trovare piccole crepe e modi per affermarsi.

Come pensi che, come artista, possa documentare, riflettere o intervenire su ciò che sta accadendo negli Stati Uniti e nel mondo?

L’arte contemporanea spesso cattura il momento nel tempo. Personalmente non creo spesso opere che esprimono apertamente un’opinione, ma ritengo importante usare il mio lavoro per documentare lo spirito dei tempi. Il ruolo dell’artista è quello di creare uno spazio di riflessione, non necessariamente di disturbo o di imposizione.

Pensi che l’arte possa ancora avere un ruolo nell’impegno sociale o politico?

Sì. Il suo ruolo può passare adlla protesta, al commento o alla tranquilla osservazione. L’arte è una fantastica forma di espressione di fronte al potere, e dà la possibilità di sentire e mettere in discussione ciò che sta accadendo intorno a loro – e agli altri di vedere l’opera e riflettere.

Le interviste precedenti le potete trovare qua:

Trump è di nuovo Presidente: cosa ne pensano gli artisti / 1: Andres Serrano: “Siamo nati con la violenza, per noi non è una novità”

Trump è di nuovo Presidente: cosa ne pensano gli artisti / 2: Timothy Greenfield-Sanders

Trump è di nuovo Presidente: cosa ne pensano gli artisti / 3: Wang Guangyi

Trump è di nuovo Presidente: cosa ne pensano gli artisti / 4: Dina Goldstein

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